Giorgio Beretta è uno degli analisti di OPAL Brescia, l’Osservatorio sulle armi leggere, centro di documentazione sul tema tra i più qualificati al mondo. Facciamo con lui il punto sugli ultimi avvenimenti.
PRESSENZA: La strage di Christchurch in Nuova Zelanda in cui il giovane suprematista australiano, Brenton Tarrant, dicendo di ispirarsi al terrorista nazionalfascista norvegese Anders Breivik e al simpatizzante nazifascista di Macerata Luca Trani, ha ammazzato 49 persone in due moschee, ripropone il problema del facile accesso alle armi. Cosa ne pensa?
BERETTA: Una strage simile potrebbe succedere da un giorno all’altro anche in Italia. Ci sono tre elementi che accumunano questi attentati ma anche altri simili stragi avvenuti negli Stati Uniti e in Canada evocati dallo stragista Brenton Tarrant. Il primo è costituito dall’odio razziale di stampo suprematista, il secondo è rappresentato dalla fascinazione di tipo nazifascista e il terzo elemento – e questo è troppo spesso dimenticato dai commentatori – è tutti costoro che hanno fatto stragi e attentati con armi che detenevano regolarmente in quanto legali detentori di armi. Anders Breivik a Utoya (Norvegia), Dylann Roof a Charleston (Sud Carolina), Alexandre Bissonnette a Quebec City (Canada), Nikolas Cruz a Parkland (Florida), Luca Traini a Macerata e adesso Brenton Tarrant a Christchurch (Nuova Zelanda) hanno potuto compiere le loro stragi con le armi che possedevano regolarmente. In altre parole, la miscela esplosiva di odio razziale e di pulsioni nazifasciste è stata legalmente armata dallo Stato che permette detenere armi col pretesto della passione sportiva o della legittima difesa.
Perché dice che potrebbe succedere anche in Italia? Da noi le leggi sulle armi non sono più restrittive e i controlli non sono più rigorosi?
Nient’affatto! La normativa italiana è quanto mai permissiva in materia di detenzione di armi: oggi, a qualunque cittadino incensurato, esente da malattie nervose e psichiche, non alcolista o tossicomane, è generalmente consentito di ottenere una licenza per armi dopo aver superato un breve esame di maneggio delle armi. Tranne nei casi in cui il medico curante o le A.S.L. non lo richiedano specificamente, non sono infatti previsti particolari esami clinici e tossicologici per verificare lo stato di salute mentale e psichica del richiedente e per accertare l’eventuale uso di stupefacenti: tutto si basa su una autocertificazione controfirmata dal medico curante. Ne consegue che con una semplice licenza per “uso sportivo” – grazie anche alle recenti modifiche legislative apportate dalla Lega e approvate dal Movimento 5 Stelle – si possono detenere 3 pistole o revolver con caricatori da 20 colpi, 12 fucili definiti da “uso sportivo” (che comprendono i semiautomatici AR-15, quelli più usati nelle stragi in America) con caricatori da 10 colpi ed un numero illimitato di fucili da caccia e relative munizioni. Tutte gli acquisti di armi vanno, ovviamente, segnalati alle autorità di pubblica sicurezza, ma se si ha una licenza per uso sportivo, che vale cinque anni, si possono regolarmente detenere tutte quelle armi anche se non di pratica alcuna disciplina sportiva.
A inizio febbraio si è tenuta a Vicenza l’Hit Show, cioè una delle fiere principali di promozione delle armi. Quest’anno, anche con la visita di Salvini, Hit Show ha preso una evidente connotazione politica: cosa ne pensa?
Il salone fieristico HIT Show è stato fin dalla prima edizione nel 2015, un’operazione culturale ed ideologica per incentivare la vendita e la diffusione delle armi in Italia. Dietro la facciata di “manifestazione dedicata alla caccia, al tiro sportivo e all’outdoor”, il vero intento è sempre stato quello di ampliare il mercato delle armi da difesa personale e anche di armi cosiddette sportive che sono sostanzialmente quelle in dotazione a corpi speciali, di sicurezza pubblica e privata. Per compiere questa operazione gli organizzatori di HIT Show hanno sempre avuto bisogno di un appoggio politico. Lo hanno trovato, innanzitutto, nelle associazioni vicine alla Lega e alla destra, come quelle del settore venatorio veneto, e in alcuni esponenti politici locali e nazionali di centro-destra: la visita di Salvini, già l’anno scorso poco prima delle elezioni politiche come candidato premier e quest’anno alla vigilia delle elezioni europee, è servita soprattutto a manifestare e rafforzare i legami tra questi settori della politica, quelli del mondo venatorio e dei cosiddetti “appassionati” ed le aziende produttrici di armi.
Eppure HIT Show è stato organizzato inizialmente da Ente Fiere di Vicenza e da tre edizioni da Italian Exhibition Group (IEG), che è una società per azioni i cui maggiori azionisti sono le amministrazioni comunali e provinciali di Rimini del centro-sinistra, così come lo era, fino al giugno scorso, anche quella di Vicenza. Come valuta tutto questo?
