Riceviamo e molto volentieri continuiamo a pubblicare i diari che arrivano, con un comprensibile ritardo dalla barca a vela Bamboo nel suo percorso marittimo della Seconda Marcia Mondiale per la Pace e la Nonviolenza.

29 ottobre – Mare piatto, poco vento. Navighiamo al largo di Porquerolles, la più grande delle isole dell’arcipelago di Hyerès. Nel 1971 lo Stato francese ha acquistato l’80% dell’isola per farne un parco a protezione integrale, l’attuale parco nazionale di Port-Cros. A bordo della Bamboo l’atmosfera è tranquilla, anche l’unico “terricolo” dell’equipaggio, che il primo giorno ha dovuto combattere con il mal di mare, ormai si è adattato.

La bellezza di Porquerolles riempie il cuore. Ed è una bellezza che circonda, rasserena, incanta.

« Guardate… un sottomarino! » la segnalazione arriva improvvisa e fa l’effetto di un risveglio brusco da un bel sogno. Ma come? Stavamo navigando in un mare di bellezza e improvvisamente ecco una sagoma minacciosa che ci scorre a dritta, con la sua torretta che spunta dalle onde. Afferriamo i cellulari per fare qualche immagine e poi apriamo la bandiera della Marcia con l’assurda pretesa di provare a fare uno scatto con la torretta sullo sfondo. Un’immagine che dica: siamo qui e non vogliamo questo in Mediterraneo. L’intenzione è buona ma il sommergibile naviga molto veloce e in un attimo ce l’abbiamo a poppa. Troppo lontano.

« Siamo vicini a Tolone, la base dei sommergibili nucleari francesi. Chissà dove sta andando questo… » si chiede Alessandro mentre la sagoma scura scompare dietro di noi. A Tolone, infatti, c’è la più grande base della Marina militare francese che ospita i sommergibili nucleari d’attacco, gli SNA. Il primo è stato consegnato nel 1983, poi nel giro di dieci anni sono arrivati altri cinque. Attualmente su sei sottomarini nucleari, due sono fermi per riparazioni, due sono dedicati alla protezione nel quadro della dissuasione nucleare. Altri due sono impegnati per le missioni convenzionali, tra cui la protezione del gruppo aeronavale. Per sopperire l’invecchiamento dell’arsenale nucleare navale la Francia ha varato lo scorso luglio il Suffren , il primo dei sei nuovi sottomarini da attacco a propulsione nucleare (Ssn) della classe Barracuda. Lo ha costruito dal colosso Naval Group, che ha firmato una importante joint venture con l’italiana Fincantieri.

Mentre scende la sera commentiamo queste informazioni tra di noi e non riusciamo a trattenere un momento di sconforto pensando ai trattati internazionali per il disarmo nucleare. Le cancellerie del mondo sono piene di buone intenzioni rimaste lettera morta. Nel 1995 gli Stati del Mediterraneo hanno sottoscritto la Dichiarazione di Barcellona che avrebbe dovuto essere «L’atto fondatore di un partenariato globale tra l’Unione europea (UE) e dodici paesi del Sud del Mediterraneo. Lo scopo del partenariato è di rendere il Mediterraneo uno spazio comune di pace, stabilità e prosperità, attraverso il rafforzamento del dialogo politico e sulla sicurezza, la cooperazione economica e finanziaria, sociale e culturale.» Tra gli obiettivi c’è: «promuovere la sicurezza regionale, eliminare le armi di distruzione di massa, aderire ai regimi di non proliferazione nucleare sia internazionali che regionali, nonché agli accordi sul disarmo e sul controllo degli armamenti.»

Abbiamo a bordo due ragazzi che nel 1995 non erano ancora nati, altri marinai che quell’anno erano già, come dire, più che adulti. Insomma la dichiarazione è passata invano su almeno due generazioni. A pensarci cascano le braccia.

E non è finita. Nel 2017 è stato siglato a livello mondiale il TPAN il primo trattato internazionale per la proibizione delle armi nucleari. Firmato da 129 Paesi ha però una clausola (articolo 15) che lo zavorra come un’àncora: il trattato entrerà in vigore solo quando sarà ratificato da 50 Stati. Al momento sono solo 33 gli stati che l’hanno ratificato. L’Italia non è fra questi. La Francia tanto meno.

« Guardiamo il lato positivo » dice Alessandro, « rispetto ad altri trattati in soli due anni sono arrivate già 33 ratifiche, un ritmo sostenuto » . Già, ma mancano 17 firme per l’entrata in vigore del TPAN.

Intanto il vento è rinforzato e il mare adesso non è più piatto. È arrivato il maestrale, la navigazione notturna verso Marsiglia si preannuncia impegnativa. Il capitano organizza i turni di guardia che, a differenza dei trattati internazionali sul disarmo nucleare, entrano in vigore subito e sono operativi nel momento stesso in cui vengono stilati. Mentre i primi in turno si preparano, si sente un rumore a prua: nella notte un delfino salta fuori dall’acqua e per qualche minuto nuota accanto alla barca.

