Queste elezioni europee sono state abbastanza incomprensibili. Ho buttato giù degli appunti dal punto di vista che portiamo avanti come agenzia: la pace, la nonviolenza, la non discriminazione, i diritti umani, l’umanesimo. Li condivido nella speranza anche che contribuiscano a un dibattito e ad ulteriori riflessioni. Insieme a un invito a non scoraggiarsi, dato che questo è sempre uno degli obiettivi principali di questo sistema: scoraggiare le buone persone.

Frammentazione

Il processo di destrutturazione e di frammentazione che vediamo avanzare in tutta la società è continuato prendendo aspetti diversi. Quello più semplice è il frammentarsi del Parlamento Europeo in più gruppi (presumibilmente 9, magari di più), senza un gruppo veramente prevalente. In questo senso i sovranisti hanno poco da cantar vittoria, nonostante alcuni successi locali, perché non sembrano forza consistente a livello europeo in grado di proporre un governo.

La grande disparità di risultati nei vari paesi parla di una tendenza ad  occuparsi del proprio orto più che delle grandi questioni; ognuno va per conto proprio, al di là del goffo tentativo di dividere il mondo in sovranisti ed europeisti (il mondo è, per fortuna, più complesso). Si salvi chi può, recita il refrain pragmatista e liberista, interpretato dai più con vestiti diversi.

La destrutturazione più importante sta però nel fatto che sempre meno i partiti hanno una visione di qualche tipo dell’Europa, un progetto strutturato, un’immagine a futuro; i programmi non ci sono, se ci sono sono generici e pateticamente legati al passato e quando c’è qualcosa di strutturato e con elementi nuovi (di qualsiasi tipo) il partito che lo presenta viene premiato con uno zero virgola qualcosa (andate a leggere i programmi dei “partiti minori”).

La frammentazione più grave sta nella testa delle persone, inclini a votare qualche volto rassicurante, qualche certezza d’altri tempi. Quando la coscienza ha dei problemi a strutturare il futuro si rifugia nel passato o in un presente anonimo.

Quanto si crede nella politica?

Sempre meno. In Europa ha complessivamente retto la percentuale di votanti e si esulta perché il 50% e qualcosa è andato a votare. E il 49% che non è andato cosa pensa? Che non vale la pena, che il Parlamento Europeo non conta nulla ed è in mano alle lobbies. Chi va a votare resta facile preda della propaganda, della scandalosa disparità di trattamento mediatico delle liste, dei sondaggi precotti che sono ormai una forma esplicita di orientamento elettorale. Il sistema di poteri reali, ormai molto lontano dalla politica, è felice di questa disaffezione: meno persone votano, meno soldi da investire per imbonirli.

La pace e la nonviolenza? L’Umanesimo?

Non pervenuto. Non era nei programmi di quasi nessuno, quando c’era erano temi molto light o appena accennati. Mettere al centro l’Essere Umano, le sue esigenze, i suoi diritti dovrebbe essere la prima priorità di chi pretende di cambiare il mondo, ma le implicazioni profonde di questa frase non sembrano sfiorare la politica.

I movimenti e la politica

C’è una distanza tra il mondo dei movimenti e quello della politica che sembra aumentare ogni giorno di più. I movimenti non esprimono più una lista di riferimento e quando ne appoggiano una questa tradisce rapidamente le istanze su cui tale fiducia era stata assegnata (vedi acqua pubblica, grandi opere, ecologia ecc.). I movimenti dovrebbero convergere, comprendere che si vince solo uniti e interconnessi, agendo localmente ma pensando globalmente. E che dobbiamo considerare la nonviolenza come metodologia d’azione e stile di vita.

Effetto Greta

In vari paesi i risultati dei Verdi o di chi si rifà esplicitamente alle inquietudini di Greta sul cambiamento climatico hanno dato un po’ di speranza; ci auguriamo che almeno quelle forze possano supportare una serie di battaglie che portavano avanti i deputati della sinistra radicale, in genere ridimensionata dalla perniciosa tendenza a litigare e a non riuscire a produrre soluzioni unitarie e coerenti con i principi di fondo; e soprattutto a non ascoltare le istanze della base. Ma gli ecologisti dovranno fare quel salto di interconnessione tra i temi che dicevamo prima: se restano dentro la tana dell’orso finiranno in letargo…

Non vince la destra estrema

Nonostante i tentativi di ogni genere per “farsi vedere” la risposta fascista non convince quasi nessuno da nessuna parte ed anche i partiti che avevano un po’ più di peso in alcuni stati perdono voti; qui da noi continuano a raccattare i pochi voti di quattro fanatici. Vince una destra più “simpatica” (la nutella di Salvini), più rassicurante (la mamma Le Pen), in qualche modo più pericolosa perché continua a dire di non essere di destra ma porta avanti le istanze della destra e le mette in pratica nello smantellamento della Solidarietà, del Diritto, delle Convenzioni Internazionali, nei provvedimenti su sicurezza, migranti, omofobia,disprezzo dei diversi.

Gattopardo Italia

I commentatori nostrani fanno molto rumore per nulla: il centro destra ha preso all’incirca gli stessi voti delle politiche dell’anno scorso e la Lega era già primo partito, ha solo cannibalizzato Forza Italia, il PD qualche voto in meno ma poca roba, ma strillano perché hanno superato il 5stelle. L’unico tonfo reale che potrebbe meritare autocritica è quello del  Movimento 5stelle, che da quando è al governo e non mantiene le promesse elettorali perde voti: forse la democristianità di Di Maio ha dei limiti, forse è troppo per chi ha creduto con speranza in un movimento nuovo. Gli altri dovranno riflettere su perché si devono accontentare delle briciole. Ovviamente tutti si dimenticano di guardare il numero di voti e giochicchiano con le percentuali, abitualmente truffaldine.

Di quale mondo stiamo parlando?

Una volta di più mi pare di vivere in due mondi paralleli: frequento gente molto in gamba, vedo crescere realtà ed idee nuove, nuovi modi di relazione, pezzetti di un Nuovo Mondo; eppure queste istanze risultano invisibili nei media, non esprimono una forza politica coerente e il Vecchio Mondo continua nella sua inerzia, nella sua deriva verso il nonsenso.

Continuo a piantare bandierine di speranza, cartelli con parole illuminanti e riconfortanti, a coltivare relazioni e invito tutte e tutti a farlo. “C’è ancora un futuro” recita un vecchio slogan umanista, e quel futuro ci chiama a costruire, al di là delle meschinità che alcune persone manifestano nel mondo e che la Storia provvederà a spazzare via.