Un anno. E noi che festevolmente viver si vuole ci siamo ritrovati svegli (e molto svegli) schiaffeggiati dalla realtà nostra, in cui lo schiavo non sa più di esserlo. Anzi, pensa di essere lui il signore, con tanto di catene al collo. Un anno. E i nostri luoghi dilettevoli assai sono in fiamme. Terra di Amazzonia bruciata dai bulldozer con beneplacito presidenziale. Le nostre spiagge del nord est, per le quali ciascuno a suo piacere in sollazzo andava, ricoperte di petrolio denso crudo fuoriuscito chissà da dove. Gente a mani nude a ripulire l’infame porcheria. Gente a mani nude. Il piano di emergenza predisposto… distrutto sei mesi fa: i consigli popolari considerati organi puramente ideologici (invece necessario coordinamento tra istanze locali e nazionali) aboliti, distrutti, trattati da inutili orpelli al servizio della causa di Lula.
Il ministro dell’ambiente, colui che davanti agli incendi e il disastro climatico minimizza, nicchia e tentenna, visita una spiaggia e dice che va bene, acqua cristallina e sabbia finissima: pesce fritto e baccalà per tutti. Alle sue spalle gente a mani nude disperata affonda e raccoglie tonnellate di petrolio, ma non sa dove metterle. I tg dicono che è pericoloso e altamente tossico. Macchie di greggio incontrollabili a distruggere e rapinare e uccidere e dipingere di nero la gente del luogo. Un anno. E l’uomo peggiore che forse mai nacque da grembo di donna, il più meschino e insignificante degli abitanti di questa terra si trovò a condurre la nazione. Eletto con il giubilo degli stolti e la frode dei furbi. Un anno. E adesso di male in peggio ci ritroviamo ad andare con colui che ha il nome della morte come marchio sulla fronte: e sconcio assai.
Tonnellate di oro nero di cui si ignora la provenenza appaiono da mesi: due, dico due mesi di negrume e pece. E tutto tacque e tutto tace. Presidente e ministro invece affermano e smentiscono se stessi nel giro di minuti: “E’ un attacco terrorista del Venezuela comunista, é un attacco terrorista (e dàila) delle Ong ambientaliste, soprattutto di Greenpeace, non è vero? Ma è come se vero fosse” . E intanto è la disperazione di vedere il zozzo in casa tua che spinge la gente a tuffarsi a mani nude. Finalmente arriva l’esercito… ragazzini di leva con insufficienza toracica e denti cariati… a mani nude pure loro. Non un piano di intervento. Non un’azione pianificata. Non barriere di contenzione. Niente, nisba, nothing. Solo pescatori del posto a mani nude per salvare quel poco che resta di mare. Dal bagnasciuga si sta a guardare lo sfacelo:. Pescimorti granchimorti corallimorti ecosistemimorti. Muore il Brasile nel fuoco amazzonico. Muore il Brasile affogato nel petrolio. Migliaia i chilometri di costa e litorale assassinati, duemila e duecento. chilometri. Duemila e duecento.
E un anno passò da quel giorno maledetto in cui il Delinquente Supremo venne eletto e le sconce cose prevalsero inenarrabili e così naturali dal divenir normale parlare di tortura e morte nella dissoluzione totale di ogni diritto nostro. Non più previdenza sociale, non più giustizia del lavoro, non più identità plurale, solamente residui, simulacri di giustizia. Noi che si sottomettiamo alla disciplina dialettica paghiamo l’amaro sacrificio di urlare ai quattro venti quello che non può venire detto perché non vuole essere ascoltato. Normale è diventato parlare di tortura e morte nei corsi preparatori per entrare in polizia. Tra gli applausi e le risate dei presenti, si insegna agli allievi il metodo sicuro. È tutto registrato, ragazzi, tutto registrato, pubblicato, tutto divulgato. Un anno, ed è già normale. Appena eletto, il Macaco presidente si recò in America e in una riunione con gli squali della finanza disse: “Prima di costruire dobbiamo distruggere molte delle cose edificate in precedenza da chi voleva consegnare il paese al comunismo”. Gli allievi in polizia imparano tecniche di tortura, sevizie e morte. “Le forze armate sono pronte nel caso la rivolta del Cile contagi il paese”, dice il Grande Scimmione. La paura fa novanta, staremo buoni e fermi travolti dal nulla. Abbiamo permesso l’impeachement, abbiamo permesso la condanna di Lula, abbiamo eletto un governo di miliziani, evangelici, narcotrafficanti e assassini, abbiamo permesso tutto questo perché credevamo nella forza della democrazia, così facile da tradire, così facile da distruggere. Staremo fermi e stiamo fermi, mentre presidente e ministro, ghigno e sghignazzo, guardano un bimbo in lacrime ripulire il mare.