…ché la diritta via era smarrita, non da ora, ma da tanto tanto tempo. Eppure stando a tanti bisognava dargli tempo, lasciarli lavorare.
Dopo un anno e mezzo di governo, oggi possiamo affermare che “per noi si va ne la città dolente, per noi si va ne l’etterno dolore, per noi si va tra la perduta gente”. E volendo davvero intraprendere questo rapido viaggio a tra la perduta gente, basta uno sguardo per capire che “la strada dell’inferno è lastricata di buone intenzioni.”
Per capire che la strada porta dritto lì, possiamo dare un’occhiata a tutto il cammino percorso da un anno e mezzo a questa parte, oppure partire da quanto accaduto negli ultimi giorni, ricordandoci che l’ultimo dei gironi è quello dei “traditori di chi si fida”. Aggiungerei poco prima un girone, quello di “chi si fida”, dei creduloni.
Partendo da ciò che è più vicino, è necessario esaminare la conferenza stampa del Premier Conte dell’8 agosto. Basta capovolgere tutto quello che dice per coglierne il significato più profondo di cosa c’è in fondo all’inferno: l’eversione.
In primo luogo, il Premier ha pizzicato Salvini sul fatto che non possa decidere lui i tempi della crisi di governo, né convocare le camere.
Costituzionalmente ha ragione, ma politicamente è proprio così: è lui che ha stabilito quando fare crollare questo governo. E lo ha fatto nel momento che aveva scelto, subito dopo due provvedimenti chiave con cui ha messo sotto scacco i due principali avversari.
Quello della Tav in cui ha dimostrato ancora una volta da che parte sta il PD rispetto agli interessi economici, bullizzando i 5stelle in minoranza, che sono stati prontissimi a gridare pateticamente all’inciucio, manco fossero ancora all’opposizione. E il decreto sicurezza bis, ribullizando i 5 stelle per avergli fatti votare una legge criminogena, salvo poi mollarli il giorno dopo per colpa dei troppo “no” del partner di governo.
Quella lonza politica di Salvini continua quindi a guidarci in un buco nero infernale e a mettere all’angolo gli avversari, quasi per provocarne in maniera voluta dei tentativi di intesa, forte dei rinforzi della Meloni e Toti/Berlusconi che gli garantirebbero la maggioranza assoluta.
In campagna elettorale permanente, soprattutto quando governa, a forza di portare i 5stelle a spasso come una borsetta, Salvini sta mostrando a tutti l’inconsistenza politica di un contenitore di speranza cui, ancora oggi, in tanti fanno ancora affidamento.
Ogni mossa fatta dai 5s è stata preparata dall’alleato lì dove voleva lui: il colpo di coda TAV-Decreto Sicurezza gli permette di rafforzare il senso della sua frase “Chi vota Salvini, sa cosa sceglie.”
In effetti questo è quello che ha dimostrato in questi 500 giorni: il suo piano e il suo programma è diabolicamente chiaro, quello dei 5stelle e del PD no. Prima se ne renderanno conto, prima eviteranno una clamorosa sconfitta, ma non sembrano minimamente in grado di cogliere il presente.
Gli elettori piddini e cinquestelle affollano il girone dei creduloni. I primi continuano a credere alle loro buone intenzioni e alla favola assolutoria della buona fede e dell’incapacità pentastellate, nonostante la complicità di leggi anti-umane.
Parallelamente dal centro alla sinistra continuano a credere alle “buone intenzioni” di un PD, pronto a raccogliere un fronte antifascista multicolore pur di riprendere il potere.
In secondo luogo Conte ha denunciato timidamente la scarsa presenza di Salvini in Parlamento o in governo insistendo e rivendicando, la dedizione, passione e lavoro di tutti i suoi organi. “Questo governo non era in spiaggia”.
Il punto è che siamo arrivati ad un livello di “democrazia recitativa” per cui si può governare un paese, senza esserne il Premier, dalla spiaggia.
L’atteggiamento vittimistico di Conte nasconde la portata eversiva di un comportamento politicamente abilissimo che gioca e plasma la percezione generale, sapendo quando occorre bluffare e quando occorre portare a casa il piatto.
Dietro il rispetto della volontà democratica e del “buon senso” il “traditore di chi si fida” sta già modulando in maniera deliberata quelli che sono i contrappesi giuridici del nostro stato di diritto.
Lo ha fatto intervenendo su questioni di non competenza del suo ministero, emettendo decreti di dubbia legittimità costituzionale, e attaccando costantemente la magistratura, come faceva già Berlusconi, usando la polizia come strumento di diletto personale o di squadrismo.
La volontà che gli vengano affidati “pieni poteri” di hitleriana memoria, non sono solo un richiamo plebiscitario, ma rispecchiano un linguaggio che non trova riscontro nell’impianto costituzionale italiano. Tanto più che questo linguaggio è stato scimmiottato volutamente in tantissime vicende e ben celato dalla maliziosa ironia quando si è accorto a Sabaudia trovarsi accanto ad un monumento mussoliniano.
In barba a tutte le inesistenti opposizioni, la cifra della sua portata eversiva è da cogliere non solo dalle sue ultime uscite, ma sul lungo periodo, dalla capacità di portare sempre più in là, il limite del politicamente scorretto. Confondendolo spesso con ciò che invece è costituzionalmente o penalmente lecito, rende possibile quanto prima è stato impossibile dicibile, prima ancora che pensabile.
Dopo aver fatto guerra contro le persone migranti, massacrato il diritto di manifestare, malversato 49 milioni di soldi pubblici, minacciato i diritti delle donne e delle famiglie omosessuali, sostenuto i gruppi di estrema destra, non risposto nelle dovute sedi ai legami con i russi, dato del pedofilo ad un giornalista per avergli posto delle domande scomode, minacciato di “radere al suolo casa di fottutissima zingara”, demonizzato la solidarietà, ragazzine, ex ministre, capitane, rimesso a posto un’insegnante, è necessario davvero arrivare all’ultimo girone, lì dove la differenza tra i “traditori” e “chi si fida” sarà inutile?
E quindi uscimmo a riveder le stelle?