Di fronte alle denunce per uso sproporzionato della forza da parte della polizia come risposta alle manifestazioni degli studenti che si sono tenute a Valencia, e in previsione di ulteriori proteste, Amnesty International desidera ricordare alle autorità che l’uso della forza contro i manifestanti è una misura tra le più estreme che lo Stato può usare e quindi l’ultima risorsa a garanzia dell’ordine pubblico.

“Il diritto alla libertà di riunione pacifica è riconosciuto dal Patto Internazionale dei Diritti Civili e Politici” ha sottolineato Virginia Álvarez, portavoce di Amnesty International. “L’uso della violenza può essere legittimo per motivi di ordine pubblico ma sempre attraverso l’adozione di metodi il meno possibile lesivi”.
“I principi di base riguardanti l’Uso della Forza e delle Armi da Fuoco delle Nazioni Unite, stabiliscono che la forza si può utilizzare solamente quando i metodi non violenti sono inefficaci e soprattutto che deve essere proporzionata e legittima, oltre che ridursi al minimo necessario richiesto dalla gravità della situazione. Ci sono dubbi ragionevoli sul fatto che tale principio sia stato adottato in questo caso, ha aggiunto la Álvarez.

L’articolo 20 di questi stessi principi invoca la necessità di trovare soluzioni pacifiche dei conflitti e usare tecniche persuasive, trattative e mediazioni. Allo stesso modo, la polizia deve poter contare su mezzi che le permettano di risolvere le tensioni in modo pacifico e contare su un alto livello di formazione su come valutare una circostanza e reagire in modo proporzionato alla gravità delle circostanze. Sia le manifestazioni che di conseguenza le reazioni della polizia si sono intensificate durante gli ultimi giorni nei quartieri della città. Secondo le informazioni che giungono i conflitti del 20 Febbraio si sono chiusi con almeno 17 persone ferite, inclusi agenti di polizia e almeno 26 arresti.
La polizia locale ha richiesto la presenza di forze antisommossa in seguito anche all’interruzione del traffico da parte dei manifestanti durante un sit-in pacifico tenutosi di fronte all’Istituto Pubblico Lluis Vives, nella via Xátiva.

Lo spiegamento di forze dell’ordine e la detenzione di minori ha provocato un’ondata di proteste alle quali si sono aggiunte varie organizzazioni studentesche. Diverse immagini raccolte da alcuni media mostrano l’uso sproporzionato della forza nei confronti di manifestanti, passanti e giornalisti.

Richieste di Amnesty International

L’organizzazione si rivolge al Ministero degli Interni e alla Delegazione Governativa Valenciana affinché aprano un’inchiesta sui fatti e si adottino misure disciplinari e penali nel caso in cui si dimostrasse l’uso eccessivo della forza da parte delle autorità.
“Inoltre, la responsabilità da parte dei capi della polizia esige che anche gli agenti rendano conto a titolo individuale di quanto accaduto, per dimostrare che le azioni intraprese siano state necessarie e proporzionate” ha dichiarato Virginia Álvarez.

L’origine delle proteste e la risposta delle autorità.

Le proteste studentesche hanno avuto luogo in seguito ai tagli di bilancio della Comunità Autonoma Valenciana che riguardano gli istituti scolastici pubblici.
Questi tagli hanno causato l’impossibilità da parte degli istituti di pagare fornitori e di conseguenza carenze in alcuni servizi base come il riscaldamento, l’approvvigionamento di materiale scolastico o il servizio di pulizia.
In particolare, le manifestazioni sono partite dagli studenti dell’ Istituto Pubblico Lluís Vives che hanno protestato proprio per denunciare i tagli all’istruzione nella Comunità Valenciana.
Secondo le fonti di Amnesty il Ministro degli Interni Jorge Fernández Díaz ha ammesso questa mattina che è possibile che si siano prodotti alcuni “eccessi” e reazioni sproporzionate da parte delle forze dell’ordine, limitando tuttavia tali circostanze ad “alcune azioni individuali”.
Il ministro stesso ha assicurato che verrà fatta chiarezza su tali casi. La delegata del Governo centrale a Valencia, Paula Sánchez de León, ha dichiarato che verrà aperta un’inchiesta.

Tradotto da Eleonora Albini