È il caso dell’ospedale cittadino di Kilkis, centro di circa 54mila abitanti nel nord della Grecia. Di fronte ai continui tagli alla sanità pubblica messi in atto dal governo, e agli stipendi non pagati da parecchi mesi, i lavoratori del centro ospedaliero hanno deciso di occupare la struttura.

Il 4 febbraio è stato diramato il primo comunicato, in cui l’assemblea generale annunciava di aver assunto il controllo dell’ospedale. In otto punti si tracciavano le linee guida dell’occupazione, che durerà, si legge, dal 6 febbraio “fino al completo pagamento per le ore lavorate, e all’aumento del nostri salari ai livelli a cui era prima dell’arrivo della troika (UE -BCE-FMI)”.

In questo periodo saranno garantiti solamente i servizi d’emergenza. Che, a ben vedere, sono una buona parte del lavoro ospedaliero. Infatti, continua il personale medico, “ben sapendo qual è la nostra missione sociale e i nostri obblighi morali, noi proteggeremo la salute dei cittadini che vengono in ospedale, fornendo assistenza sanitaria gratuita ai bisognosi, chiamando il governo ad accettare finalmente le proprie responsabilità.” Una sorta di welfare autogestito, che unisce alla protesta un servizio ai cittadini che ormai lo stato non sembra più in grado di fornire.

Quasi non ci si crede. Ma come, viene da dire, quei lavoratori greci che ci vengono descritti come pigri e svogliati, corrotti e truffatori, in tutto e per tutto colpevoli per l’enorme debito statale accumulato, invece di pensare ciascuno ai propri interessi decidono di continuare a lavorare gratis e in autonomia per il bene di tutti?

Ma il comunicato riserva anche altre sorprese. “[L’autorità] al fine di affrontare il suo nemico – cioè il popolo, indebolito e frammentato -, […] vuole impedire la creazione di un fronte unito dei lavoratori al livello nazionale e globale con interessi e rivendicazioni comuni contro l’impoverimento sociale a cui porta la politica delle autorità di governo. Per questo motivo, inseriamo i nostri interessi particolari in un quadro generale delle rivendicazioni politiche ed economiche reclamate da una larga parte del popolo greco sottoposto oggi al più brutale attacco capitalista; rivendicazioni che per essere feconde devono essere sostenute fino alla fine, in collaborazione con le classi medie e inferiori della nostra società”.

Certo, l’autogestione non potrà durare a lungo senza un aiuto da parte dello Stato. Perciò “Il governo non è sollevato dai suoi obblighi economici sul personale e sulle forniture per l’ospedale, ma se continueranno a ignorare questi obblighi, saremo costretti ad informare il pubblico di questo e chiedere al governo locale, ma soprattutto alla società, di sostenerci in ogni modo possibile”.

Per quanto si tratti di un tentativo estremo, la lotta dei lavoratori dell’ospedale di Kilkis ha tutte le caratteristiche per diventare un vero e proprio paradigma delle lotte sociali contro gli abusi del potere: è una ribellione che invoca l’unità fra i cittadini, contro chi li vorrebbe divisi e frammentati in categorie, dunque più facilmente attaccabili; antepone il bene di tutti agli interessi propri e particolari; rivendica il diritto alla sanità pubblica gratuita, e pretende che lo stato lo garantisca al pari di altri diritti fondamentali.