E’ proprio questa la faccenda interessante. L’operazione ideologica HIT Show ha trovato sempre pieno sostegno anche da parte delle amministrazioni di centro-sinistra che sono – o sono state – le maggiori azioniste prima di Ente Fiere di Vicenza e da tre anni di Italian Exhibition Group (IEG), la società per azioni che organizza il salone fieristico insieme ad ANPAM. L’interesse da parte di queste amministrazioni è sempre stato uno solo: fare cassa. Non si spiega, altrimenti, il loro silenzio a fronte delle proposte – avanzate da OPAL e Rete Disarmo fin dalla prima edizione di HIT Show – di dotare il salone fieristico di un regolamento, semplice ma rigoroso, capace di impedire attività di propaganda e di chiara rilevanza politica (come le raccolte di firme per proposte di legge, per petizioni o campagne volte a contrastare normative nazionali ed europee, ecc.) e ad escludere tutto ciò che non ha niente a che fare con la caccia, il tiro sportivo e l’outdoor (come le armi da difesa personale, per corpi di sicurezza pubblica e privata e per formazioni di tipo paramilitare, ecc.) e vietando l’accesso agli spazi dove sono esposte le armi ai minorenni anche se accompagnati. Nonostante le mozioni approvate negli stessi Consigli comunali di Vicenza e di Rimini, i sindaci delle due città hanno preferito fare orecchie da mercante e la fiera è così diventata un palcoscenico per i politici della destra per promuovere la loro agenda: ai sindaci di Rimini e Vicenza evidentemente, va bene così, quello che conta per loro – ripeto – è fare cassa.
Il comparto della produzione di armi si presenta come una eccellenza del “made in Italy” con un giro di affari rilevante anche per l’economia del nostro paese: così, almeno, dicono i dati presentati a HIT Show….
E’ bene guardare con attenzione quei dati e quelle cifre. Il comunicato ufficiale diffuso da HIT Show (qui in PDF) riporta che “la produzione di armi e munizioni per uso civile, sportivo e venatorio in Italia vale 7 miliardi 293 milioni di euro, corrispondenti allo 0,44% del Pil nazionale”. E’ una fandonia colossale. Quei 7 miliardi, infatti, non si riferiscono alla “produzione di armi e munizioni”, bensì – come spiega la ricerca commissionata dalla stessa ANPAM (qui in PDF) – rappresenta “tutto il valore totale del settore” compreso “il valore indotto agli altri settori” tra cui figurano quelli della caccia e del tiro sportivo che non dipendono certo solo dalla produzione italiana di armi. L’effettiva produzione italiana di “armi e munizioni per uso civile, sportivo e venatorio” è poco più di 580 milioni di euro: poca cosa dal punto di vista economico se si pensa che l’Italia esporta quasi 5 miliardi di euro di prodotti di “coltelleria, utensili e oggetti di ferramenta” che tra l’altro sono prodotti di bassa tecnologia. Il settore armiero ha costruito ad arte una retorica per apparire rilevante anche dal punto di vista economico e occupazionale: ha certamente una sua importanza, ma il suo impatto maggiore non è quello economico, bensì nell’immaginario popolare e nella narrativa autopromozionale che ha saputo creare presentandosi, appunto, come una “eccellenza” italiana.
Sta per arrivare al Senato, per l’approvazione finale, la nuova legge sulla legittima difesa: potrebbe spiegare quali sono secondo voi gli elementi più critici?
Come ha evidenziato l’Associazione Italiana dei Professori di Diritto Penale (AIPDP) questa modifica ci fa passare dal “diritto di legittima difesa” al “diritto di difesa” nelle abitazioni, negli esercizi commerciali e professionali. E soprattutto alla difesa con le armi. La nuova norma rendendo infatti sempre legittima la difesa “con armi legittimamente detenute” porterà molte persone ad armarsi. Vi saranno due prevedibili conseguenze entrambe molto pericolose. Innanzitutto avremo un aumento degli omicidi a seguito di furti e rapine, ma non è affatto detto che le vittime saranno solo o principalmente i rapinatori perché anche costoro si doteranno di armi e le useranno per aggredire e difendersi. Ma, soprattutto, vi sarà un consistente aumento di omicidi con armi da fuoco in ambito familiare e interpersonale che sono, già oggi, gli ambiti più pericolosi e in cui si verificano più di un terzo degli omicidi, cioè tanti quanti ne commettono le mafie o la criminalità comune. Come avverte una ricerca del Censis, “con il cambio delle regole e un allentamento delle prescrizioni, ci dovremmo abituare ad avere tassi di omicidi volontari con l’utilizzo di armi da fuoco più alti e simili a quelli che si verificano oltre Oceano. Le vittime da arma da fuoco potrebbero salire in Italia fino a 2.700 ogni anno, contro le 150 attuali, per un totale di 2.550 morti in più”. Nessuna maggior sicurezza, quindi, anzi l’esatto contrario. Temo che i senatori che stanno per approvare questa legge ne siano coscienti, ma preferiscano far finta di niente: gli interessi politici in gioco sono troppo forti e le elezioni europee sono alle porte…