Fino ad oggi, a più di venti anni di distanza dai Clean Air Act Amendments e malgrado la disponibilità di tecnologie sofisticate, non esistevano misure federali per la limitazione delle emissioni di inquinanti tossici come mercurio, nichel, selenio ed arsenico.
Negli Stati Uniti le centrali a carbone sono responsabili di più della metà delle emissioni totali di mercurio nell’atmosfera e di oltre il 75% dei gas acidi nell’aria. Più della metà di queste centrali dispone di tecnologie adeguate per la riduzione delle emissioni tossiche, ma con l’adozione dei Mercury and Air Toxics Standards il rimanente 40% degli impianti dovrebbe uniformarsi alla strategia di decrescita degli inquinanti.
Nata nel 1970, dietro il benestare del presidente Nixon, per consolidare in un solo ente diverse ricerche federali e monitoraggi per la protezione ambientale, l’Epa lavora nel campo della crisi energetica, dei disastri ambientali e della tutela ambientale promuovendo statuti e regolamenti. Gli standard varati lo scorso Dicembre dovrebbero ridurre drasticamente le emissioni di mercurio e di metalli tossici basandosi su sistemi di controllo già largamente in uso in più della metà delle centrali a carbone statunitensi. In questa maniera l’Epa stima di prevenire circa 11.000 morti premature e 4700 attacchi cardiaci annuali. L’applicazione rigorosa degli standard dovrebbe, inoltre, contribuire a ridurre i numerosi casi di asma e bronchite cronica infantile negli USA.
“Si tratta di una immensa vittoria per la salute pubblica”, ha dichiarato Albert A. Rizzo, presidente dell’American Lung Association e specialista della cura dei polmoni. Grande soddisfazione è espressa anche dalla comunità ispanica statunitense che vive in prossimità delle centrali a carbone e che si nutre di più dei pesci dei fiumi spesso inquinati dal mercurio. I ringraziamenti vanno al Presidente Obama, dal momento che i Mercury and Air Toxics Standards nascono anche dal rilancio impresso di recente dall’Esecutivo del Presidente alla questione delle misure anti-tossiche.
Tuttavia l’Epa sottolinea nel comunicato ufficiale il suo impegno nell’arco di oltre vent’anni nell’intessere rapporti con industriali ed azionisti di punta per garantire l’applicazione delle misure varate nel 1990 con i Clean Air Act Amendments. Negli anni sono stati circa 900.000 i feed-backs che l’Epa ha ricevuto dal pubblico, grazie ai quali l’Agenzia federale ha potuto stilare i criteri attuali e procurare migliaia di nuovi posti di lavoro per la manutenzione, l’installazione e la conservazione dei nuovi sistemi di controllo.
Il rapporto Epa assicura che le nuove misure non avranno ripercussioni sull’emissione di energia elettrica, ma proprio questo è il punto su cui si accaniscono i più scettici di sponda repubblicana, annunciando futuri black-outs. In realtà, i punti nevralgici della nuova regolamentazione sono altri: prima di tutto, i costi delle nuove strutture, che ricadranno in gran parte sul pubblico, e ancora, la chiusura di numerose centrali ormai obsolete (pari all’8% della capacità nazionale di generare energia dal carbone). Quali saranno, allora, le alternative al carbone?
[Elisa Magrì](http://www.ilcambiamento.it/autori/elisa_magri/)