Un uomo che colpisce duramente una donna in faccia con il pugno. La donna cade a causa del pugno e perde qualche dente. Questa l’ultima trovata di un’azienda belga per promuovere il proprio prodotto, il “Bicky Burger”: un disegno estremamente violento !
L’uomo, infatti, mentre colpisce la donna, la rimprovera di non avergli dato come cena un vero hamburger “Bicky”.
Fortunatamente sono subito esplose le proteste di cittadini ed Istituzioni che hanno indotto, poco dopo, alla “Bichy” di ritirare la propria pubblicità su Facebook e chiedere scusa.
Tra i primi a protestare il Comune di Molembeek. Per la Giunta Municipale della città belga a maggioranza musulmana, il marchio “Bicky Burger” promuove della « violenza sessista » e pertanto tale pubblicità è « inaccettabile » [qui il testo completo della Delibera della Giunta con cui si è dato incarico ai legali di intervenire presso il “Jury d’Ethique publicitaire” e lo “Institut pour l’égalité des Femmes et des Hommes” ].
« L’immagine nella comunicazione normalizza la violenza domestica e mina chiaramente la parità tra uomini e donne. Ciò è in contrasto con le campagne governative per prevenire la violenza (domestica) ».
« E’ denigratorio e inaccettabile suggerire che le donne possono essere trattate come mostrato se servono cibo “cattivo”. Il messaggio incoraggia la violenza e la normalizza. Questo comportamento riprovevole mette in pericolo l’integrità fisica delle donne ».
Questi i contenuti di due delle 700 denunce giunte in pochi giorni all’Autorità belga di controllo della pubblicità.
L’Autorità, in pochi giorni (è dello scorso 30 ottobre la decisione) ha riconosciuto che « l’inserzionista ha violato l’articolo 2 del Nederlandse Reclame Code (NRC) ». Tale regolamento, infatti, sostiene che « la pubblicità deve essere conforme al buon gusto e alla decenza e ciò implica, tra l’altro, che la pubblicità non deve essere offensiva » ne trasmettere « contenuti violenti ».
« L’inserzionista si è spinto troppo oltre con la comunicazione pubblicitaria in questione », secondo il JEP, che ha dichiarato fondate le denunce e che « la comunicazione pubblicitaria è contraria » alla norma.
Avendo, tuttavia, l’inserzionista, nel frattempo, ritirato la pubblicità e chiesto scusa, non è stata deliberata alcuna sanzione economica.