È proprio vero che in Italia (forse anche all’estero) una bugia detta tre volte diventa una verità. In questi giorni si sono succedute dichiarazioni di alcuni membri delle istituzioni, forse in buona fede —ci si passi il bisticcio di parole con l’attuale Ministro della Giustizia— a dir poco inesatte, alcune anche irrazionali e altre incostituzionali. Tra esse spicca la seguente: « Uno degli strumenti a disposizione della giustizia italiana è quello dell’ergastolo ostativo. Una delle tante intuizioni del magistrato Giovanni Falcone che ci ha permesso di contrastare con fermezza mafiosi e terroristi» (da Il Messaggero del 6 ottobre u.s.). Notizia falsa, da tanti punti di vista, perché l’ergastolo ostativo nasce dopo le stragi Falcone e Borsellino e mai questi due giudici, amanti della Legge e della Carta costituzionale si sono pronunciati su questo argomento. Ci sarà sempre il rischio che qualche detenuto dal carcere dia ordini o mandi messaggi, o continuerà a delinquere quando uscirà. Cionondimeno, la maggioranza dei reclusi, con un trattamento più umano, potrebbe essere stimolata a cambiare ed a migliorarsi. Riteniamo che ci sia solo un modo per sconfiggere certi fenomeni criminali e secolari, ed è quello di stimolare i prigionieri mafiosi a liberarsi dalla “cultura” che li ha portati in carcere.
Purtroppo c’è chi non ha ancora capito che la mafia non è tutta in quei detenuti condannati all’ergastolo “ostativo” e al regime di tortura del 41-bis che ormai, dopo tanti anni di carcere, non contano più nulla. Il pericolo piuttosto è fuori, perché si può essere culturalmente mafiosi, non infrangere nessuna legge e avere la fedina penale pulita, o usare la giustizia in modo strumentale, come terreno di caccia per accrescere consenso politico e mediatico e fare carriera.
Il responsabile della Procura antimafia nazionale « considera l’attuale disciplina italiana sull’ergastolo “un deterrente”» (così Il Fatto Quotidiano, 6 ottobre 2019). L’ergastolo ostativo un deterrente? Che sciocchezza! Il mafioso non inizia e non smette di essere mafioso e il terrorista non evita di farsi saltare in aria per paura dell’ergastolo o della pena di morte. È sconfortante constatare come alcuni professionisti non abbiano ancora compreso che il carcere in Italia non è la medicina ma, piuttosto, la malattia, che fa aumentare la criminalità e la recidiva e che molto spesso aiuta a formare cultura criminale e mafiosa. Ci permettiamo di ricordare ad alcuni politici che fanno certe dichiarazioni per avere consensi elettorali che il carcere, così com’è oggi in Italia, non rieduca nessuno e non è per nulla un deterrente, anzi, peggiora le persone.
Crediamo che “maggiore sicurezza” dovrebbe significare carceri vuote, perché fin quando ci saranno carceri piene vuol dire che i nostri politici hanno sbagliato mestiere. La nostra Costituzione stabilisce che la condanna deve avere esclusivamente una funzione rieducativa e non certo vendicativa. E non deve essere tanto la pena ad essere certa, quanto piuttosto il recupero, per cui in carcere un condannato non deve stare né un giorno in più né uno in meno di quanto serva. Anzi: ci deve stare il meno possibile, per non rischiare di farlo uscire peggiore di quando è entrato. Forse qualcuno commetterà ancora dei reati, ma molti fattori dimostrano che la maggioranza, con un carcere più giusto e umano, potrebbe rientrare nella società e diventare un cittadino migliore.
Finora le politiche ultraventennali del “carcere duro” e del “fine pena anno 9.999” hanno portato più vantaggi che svantaggi alle mafie (almeno a quelle politiche e finanziarie), dato che anche gli addetti ai lavori affermano che l’élite mafiosa è più potente adesso di prima.
Crediamo che alla lunga l’ergastolo ostativo abbia rafforzato la cultura mafiosa, perché ha innescato odio e rancore verso le istituzioni anche nei familiari dei detenuti. Con il passare degli anni gli stessi familiari incominciano a vedere lo Stato come un nemico da odiare e c’è il rischio che i figli, che si potrebbero invece salvare, diventino loro stessi dei mafiosi.
Carmelo Musumeci, Associazione Liberarsi, Associazione Yairaiha Onlus, Osservatorio Repressione, Legal Team Italia, Associazione Bianca Guidetti Serra, Associazione Memoria condivisa, Partito della Rifondazione Comunista, Potere al popolo, Laboratorio contro la repressione Sacko, Francesca de Carolis, Eleonora Forenza, Vittorio da Rios, Roberto Lamacchia – Giuristi Democratici, Cesare Antetomaso – Giuristi Democratici, Giovanni Russo Spena – responsabile democrazia Prc, avv. Gennaro Iannotti, Giovanni Cioni – regista, Gianluca Schiavon – Responsabile giustizia Prc, Maurizio Acerbo – Segretario Prc. – Monica Murru