Alla vigilia delle amministrative orvietane, emerge un altro tema caldo quanto alla tutela ambientale. Parallelamente alla battaglia contro le monoculture, una nuova ondata di mobilitazione civile investe l’altopiano dell’Alfina, che stavolta si concentra nella ZRC (Zona di Ripopolamento e Cattura, ndr) La Renara. Questo territorio di circa 888 ettari è diventato in quasi mezzo secolo (da quando nel lontano 1976 fu chiuso alla caccia) un lembo di territorio di fatto vocato alla bio-diversità. Si tratta di un’area dove l’uomo ha imparato a convivere con la natura assecondando un connubio perfetto di flora e di fauna, ivi comprese specie rare e protette dalla Comunità Europea e dalle convenzioni internazionali.
Non è un caso, che già nel 2013, la Renara è stata inserita dalla Provincia di Terni in un progetto di Oasi Rurale nel Piano Territoriale di Coordinamento Provinciale. Ed è coerentemente con questo precedente e con le permanenti mobilitazioni di associazioni e cittadini, naturalisti, anche di fama internazionale, oltre ad una parte del mondo venatorio più lungimirante, che ormai già da moltissimi anni si difende l’integrità di questa ZRC, più volte minacciata dall’apertura alla caccia. Un’ ecosistema prezioso che è un patrimonio collettivo e come tale va difeso.
Pertanto di fronte all’ennesima minaccia di apertura alla caccia, si chiede adesso alla Regione:
1) che non si dia seguito alla richiesta avanzata attualmente dall’ATC3, ovvero di aprire alla caccia una porzione della Renara.
2) che tutta la ZRC de la Renara venga a pieno titolo riconosciuta come Oasi di Protezione.
Argomento prioritario a sostegno di questa sentita battaglia pluriennale è che la Renara, proprio la parte reclamata, a più riprese, dai cacciatori, oltre ad essere un vero e proprio Scrigno di Biodiversità, contiene siti riproduttivi peculiari ed il più grande invaso d’acqua della ZRC, cioè un punto nevralgico di sosta e di abbeveraggio tanto per la fauna stanziale che per quella migratoria. E’ pertanto evidente il grave ed irreversibile danno per tutta la ZRC che discenderebbe dall’apertura dell’attività venatoria di questo territorio. Che, al contrario, come tutta la Renara, merita di essere riclassificato in virtù del ricco e vario patrimonio ecologico che negli anni si è stabilizzato ed ha proliferato, in grande armonia con la presenza dell’uomo.
La protezione della Renara è una responsabilità che riguarda tutti, a partire da chi amministra il bene comune, una risposta all’attuale emergenza ambientale in tema di perdita di Biodiversità e di Habitat Naturali.
Coordinamento Associazioni Orvietano, Tuscia e Lago di Bolsena: Amelia Belli, Associazione Accademia Kronos-sezione di Orvieto, Orvieto; Filippo Belisario, Associazione WWF – sezione di Orvieto, Orvieto; Lucio Riccetti, Associazione Italia Nostra- sezione di Orvieto, Orvieto; Rita Favero, Comitato Interregionale Salvaguardia Alfina (CISA), Orvieto; Mauro Corba, Associazione Altra Città, Orvieto; Anna Puglisi, Associazione La Renara per l’Eco sviluppo del territorio, Castel Giorgio; Fausto Carotenuto, Comitato Difesa Salute e Territorio di Castel Giorgio, C. Giorgio; Annalisa Giulietti, Comitato di Castel Giorgio in massa contro la biomassa, Castel Giorgio; Donato Borri, Comitato garanzie per la centrale a biomasse a Castel Viscardo, Castel Viscardo; Marco Carbonara, Associazione sviluppo sostenibile e salvaguardia Alfina, Acquapendente; Piero Bruni, Associazione lago di Bolsena, Bolsena; Stefano Ronci, Comitato tutela e valorizzazione Valli Chiani e Migliari, Ficulle; Massimo Luciani, Associazione Il Ginepro, Allerona; Riccardo Testa, Gruppo Ecologista Il Riccio di Città della Pieve, Vittorio Fagioli, Rete Nazionale NOGESI (NO Geotermia Elettrica Speculativa e Inquinante)