La mattina del 20 giugno una corte d’appello di Londra ha dato ragione alla Campagna contro il commercio di armi, Amnesty International, Human Rights Watch e Rights Watch Uk giudicando illegali le continue autorizzazioni del governo britannico all’esportazione di armi all’Arabia Saudita.
Il motivo è ovvio: grazie anche a quelle forniture, da quattro anni e tre mesi la coalizione militare guidata dall’Arabia Saudita bombarda lo Yemen, uccidendo civili (a migliaia) e abbattendo scuole, case, ospedali, mercati e persino banchetti nuziali e scuolabus che trasportano bambini.
Nell’ultimo anno, in ottemperanza a quanto chiesto dal Parlamento europeo, Olanda, Belgio e Grecia hanno in tutto o in parte sospeso i trasferimenti di armi alle forze armate saudite e a quelle degli Emirati Arabi Uniti, il secondo partner della coalizione.
Altri stati europei, tra cui Germania, Norvegia, Finlandia e Danimarca, hanno annunciato provvedimenti analoghi.
L’Italia, che all’Arabia Saudita ha inviato dal 2016 enormi quantitativi di bombe prodotte in Sardegna dalla Rwm, è molto indietro: nonostante gli sforzi di una rete di Ong costituitasi per quel motivo e le recenti mobilitazioni (tra cui quelle dei portuali) per impedire che navi saudite caricassero forniture militari nel porto di Genova, in parlamento solo la prossima settimana dovrebbe essere discussa una mozione di Liberi e uguali che chiede al governo di “adottare iniziative per sospendere immediatamente ogni esportazione di materiali d’armamento e articoli correlati prodotti in Italia e destinati all’Arabia Saudita e agli Emirati Arabi Uniti che potrebbero venire utilizzati dai due Paesi nel conflitto in Yemen” e di “assumere iniziative per non autorizzare il transito e l’utilizzo di porti e aeroporti in Italia da parte di cargo aerei e navali che trasportino materiali d’armamento destinati all’Arabia Saudita e a tutti i Paesi coinvolti nel conflitto armato in Yemen”.