Un brano del 1976 pubblicato nello stesso anno sul Corriere della Sera e dal titolo “Processata per aborto si difende raccontando le proprie traversie”:
“Per un lungo periodo sono stata disoccupata e proprio allora ho scoperto di essere incinta: come avrei potuto fare per crescerlo bene e non sbatterlo da un istituto all’altro, come avevo fatto per le altre due figlie? Quel bambino non potevo averlo. Ho chiesto aiuto ad una conoscente che mi ha dato appuntamento in casa sua. Non c’era anestesista, non c’era niente, mi ha fatto un’iniezione di Valium. Mi sono divincolata perché il cucchiaio ti raschia dentro, mentre sei sveglia, fa tanto male. E così son arrivate le perforazioni. Due all’utero, una all’intestino. Non sono andata immediatamente in clinica. Portavo in grembo tre feti, non uno solo. Sono stata ricoverata in prognosi riservata e mi è arrivata una denuncia per il reato di aborto.”
È evidente che coloro che hanno organizzato una marcia di questo genere e che rispondono ai nomi di Bertone, Bagnasco e Ruini e i gruppi come Militia Christi, Forza nuova e Ordine futuro che hanno aderito, vorrebbero, in nome della vita, far tornare indietro la storia dell’emancipazione delle donne. Vorrebbero far tornare un passato in cui l’Unesco stimava un milione e mezzo di aborti clandestini all’inizio degli anni ‘70 in Italia; un passato in cui il giro d’affari annuo per chi li praticava si aggirava in settanta milioni di lire.
Che marcia è stata, quindi? Una marcia della borsa o della vita?
Il principio informatore della legge 194 è la tutela della maternità e dell’infanzia proprio perché il suo intento è sempre stato quello di garantire alle donne la libertà di scelta e di debellare la piaga degli aborti clandestini che sono diminuiti del 60% da quando questa legge è in vigore. E se ancora esiste questa maledetta pratica ciò è dovuto all’incompleta applicazione della legge 194, per cui l’impegno di chi veramente si muove a favore della vita sarà quello di lottare per la sua piena messa in opera, con consultori realmente funzionanti su tutto il territorio, con una corretta informazione ed educazione sessuale per tutti e soprattutto per liberare tutte le donne dalle grinfie di chi prova ancora speculare sul loro corpo.