Al Convegno internazionale «I 70 anni della Nato: quale bilancio storico? Uscire dal sistema di guerra, ora», svoltosi a Firenze il 7 aprile, ha partecipato quale principale relatore il Prof. Michel Chossudovsky, direttore di Global Research, il centro di ricerca sulla globalizzazione (Canada), copromotore del Convegno insieme al Comitato No Guerra No Nato e ad altre associazioni italiane. A Michel Chossudovsky – uno dei massimi esperti internazionali di economia e geopolitica, collaboratore dell’Enciclopedia Britannica, autore di 11 libri pubblicati in oltre 20 lingue – abbiamo rivolto alcune domande sui temi discussi al Convegno.
Anzitutto qual è stato il risultato del Convegno di Firenze?
Il Convegno internazionale di Firenze è stato un evento di massimo successo, con la partecipazione di diversi qualificati relatori provenienti da Nordamerica, Europa e Russia. È stata presentata la storia della Nato. Sono stati identificati e attentamente documentati i crimini contro l’umanità. Al termine del Convegno, con circa 600 partecipanti da tutta Italia e da diversi paesi europei, è stata presentata la Dichiarazione di Firenze.
Nella sua relazione introduttiva al Convegno, lei ha affermato che la Nato non è un’alleanza. Ci può spiegare perché?
Sotto la sembianza di un’alleanza militare multinazionale, il Pentagono domina il meccanismo decisionale della Nato. Gli Usa controllano le strutture di comando della Nato, che sono incorporate in quelle statunitensi. Il Comandante Supremo Alleato in Europa (SACEUR) è sempre un generale statunitense nominato da Washington. Il Segretario Generale della Nato, attualmente Jens Stoltenberg, è essenzialmente un burocrate addetto alle relazioni pubbliche. Non ha alcun ruolo decisionale.
Un altro tema da lei sollevato è quello delle basi militari Usa in Italia e in altri paesi europei. Che ruolo hanno?
Il tacito obiettivo della Nato – tema rilevante del nostro dibattito a Firenze – è stato quello di attuare, sotto diversa denominazione, “l’occupazione militare” de facto dell’Europa Occidentale. Gli Stati uniti non solo continuano a “occupare” i “paesi dell’Asse” della Seconda guerra mondiale (Italia, Germania), ma hanno usato l’emblema della Nato per installare basi militari Usa in tutta l‘Europa Occidentale, e successivamente nell’Europa Orientale sulla scia della guerra fredda e nei Balcani sulla scia della guerra Nato contro a Jugoslavia.
Che cosa è cambiato riguardo a un possibile uso di armi nucleari?
Subito dopo la guerra fredda è stata formulata una nuova dottrina nucleare, focalizzata sull’uso preventivo di armi nucleari, cioè sul first strike nucleare quale mezzo di autodifesa. Nel quadro degli interventi Usa/Nato, presentati quali azioni per il mantenimento della pace, è stata creata una nuova generazione di armi nucleari di “bassa potenza” e “più utilizzabili”, descritte come “innocue per i civili”. I responsabili politici statunitensi le considerano “bombe per la pacificazione”. Gli accordi della guerra fredda, che stabilivano alcune salvaguardie, sono stati cancellati. Il concetto di “Mutua Distruzione Assicurata”, relativo all’uso delle armi nucleari, è stato sostituito dalla dottrina della guerra nucleare preventiva.
Quale relazione esiste tra corsa agli armamenti e crisi economica?
Guerra e globalizzazione vanno di pari passo. La militarizzazione sostiene l’imposizione della ristrutturazione macro-economica nei paesi bersaglio. Impone la spesa militare per sostenere l’economia di guerra a detrimento dell’economia civile. Porta alla destabilizzazione economica e alla perdita di potere delle istituzioni nazionali.
Un esempio: ultimamente il presidente Trump ha proposto grossi tagli alla Sanità, all’Istruzione e all’infrastruttura sociale, “mentre richiede un grosso aumento per il budget del Pentagono”. All’inizio della sua amministrazione, il presidente Trump ha confermato l’aumento della spesa per il programma nucleare militare, varato dal presidente Obama, da 1.000 a 1.200 miliardi di dollari. sostenendo che ciò serve a mantenere il mondo più sicuro.
In tutta l’Unione europea l’aumento della spesa militare, abbinato a misure di austerità, sta portando alla fine di quello che veniva definito “Welfare State”. La Nato è impegnata ad aumentare la spesa militare, sostenendo, per bocca del segretario generale Jens Stoltenberg, che questa è la cosa giusta da fare per “mantenere la sicurezza della nostra popolazione”.
Gli interventi militari sono abbinati a concomitanti atti di sabotaggio economico e manipolazione finanziaria. Obiettivo finale è la conquista delle risorse sia umane che materiali e, allo stesso tempo, delle istituzioni politiche. Gli atti di guerra sostengono un processo di completa conquista economica. Il progetto egemonico degli Stati uniti è di trasformare i paesi sovrani in territori aperti alla loro penetrazione. Uno degli strumenti è l’imposizione di pesanti vincoli ai paesi indebitati. Ad impoverire vasti settori della popolazione mondiale concorre l’imposizione di letali riforme macro-economiche.
Qual è e quale dovrebbe essere il ruolo dei media nell’informare l’opinione pubblica su tali temi?
I media non si sono presi il disturbo di coprire il Convegno di Firenze. I crimini di guerra della Nato non vengono così menzionati. Senza la disinformazione attuata dai media, l’agenda militare Usa/Nato crollerebbe come un castello di carte. I pericoli incombenti di guerra, condotta con i più moderni armamenti compresi quelli nucleari, non sono notizie da prima pagina. La guerra è rappresentata quale azione di pacificazione. I criminali di guerra sono dipinti come pacificatori. La guerra diviene pace. La realtà è capovolta. Quando la menzogna diviene verità, non si può tornare indietro.
Il manifesto, 19 aprile 2019
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PROVE NATO DI GUERRA
Mentre le macerie umane e materiali della guerra Nato contro la Libia restano sotto i nostri occhi, ben poco appare dei preparativi Nato per guerre ben più disastrose. Le attività militari della Nato restano sottotraccia. Eppure, dalla fine della guerra fredda, mai sono state così intense.
Nel 2019 si svolgono 102 esercitazioni Nato, 39 delle quali con la partecipazione di paesi partner (Ucraina, Georgia, Finlandia, Svezia e altri). Si aggiungono 208 esercitazioni nazionali e multinazionalii dei paesi Nato. In un anno 310 realistiche prove di guerra terrestre, aerea e navale, quasi tutte con lo stesso scenario: la «difesa» dell’Europa dalla «aggressione russa».
Sempre per «difesa» si preparano le forze a scenari di guerra nucleare, chimica e biologica.
Altre attività vanno oltre l’esercitazione. Dopo essersi estesa in vent’anni da 16 a 29 paesi (30 se ora ingloba la Macedonia), espandendosi a ridosso della Russia, la Nato ha schierato 4 gruppi di battaglia multinazionali in Polonia, Estonia, Lituania e Lettonia e attua il «pattugliamento aereo» della regione baltica con cacciabombardieri, compresi Eurofighter italiani.
Tutto questo costa: la spesa militare italiana dovrà salire da 70 a 100 milioni di euro al giorno che usciranno, come sempre, dalle nostre tasche.
LA DICHIARAZIONE DI FIRENZE IN 14 LINGUE
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