Ho intervistato Luis Milani sulla realtà attuale in America Latina. Luis Milani è militante del Movimento Umanista da più di 40 anni, esperto dei processi sociali nel mondo e soprattutto della realtà latinoamericana. È una voce estetica della dottrina di Silo nel suo approccio sociale. Ha al suo attivo innumerevoli scritti sull’organizzazione della base sociale con la metodologia della nonviolenza, tra cui “La coscienza ispirata nei momenti di convergenza sociale”.
Fenomeni sociali come quelli che si sono verificati recentemente in Argentina, Cile, Ecuador, o come quello che è successo in Venezuela qualche mese fa o più di un anno fa in Messico con l’ormai nuovo governo, hanno un rapporto con quello che Silo, pensatore e fondatore dell’Umanesimo Universalista e di un intero sistema di pensiero chiamato Siloismo, ha definito fenomeni di coscienza ispirata, in cui la gente esce dal letargo e si ribella all’ingiustizia sociale, in modo non violento?
Stiamo vivendo un momento storico unico: la nascita della prima civiltà planetaria, la nascita di un popolo psichico. Il completamento e la pienezza di questo nuovo mondo non avverrà domani, ma non dovremo nemmeno aspettare secoli. La freccia veloce che porta con sé un background culturale pieno di umanizzazione è già stata lanciata e la sua direzione è irreversibile.
Nell’attuale processo di crescente mondializzazione, che finalmente riuscirà a collegare e a dare per la prima volta un feedback a tutti i popoli e a tutte le culture, l’accelerazione del tempo storico prodotta dalla rivoluzione tecnologica si scontra con paesaggi e sguardi costruiti in un tempo che non esiste più, coinvolgendo tutti i settori delle attività umane.
I dubbi prodotti dai rapidi e incredibili cambiamenti, ci fanno girare vertiginosamente la testa, come se fossimo seduti su una “giostra digitale”, e lo smarrimento è ciò che ci porta a toglierci l’anello del “adesso e per sempre”…
Viviamo insieme alla bella speranza generata dall’arrivo di questo mondo nuovo e rinnovato, mentre allo stesso tempo la violenza cresce dappertutto. Il tempo della pace non è ancora arrivato, neanche lontanamente. Esplosioni localistiche, etniche e religiose; le migrazioni e i conflitti bellici in aree ristrette minacciano la stabilità. D’altra parte, le convulsioni e le esplosioni sociali sono in crescita e stanno occupando nuovi scenari, mentre il fenomeno del terrorismo è visto come un pericolo di grandi proporzioni data la potenza di fuoco su cui oggi possono contare gli individui e i gruppi relativamente specializzati.
Tu, che sei stato un militante del Siloismo e l’hai diffuso socialmente per più di 40 anni, che hai portato avanti processi di sensibilizzazione e partecipazione della base sociale in paesi dell’America Latina, Europa e Africa, cosa puoi dire dell’epoca in cui viviamo, segnata da una crescita accelerata della violenza in tutti i suoi aspetti?
La destrutturazione sta crescendo in tutti i campi, tingendo il nostro modo di pensare, sentire e agire. E trascinati da essa, i fenomeni ci abbagliano con le loro forme più esterne e non per il loro contenuto, mentre noi diminuiamo la nostra capacità di astrazione e la sostituiamo con un funzionamento analitico che non nota il processo o la sequenza implicita in qualsiasi fenomeno.
E’ un mondo paradossale in cui le possibilità sembrano ampliarsi come mai prima d’ora, mentre contemporaneamente si approfondiscono le disuguaglianze nell’esercizio dei diritti e delle opportunità; popoli e culture riescono a connettersi globalmente eppure emergono terribili conflitti etnici; la gente si concentra in grandi insediamenti di popolazione eppure in molti di essi aumentano la solitudine e l’individualismo; la coscienza percepisce incredibili possibilità future eppure cerca rifugio in vecchie credenze e dogmi.
