Solamente qualche mese fa il premier Giuseppe Conte aveva ospitato, a “sorpresa”, al Palazzo Reale di Napoli, Sandro Ruotolo, Nello Trocchia e Salvatore Minieri, tre giornalisti campani, minacciati dalla criminalità organizzata. Quell’incontro improvviso sembrò quasi un voler porre riparo alle parole pronunciate, a novembre scorso, dagli esponenti Cinquestelle, in particolare il vicepremier Luigi Di Maio e l’ex deputato Alessandro Di Battista, avevano definito “puttane”, “infimi sciacalli” e “pennivendoli” i giornalisti italiani. Frasi sentenziate dopo l’assoluzione della sindaca di Roma Virginia Raggi.
“C’è una precisa volontà- aveva dichiarato il presidente del Consiglio, durante l’intervista ai tre cronisti – che i riflettori siano sempre accesi su chi rischia, su chi mette a rischio la propria libertà personale e la propria vita per un bene pubblico, per offrire nell’ambito delle proprie competenze e capacità la possibilità di essere informati anche su vicende su cui altrimenti sarebbe facile far cadere un nuvolo di omertà”. Eppure quei riflettori si sono improvvisamente spenti ieri, quando è arrivata la notizia della revoca della scorta a Sandro Ruotolo, che ha provocato immediate reazioni di solidarietà sui social.
“Revocata la protezione a Sandro Ruotolo – scrive Roberto Saviano su facebook – che ha fatto la storia del giornalismo d’inchiesta. Chi ha deciso, ha tenuto conto della ‘lunga memoria’ del clan dei Casalesi? Sa che Michele Zagaria, che ha considerato Ruotolo suo nemico, non intende collaborare con lo Stato e cova rancore?”
“Togliere la scorta a un giornalista, che era stato gravemente minacciato dalla camorra per le sue inchieste – dice il deputato Paolo Siani – vuol dire che lo Stato ritiene che la camorra non sia più pericolosa. Chiunque viva a Napoli sa bene che non è così, risulta quindi davvero incomprensibile questa decisione.Ma siamo certi che il Ministro dell’Interno interverrà subito per ridare la scorta a Sandro e consentirgli così di poter fare più serenamente il suo lavoro. Perché Sandro la sua serenità l’ha persa quando sono arrivate le minacce del clan dei casalesi. E noi tutti abbiamo bisogno del prezioso lavoro di Sandro”.
Alla “marea di affetto ricevuto”, anche Ruotolo risponde così: “Avevo deciso di non dire nulla per il rispetto che ho delle istituzioni. E non dirò nulla per le decisioni che riguardano la mia protezione. Ma una cosa voglio dirvi: vorrei ringraziarvi uno a uno per la marea d’affetto, di solidarietà, di stima che mi state dimostrando. E i messaggi che più mi colpiscono sono i vostri, quelli delle persone che incontro nel paese reale, che ho conosciuto nella mia lunga vita di cronista e della comunità con cui sto in contatto sui social media. Difenderò sempre la mia indipendenza che non vuol dire non aver un punto di vista, la mia autonomia, l’amore per il mio paese. In queste ore, in tanti rappresentanti della società civile si sono esposti pubblicamente per me e lì ringrazio. La mafia è una montagna di merda”. Intanto il popolo del web, con l’hashtag #iostoconsandroruotolo, è pronto a scendere in piazza per difendere il diritto ad essere informati.