Dopo quattro anni Ahmed, un cittadino siriano arrestato in Ungheria nel settembre 2015 per “complicità in un atto di terrore”, ha potuto finalmente riabbracciare la sua famiglia nelle prime ore del 28 settembre in quella che è la loro attuale patria, Cipro.
Nell’agosto 2015 Ahmed aveva lasciato l’isola, dove era rifugiato, per dare una mano ai suoi anziani genitori e ad altri sei parenti che, fuggiti dalla Siria, stavano percorrendo la “rotta balcanica”.
Un mese dopo il gruppo, insieme ad altre centinaia di rifugiati, rimase bloccato al confine tra Serbia e Ungheria a causa della chiusura della frontiera decisa dal governo di Budapest.
I rifugiati tentarono di forzare il blocco e la polizia rispose con gas lacrimogeni e cannoni ad acqua, ferendo decine di persone. Alcuni rifugiati, tra cui Ahmed, lanciarono pietre in direzione dei poliziotti. Ma prima che la situazione degenerasse, Ahmed venne anche ripreso dalle telecamere delle tv mentre, con un megafono, invitava tutti a mantenere la calma.
Arrestato sulla base delle estremamente vaghe leggi anti-terrorismo in vigore in Ungheria, Ahmed era stato condannato a 10 anni di carcere, poi ridotti a sette e infine a cinque con possibilità di rilascio anticipato, avvenuto finalmente all’inizio del 2019.
Ci sono poi voluti altri mesi per perfezionare l’accordo tra Ungheria e Cipro.
Oltre 24.000 persone hanno sottoscritto l’appello di Amnesty International per chiedere alle autorità cipriote di consentire il ritorno a casa di Ahmed.