Per ottenerle si sono tenuti decine di migliaia di processi, che hanno prodotto 8.000 condanne a morte, che hanno cagionato migliaia di appelli statali e federali e infiniti pronunciamenti di corti superiori, che hanno causato migliaia di sentenze delle Corti Supreme statali e almeno 200 sentenze della Corte Suprema federale. Ognuna di queste sentenze è stata accompagnata da dissenting e concurring opinions e commentata da centinaia di saggi accademici, mentre migliaia di giuristi hanno perso il sonno nel cercare di penetrare gli arcani meandri del loro esoterico linguaggio.
In questi quarant’anni ci sono stati milioni di udienze preliminari, di mozioni pre-tial, di testimonianze, di analisi di laboratorio e di arringhe, mentre centinaia di migliaia di giudici, giurati, impiegati, court commissioners, testimoni, poliziotti, esperti, medici, psichiatri, sceriffi, stenografi, avvocati e procuratori hanno speso miliardi di ore di lavoro.
In questi quarant’anni sono stati scritti infiniti articoli di giornale, innumerevoli saggi di riviste giuridiche e pubblicati centinaia di libri e rapporti. Ci sono state dozzine di commissioni e di studi scientifici e si sono tenuti innumerevoli dibattiti, seminari, congressi e conferenze in cui due generazioni di abolizionisti hanno fatto i capelli bianchi.
Il costo economico di tutto questo immenso casino è enorme, mostruoso, incalcolabile. In Florida ogni cottura sulla sedia elettrica, alla fiamma o al sangue, è costata 24 milioni di dollari. In Ohio 50. In California 300 milioni di dollari.
Questa immane catastrofe non ha prodotto alcun risultato tangibile (a parte il migliaio di disgraziati uccisi a sangue freddo). Gli stati con la pena di morte non sono più sicuri di quelli senza. Anzi! di norma accade il contrario e gli stati che non hanno la pena capitale hanno un tasso di omicidio più basso di chi ce l’ha. Se gli Stati Uniti fossero il paese pragmatico di cui si favoleggia avrebbero abolito la pena di morte da molto tempo.