Le autorità cipriote addette all’immigrazione trattengono ogni anno centinaia di migranti e richiedenti asilo in condizioni equiparabili al carcere, per lunghi periodi di tempo, in attesa dell’espulsione. Tra queste persone vi sono rifugiati siriani e donne separate dai loro figli.
Sono queste le conclusioni di una ricerca condotta da Amnesty International a Cipro, dalla quale si evince che le autorità di Nicosia aggirano le norme dell’Unione europea (Ue) ricorrendo alla detenzione automatica di migranti e richiedenti asilo e ignorando le garanzie da esse previste, secondo le quali la detenzione dev’essere considerata solo come ultima opzione. Questa prassi viola anche il diritto internazionale.
“Ponendo in detenzione decine di persone ogni mese, Cipro mostra una profonda mancanza di umanità e un completo disprezzo per i suoi obblighi internazionali” – ha dichiarato Sherif Elsayed-Ali, direttore del Programma migranti e rifugiati di Amnesty International.
“È una vergogna che all’interno dell’Ue persone che non hanno commesso alcun reato siano trattenute in condizioni equiparabili al carcere per lunghi periodi di tempo, in alcuni casi per 18 mesi e persino oltre. Temiamo che Cipro usi la detenzione sistematica dei migranti per intimidire e scoraggiare altri migranti e richiedenti asilo” – ha aggiunto Elsayed-Ali.
Le ricerche di Amnesty International hanno documentato che almeno due donne sono state poste in detenzione senza i loro figli, uno di 19 mesi e uno di tre anni. Nel primo caso, per quattro giorni, alla madre è stato consentito di vedere il figlio solo tre volte al giorno per 20 minuti per allattarlo. Nel secondo caso, per quattro settimane la madre ha potuto incontrare il figlio per mezz’ora due volte alla settimana. Entrambe le donne, residenti a Cipro da molti anni, sono sposate con cittadini dell’Ue e i loro figli sono cittadini dell’Ue.
“Non può esservi alcuna giustificazione per separare da suo figlio una donna che non ha commesso alcun reato. Il trattamento cui sono sottoposti attualmente i migranti a Cipro è degradante e non basato su alcuna necessità” – ha commentato Elsayed-Ali.
Almeno una persona all’interno del centro di Menogia, la più grande struttura detentiva per migranti di Cipro, è trattenuta da 22 mesi in attesa dell’espulsione. Secondo le leggi dell’Ue, il periodo massimo di detenzione per motivi d’immigrazione è di 18 mesi.
“Menogia, salvo che per il nome, è una prigione a tutti gli effetti. Dietro una doppia barriera metallica alta diversi metri, i detenuti sono trattenuti in condizioni di sovraffollamento e possono uscire solo due ore e mezzo al giorno” – ha sottolineato Elsayed-Ali.
Nelle celle, chiuse a chiave dalle 10.30 di sera alle 7.30 di mattino, otto detenuti dividono uno spazio di 18 metri quadrati, la maggior parte dei quali è occupato da quattro letti a castello di metallo.
La detenzione come forma di controllo dell’immigrazione dovrebbe essere usata solo come ultima opzione, avendo le autorità dimostrato che si tratta di uno strumento necessario e che altre misure meno restrittive sono risultate insufficienti. Al contrario, a Cipro la detenzione dei migranti e dei richiedenti asilo appare una prassi comune.
“Le autorità cipriote sembrano orgogliose di far vedere che usano il pugno di ferro nei confronti dell’immigrazione, attraverso la crudele e arbitraria pratica di tenere sotto chiave i migranti. Molte persone non sanno esattamente perché vengono poste in detenzione e cosa accadrà di loro” – ha aggiunto Elsayed-Ali.
“Il fatto che le leggi dell’Ue consentano di trattenere, in condizioni equivalenti al carcere, fino a 18 mesi una persona che non ha commesso alcun reato è agghiacciante. L’Ue correttamente critica la detenzione prolungata senza accusa in altri paesi ma l’ha resa legale al suo interno. Le attuali politiche dell’Ue in tema di migranti e richiedenti asilo sono vergognose” – ha commentato Elsayed-Ali.
Sebbene le autorità cipriote addette all’immigrazione abbiano comunicato ad Amnesty International che esistono alternative alla detenzione, queste risultano raramente utilizzate. La prassi, come ammesso dalle stesse autorità, prevede che l’ordinanza di espulsione sia emessa contemporaneamente a quella di detenzione, senza fornire alternative.
Chiunque sia detenuto per ragioni d’immigrazione dovrebbe sempre avere diritto alla revisione giudiziaria automatica.
Dall’ultima ricerca effettuata da Amnesty International sui migranti e richiedenti asilo a Cipro, risalente al 2011, l’unica notizia positiva è che queste persone non vengono più detenute nella prigione centrale di Nicosia.
A Menogia, il 6 marzo, Amnesty International ha incontrato nove rifugiati siriani, almeno uno dei quali aveva già fatto richiesta d’asilo.
“È incomprensibile che le autorità cipriote pongano in detenzione cittadini siriani, dal momento che la politica ufficiale del paese è di non rinviarli verso il paese d’origine” – ha detto Elsayed-Ali. Una politica tanto più incomprensibile poiché le autorità di Cipro hanno detto ad Amnesty International che a tutti i cittadini siriani si concede protezione internazionale o un visto per motivi umanitari.
“L’unica conclusione possibile è che i siriani che arrivano a Cipro vengano posti in detenzione per far sapere ad altri siriani che non saranno i benvenuti sull’isola” – ha spiegato Elsayed-Ali.
“Porre in stato di detenzione migranti e richiedenti asilo, comprese persone che si dovrebbe presumere rifugiate, e trattarli come prigionieri è inaccettabile” – ha concluso Elsayed-Ali.
Ulteriori informazioni
La ricerca di Amnesty International su Cipro viene resa pubblica alla vigilia di una manifestazione che si terrà a Brussels il 20 marzo, in occasione del Summit dell’Ue in cui saranno definite le nuove Linee guida dell’Ue in materia di libertà, sicurezza e giustizia. Gli attivisti e le attiviste di Amnesty International chiederanno ai leader europei di proteggere i migranti e i rifugiati lungo le coste europee. La mobilitazione si ripeterà anche in 12 stati membri dell’Ue, sotto lo slogan “SOS Europa: prima le persone, poi le frontiere”.
In Italia, la mobilitazione è organizzata dalla Amnesty International Sicilia il 22 marzo a Catania, in piazza dell’Università dalle 11 alle 18. L’iniziativa prevede la presenza in piazza di una “biblioteca vivente” con migranti e pubblico che racconteranno le loro storie ed esprimeranno la loro opinione su come l’Europa dovrebbe affrontare il tema dell’immigrazione.