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Gregorio Piccin

Inizia la sua militanza pacifista nel 1991, a diciassette anni, all’epoca della prima guerra del Golfo. Nel 1992, appena diciottenne, vede per la prima volta la guerra in faccia a Mostar (Bosnia Erzegovina) seguendo come volontario civile una carovana della campagna Dai Ruote alla Pace. Colpito dal “mal di Jugoslavia” segue per il Consorzio italiano di Solidarietà vari progetti rivolti alla popolazione colpita dalla guerra nella riva est della città dove ha vissuto a più riprese e in pianta stabile tutte le condizioni dell’assedio Ustascia: assenza di elettricità e acqua corrente. Lavora per l’Unhcr tra Belgrado e Budapest nel quadro di un programma per il rifornimento di combustibili verso campi profughi ed ospedali nel lungo periodo dell’embargo sulla Serbia. Studia la storia ed acquisisce il metodo materialista dialettico che gli fa comprendere come la guerra stessa sia un articolato e lucroso processo produttivo. Abbandona quindi il campo umanitario per impegnarsi nella lotta aperta al neocolonialismo e a quella che definisce “privatizzazione della guerra”. E’ stato co-redattore della rivista telematica Intermarx e del bollettino di controinformazione Quemada. Dal 2009 al 2014 è stato assessore all’ambiente, attività produttive e politiche sociali del comune di Tramonti di Sotto (PN) per cui ha seguito interventi di sostenibilità ambientale e rilancio di produzioni locali di qualità. Ha pubblicato vari articoli e saggi sulle riviste Giano, Guerre e Pace, AlternativeEuropa sui temi della corsa agli armamenti, dei nazionalismi, delle multinazionali, della storia della Jugoslavia socialista. Ha collaborato con Il Manifesto e Le Monde Diplomatique e scrive per il quotidiano on-line FriuliSera. Per l’editore KappaVu ha curato i libri “Se dici guerra…basi militari, tecnologie, profitti” “Frammenti sulla guerra. Industria e neocolonialismo in un mondo multipolare”. Attualmente segue per Rifondazione Comunista le questioni legate alla corsa agli armamenti, all’industria bellica, alla belligeranza permanente. E’ stato carpentiere, pizzaiolo, conducente di scuolabus, operaio edile, gestore di attività ricettive. Le sue passioni sono l'alpinismo, la pesca in apnea, la falegnameria e la fotografia. Crede fermamente che la vera utopia sia pensare, come umanità, di poter sopravvivere all’attuale modo di produrre e consumare. In questo senso si sente un inguaribile anticapitalista.

Urânio empobrecido: que o parlamento dê um sinal!

Marco Diana, 50 anos, ex-maresciallo[1] do exército, morreu. Com ele, as mortes por exposição ao urânio empobrecido sobem para 381, enquanto mais de 7.500 pessoas estão doentes. O dossiê “urânio empobrecido” foi um dos carros-chefes (junto com “No Tav”, “No…