E come se non bastasse, riappaiono sul menù, spuntando da sotto una piastrella umida invecchiata dal tempo, quelli che credono che l’unica realtà da prendere in considerazione sia quella concreta, cercando di spegnere le aspirazioni che sono iniziate con l’ominide. Si tratta di alcuni ideologi-maghi-pensatori a cui l’epoca destrutturata impone le sue condizioni. Non sembra importante esaminare l’immagine attuale dell’essere umano in modo da trovare una certa coerenza tra quanto affermato e il comportamento delle popolazioni. La cosa migliore è continuare a esporre un eclettismo indecente pieno di contraddizioni elementari e futuribili che non si realizzano mai. Con la crisi è arrivato un vecchio intruglio noto come: “Pragmatismo Premium, con 200 ml. in più, una confezione nuova e controversa ma allo stesso prezzo del formato convenzionale”.
Naturalmente, in ogni regione culturale i sintomi sono accompagnati dall’insieme di credenze e costumi tipici del folklore locale e non tutti i luoghi mostrano la stessa sincronizzazione e la stessa accelerazione, cosicché questi fenomeni sono più evidenti in alcuni punti geografici che in altri. Ma in tutti i casi l’immagine del mondo che parte, che sta per scadere, coesiste in lotta con l’immagine del mondo che sta inesorabilmente arrivando. Si esprime una ripetuta e ben nota lotta storica tra conservazione e trasformazione, tra vecchio e nuovo, che assomiglia alla disputa tra un’impresentabile medioevo tecnologico e un potente e nuovo rinascimento umanista.
Ma in nessun modo la crisi attuale può essere considerata come l’ultima decadenza. Al contrario: non si potrebbero compiere progressi significativi senza crisi significative, ed è in questo contesto che emergono contemporaneamente una nuova sensibilità e un’espansione della coscienza che corrisponde ai nuovi tempi.
Stiamo assistendo alla dissoluzione di forme e di contenuti precedenti, come se si trattasse di un “vestito” che si rompe perché è già piccolo per l’essere umano. E non c’è dubbio che, nonostante le terribili tragedie che stiamo percependo e che questa crisi implica, l’essere umano in questo processo si stia muovendo verso un ampliamento. E sono la lotta e la frizione tra sentimenti contrastanti, prodotte da questa struttura di immagini temporaneamente intrecciate, che trascinano con sé l’attuale e straordinaria crisi psicosociale che stiamo vivendo.
Molte volte abbiamo attraversato un simile bivio storico che ha colpito un popolo o una civiltà. Ma oggi, grazie al progresso delle comunicazioni e alla crescente mondializzazione, è la specie che è a questo punto. Poi, come nelle migliori storie di fantascienza, cresce il continente dell’immaginario individuale e sociale, alimentato da speculazioni che presentano un’enorme gamma di “pericoli”, “morti”, “resurrezioni” e inimmaginabili “percorsi di felicità e benessere”. Indubbiamente, l’anima d’acciaio di un edificio monumentale e antico sta scricchiolando.
Non si tratta di una crisi parziale, limitata a un particolare settore della società come il settore politico, l’economia, l’arte o la vita religiosa, ma di una crisi strutturale e globale. Inoltre, non sembra essere limitata all’Occidente, ma tende a diffondersi a tutte le culture, alla civiltà umana in generale. Ma una crisi del genere, come abbiamo detto, non deve essere interpretata in senso tragico.
La crisi rappresenta l’esaurimento di un momento di processo, la fine di una condizione, e annuncia una trasformazione radicale, anche se complessa e difficile, della civiltà umana. E nonostante i pericoli e le minacce che comporta, si tratta di una crescita, un progresso dell’essere umano.
La crisi si verifica perché l’essere umano ha fatto grandi passi avanti ma poco di ciò che ha raggiunto lo soddisfa pienamente. E’ un sistema che non risponde più alle esigenze dell’essere umano che emerge nell’era della mondializzazione.
Vediamo alcuni esempi. Tutta la corruzione che viene alla luce; la fermentazione della maggioranza delle élite politiche, ecclesiastiche, militari ed economiche; il doppio standard che si esprime in vari campi; i privilegi o i successi ottenuti a spese di altri, sia con usurpazione, sfruttamento o discriminazione, non sono cose di oggi; tuttavia, è ora che cominciano a essere oggetto di energiche obiezioni e proprio grazie a questa collocazione, a questo sguardo rinnovato, ciò è possibile.