Il delfino, protettore dei naviganti come vogliono le leggende, è sempre un incontro che galvanizza. Non importa quanti ne hai visti: ogni volta è come se fosse la prima.

È buio. La Bamboo procede decisa tra le onde con le sue piccole luci di navigazione. A noi dell’equipaggio restano queste due immagini: il sommergibile e il delfino. Due immagini del Mediterraneo, una parla di morte, l’altra di vita. Vogliamo un Mediterraneo vuoto di sommergibili e pieno di delfini.

Un sottomarino uscito dalla base navale di Tolone naviga poco lontano dalla barca Mediterraneo Mare di Pace. Nel luglio del 2019 la Francia ha varato il primo dei sei nuovi sommergibili nucleari del progetto Barracuda.

30 ottobre – Navigare di bolina significa navigare risalendo in vento. La barca si inclina su un lato e tutto diventa complicato. Stare in piedi, tanto per dirne una, diventa un esercizio fisico che mette alla prova tutto il corpo. Se non sei abituato arrivi a un certo punto che senti male a muscoli che non sapevi nemmeno di avere. Di cucinare con questa andatura non se ne parla proprio. Si chiacchiera in pozzetto e qualcuno dice: « siamo un po’ come il movimento pacifista, navighiamo con il vento in faccia per arrivare a meta » . Non è facile, ma è possibile.

Dopo un bel po’ di ore di bolina verso le nove di sera ci fermiamo in un ridosso all’Ile Vert, davanti a La Ciotat. La notte in rada, protetti dal vento è tranquilla e la stanchezza ha il sopravvento su tutto. La mattina riprendiamo il mare. Prua su Marsiglia.

Arrivati alle Calanques, le formazioni di roccia calcarea che per 20 chilometri costellano il golfo davanti a Marsiglia decidiamo di fermarci per una missione importante: fare delle belle riprese dall’acqua alla Bamboo.

Le Calanques sono un luogo del cuore di ogni marinaio: falesie bianche che si specchiano nel blu del Mediterraneo. Le ammiriamo mentre il nostro velista e biologo marino, Giampi, si mette la muta e si prepara ad entrare in acqua con la Go-pro.

L’acqua è decisamente fresca, vabbè diciamo fredda, ma ne vale la pena. Alla fine, ci ritroviamo quattro video in cui la Bamboo fa bella mostra del suo scafo bianco scivolando elegante sull’acqua. Guardiamo i video senza riuscire a contenere un certo orgoglio: è proprio una bella barca.

Ripartiamo.

Verso le 2 del pomeriggio entriamo nell’imboccatura del Vecchio Porto. È come entrare nel cuore della storia del Mediterraneo. Tra tutte le città del Mare Nostrum, Marsiglia è il mito dei miti. La chiamano la città focese, e i suoi abitanti ancora adesso sono detti focesi (Phocéen, in francese), retaggio dei suoi fondatori, i greci di Focea, città greca dell’Asia minore. Siamo nel VI secolo avanti Cristo quando i Greci si insediano stabilmente in questa zona, ma qualche secolo prima c’erano già passati i Fenici (VII e VIII secolo a. C.) nei loro viaggi di ricerca di metalli pregiati, stagno e altre materie prime. Non c’è episodio della storia comune del Mediterraneo che, nel bene o nel male, non si sia riverberato su Marsiglia, dall’espansione dell’Impero Romano fino ai recenti attentati del Daesh.

Ormeggiamo con mezza giornata d’anticipo alla Societè Nautique de Marseille, un luogo importante della storia nautica della città: è stata fondata nel 1887 e ha alle spalle una lunga storia di imprese veliche, di restauri di barche storiche e di scuola di vela per giovani. Caroline, una delle due impiegate dell’ufficio, ci chiede del nostro viaggio, dei nostri obiettivi e mentre spieghiamo annuisce convinta. Poi sorride e ci mostra il ciondolo che ha al collo: è il simbolo della pace.

Gente di pace la trovi sempre, dove meno te l’aspetti. Un buon segno per noi.

La barca è ormeggiata proprio a lato di una delle strade principali. Issiamo la bandiera della Marcia a poppa e lo striscione Mediterraneo Mare di pace sulla prua. Il capitano si fa issare in cima all’albero per stenderlo bene. Che cosa non si fa per la Marcia!

Nel tardo pomeriggio ci raggiunge Marie. In queste settimane ci siamo scritti e sentiti via wp per organizzare la tappa ed è un po’ come trovare un’amica, anche se non ci siamo mai visti. È una cantante lirica professionale e con lei c’è un’altra amica cantante, Tatiana. La tappa marsigliese sarà anche all’insegna del canto di pace. Ci lasciamo dandoci appuntamento per domani all’Estaque, una zona a nord ovest di Marsiglia dove c’è la sede di Thalassasanté, un’associazione che ha sede in un piccolo cantiere navale e ospita diverse attività tra mare e arte.

Prima di lasciarci Marie ci lascia il suo regalo: una forma di formaggio bleu. La fame a bordo non manca e il formaggio dura, come dicono i francesi, un éclair.

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