Nel nostro cammino ci sono state tendenze negative che si sono accentuate nel tempo e che solo oggi siamo in grado di vedere, di far emergere e porre davanti agli occhi e allo sguardo di tutti. Il fatto che la coscienza metta davanti a sé questi fatti, che finora ha preferito nascondere, non solo implica uno sguardo nuovo e trasformante che finalmente riesce a superare (per esempio) l’ipocrisia, ma ci parla anche, senza dubbio, di una crescita della coscienza umana. Ed è in questo senso che possiamo affermare che la coscienza più grande è quella che permette di rendere visibile ciò che prima sembrava impossibile.
E in questo percorso radioso l’essere umano non solo modifica il mondo tangibile, ma, disilluso nella sua interiorità, cerca e sviluppa anche nuove forme di spiritualità che diano risposta alle sue domande più profonde. Una nuova civiltà nascerà e in essa il valore più importante dell’essere umano sarà l’altro essere umano.
Come vedi il futuro che si avvicina? Pensi che ci siano soluzioni nonviolente e qual è la tua proposta?
I nostri cuori non riescono ancora a percepire da dove veniamo o dove stiamo andando, né possono percepire il senso delle trasformazioni che stanno arrivando. Ma abbiamo iniziato a costruire un universo fresco che porta con sé una sensibilità esclusiva e particolare i cui ingredienti più importanti possono essere riassunti come segue:
* Il valore della giustizia, tenendo conto della soggettività, degli intangibili. Considerare giusta ogni azione che permetta all’essere umano di realizzare integralmente le proprie capacità e di formare la propria personalità, senza danneggiare gli altri. Considerare ingiusta qualsiasi azione che annulli o limiti la libertà di scelta e altri diritti umani essenziali. Considerare ingiusto qualsiasi atto che si vorrebbe fare agli altri, ma che non si farebbe a se stessi.
* La carità, intesa come la capacità di comprendere il dolore dell’altro come il proprio dolore e l’intenzione di dare il corrispondente aiuto e cooperazione. Sentire gli altri come se fossi io stesso è l’atteggiamento che ci permette di superare le ostilità e le intolleranze tribali e che richiede il superamento dell’abitudine di dividere gli esseri umani tra vicini e estranei.
* L’amore come forza psicologica in azione. L’amore fraterno come tendenza che ci permette di unirci in modo solidale con gli altri sulla base della condivisione della stessa dignità umana. Da questo atteggiamento, ad esempio, nasce la partecipazione a innumerevoli proteste, di uomini e donne che vi partecipano senza essere coinvolti dal tema delle rivendicazioni.
* La cooperazione. Il completarsi. Nuove relazioni che si costruiscono nel processo di un’attività di insieme e dove i risultati delle azioni comuni vengono stimolati e moltiplicati. Nasce anche il rifiuto dell’individualismo estremo con una maggiore consapevolezza delle conseguenze delle proprie azioni e dell’impegno personale in quella direzione. Meno contenuto dialettico. Non ci sono né cieli né inferni.
* Il volontariato. Entusiasmo innanzitutto, senza preoccuparsi di ciò che si guadagna, o se si guadagna qualcosa. L’azione disinteressata. Non cerchiamo la remunerazione e siamo lontani dalla cultura del consumo, nel senso di quella cultura che promuove lo scambio di beni e azioni. Il distacco personale. L’atteggiamento del servizio, l’altruismo.
* Un rinnovato tipo di dialettica generazionale che include gli elementi progressivi delle generazioni precedenti.
* La crescita della parità di genere, come particolarità rilevante di un aumento del riconoscimento e della pratica della parità umana.
* La forza che nasce dal forgiare e combattere insieme ad altri per un futuro diverso. Non è lo stesso credere che l’essere umano sviluppi la sua vita passivamente, come risposta riflessa di fronte alle condizioni e agli eventi che lo circondano, piuttosto che credere che l’essere umano intenzionalmente modifichi e crei tali condizioni ed eventi. È l’azione coerente e trasformatrice nel mondo che produce forza, piuttosto che usura. Ad esempio, il non conformismo, che ci permette di superare la sconfitta morale.
* La ricerca di nuove forme di decisione in cui sono favorite l’orizzontalità, la fraternità e la non discriminazione. Queste ricerche si manifestano insieme alla volontà di raggiungere la comprensione reciproca e la conciliazione di interessi e opinioni divergenti attraverso la persuasione e il negoziato. Una rinnovata tolleranza.
* Maggiore chiarezza nell’identificazione dei responsabili della crisi. Si osserva una crescente identificazione e unificazione dei conflitti, svelando il sistema in quanto struttura totale e non come parti differenziate non correlate.
* A livello individuale, e in particolare nelle giovani generazioni, è evidente la profonda ricerca di nuovi riferimenti, che non ha precedenti.
* Nella percezione della realtà c’è un’opposizione tra i media tradizionali e le reti e i media digitali. Un nuovo atteggiamento nei confronti dell’informazione. Ricerca di nuove fonti, atteggiamento critico e generazione di contenuti.
* Il rifiuto della manipolazione. Aumento della distanza tra le persone e le istituzioni. Consapevolezza della crisi della rappresentatività e dell’influenza del potere economico sul potere politico.
* I giovani e la nuova sensibilità. Le nuove generazioni non sono interessate al modello economico o sociale che gli opinionisti discutono ogni giorno come tema centrale, ma sperano piuttosto che le istituzioni e i leader non siano solo un altro peso da aggiungere a questo complicato mondo. Da un lato, si aspettano una nuova alternativa perché i modelli esistenti sembrano scaduti e, dall’altro, non sono disposti a seguire approcci e leadership che non coincidono con la loro sensibilità. Questo è considerato da molti come una mancanza di responsabilità dei più giovani, ma non è una questione di responsabilità. E’ un tipo di sensibilità che deve essere presa sul serio. E questo non è un problema che può essere risolto con sondaggi d’opinione o inchieste per scoprire in quale nuovo modo la società può essere manipolata. Si tratta di un problema di comprensione globale del significato dell’essere umano concreto, che finora è stato convocato in teoria e tradito nella pratica.
Infine, sembra opportuno ricordare che si sta ripensando ed esaminando un’immagine controversa dell’essere umano, che intendeva sommergerlo nella natura. In questo senso ci sono pensatori che affermano che sia un essere la cui coscienza è attiva, dove il soggetto non aspetta di essere colpito dagli oggetti del mondo ma, al contrario, il soggetto costituisce quegli oggetti e dà senso al mondo.
È un individuo attivo che costituisce il mondo, che ha una responsabilità verso quel mondo e un impegno storico verso l’umanità. E questo implica che la coscienza cessi di essere quella specie di ricettacolo che attende di essere toccata dagli oggetti e, in questo senso, acquisisce un dinamismo che la porta a costruire il mondo stesso. Al contrario, il punto di vista dell’atteggiamento naturale è un punto di vista dogmatico e alienato che concepisce il mondo in modo isolato e assoluto. Quest’ultimo punto di vista parte da un a priori ingiustificato, poiché non spiega l’origine della realtà, ma la assume di fatto.
Il nichilismo e la violenza avanzeranno temporaneamente e rapidamente, scendendo dal passato attraverso uno stretto imbuto che ci indirizza verso il nulla, o la forza dell’essere umano crescerà lanciandosi senza pregiudizi verso il suo destino intenzionale?
La confusione tra modelli esistenti e nuovi modelli durerà a lungo?
L’apologia della stupidità, l’incoerenza e la debole intelligenza trionferanno o saranno la creatività, il talento, l’ispirazione e le legittime aspirazioni dei popoli a prevalere?
Le nuove generazioni saranno portatrici di immagini traccianti che penetrano nel futuro?
L’umanesimo vincerà questa nuova battaglia?
Questa fase storica sarà superata?
Oggi non lo sappiamo ancora. Chi potrebbe saperlo?
Ma sappiamo che questo momento non è la fine della storia.
Traduzione dallo spagnolo di Silvia Nocera