È arrivato il sì dalle Nazioni Unite sul Global Compact for Migration – il Patto Globale sulle Migrazioni, il documento che dovrebbe regolare il fenomeno delle migrazioni e redistribuire globalmente le responsabilità tra gli Stati. Lo scorso 11 dicembre, durante la Conferenza Intergovernativa tenutasi a Marrakech, in Marocco, il mondo riunito all’ONU ha appoggiato l’accordo con 164 paesi favorevoli. Si sono invece ritirati, nei mesi scorsi, gli Stati Uniti e diversi altri paesi, per lo più europei (Repubblica Dominicana, Australia, Austria, Ungheria, Lettonia e Polonia).
La decisione dell’Italia è stata invece quella di non presentarsi alla Conferenza e di rimandare la decisione per sottoporre il documento all’esame del Parlamento, che successivamente ha deciso di non decidere.
«Appoggiando il Global Compact for Migration abbiamo davanti a noi un’opportunità storica di collaborare, scambiare buone pratiche e imparare reciprocamente, in modo che le migrazioni, come fenomeno che ha segnato la storia dell’umanità, siano di beneficio a tutti», ha dichiarato la presidente dell’Assemblea generale Onu, Marìa Fernanda Espinosa Garcés. Mentre il Segretario generale delle Nazioni Unite, Antonio Guterres, aveva ricordato, prima della votazione, che oltre 60mila migranti sono morti dal 2000 mentre cercavano di lasciare i loro paesi, definendo questa catastrofe «una fonte di vergogna collettiva» ed il Global Compact come un «percorso per prevenire la sofferenza e il caos».
Il punto di partenza del Global Compact è il principio che la questione delle migrazioni debba essere affrontata a livello globale tramite una rete di collaborazione internazionale che assicuri una migrazione regolare, disciplinata e sicura grazie ad una serie di impegni da parte di tutti gli Stati per tutelare “diritti e bisogni” di chi è costretto a fuggire dal proprio paese.
Il documento prevede 23 obiettivi tra cui l’adozione di politiche basate sui dati reali del fenomeno e maggiori sforzi per la lotta alla povertà verso il raggiungimento dell’Agenda 2030 per lo Sviluppo Sostenibile, in modo da agire su alcuni dei fattori che costringono le persone a lasciare i propri paesi di origine. Al centro del documento vi è la tutela dei migranti e della loro vita, quindi la necessità di fornire un’informazione accurata e tempestiva a tutti gli stadi della migrazione, di rafforzare i corridoi per la migrazione regolare, di sradicare il traffico di persone e di gestire i confini in modo sicuro e coordinato. Si sottolinea anche la necessità di riconoscere e incoraggiare gli apporti positivi dei migranti e dei rifugiati in tutte le società – di provenienza e ospitanti – di facilitare il ritorno sicuro e dignitoso ma anche di assicurare l’accesso ai servizi di base, condizioni di lavoro dignitose, l’eliminazione di discriminazioni che minano l’inclusione e la coesione sociale. Non da ultimo, si sottolinea l’importanza dei discorsi pubblici, affinché siano basati su dati ed evidenze reali e non fomentino percezioni errate delle migrazioni.
I principi del Global Compact sono quelli alla base delle massime espressioni della nostra civiltà, mondiale ed europea, ma non si tratta di un accordo legalmente vincolante e non va a minare la sovranità nazionale, limitandosi a proporre delle linee guida. “La migrazione è una caratteristica del mondo globalizzato facendo di tutti noi, paesi di origine, transito e destinazione. È cruciale che le sfide e le opportunità della migrazione internazionale ci uniscano piuttosto che dividerci” si afferma nel documento. Eppure in diversi paesi che stanno ancora discutendo l’adesione all’accordo, si prospettano accesi dibattiti e crisi politiche, come accaduto recentemente in Belgio, dove il premier Charles Michel ha deciso di rassegnare le sue dimissioni, sancendo la caduta del Governo.
Per quanto riguarda l’Italia, sappiamo come è andata a finire. In Parlamento si è votata una mozione per non decidere, per rinviare tutto. Nonostante ciò vale ancora la mobilitazione di un folto gruppo di Associazioni, Enti locali e Università si è schierato a favore del Global Compact firmando un appello rivolto ai deputati e ai senatori, nella convinzione che esso convenga all’Italia perché invita gli Stati ad una maggiore cooperazione e solidarietà nel rispetto della loro sovranità nazionale, dei diritti umani fondamentali e nella lotta contro la tratta di esseri umani e l’illegalità. “Non adottarlo rende il nostro paese più isolato e indebolisce la possibilità di governare e regolare le migrazioni in modo concertato e condiviso con altri paesi. Non è pensabile governare un processo globale come la migrazione e la mobilità umana, anche ai fini della pacifica convivenza e della sicurezza, senza la collaborazione di tutti i paesi e senza gli indispensabili strumenti multilaterali” si legge nell’appello.
L’appello è firmato anche dalle associazioni e Ong della rete Link 2007-Cooperare in rete, che spiegano in un articolato documento perché è giusto e conveniente che l’Italia non resti isolata e che aderisca al Patto Globale sulle Migrazioni. “Il Patto Globale per le Migrazioni conviene all’Italia perché di fronte ad un fenomeno così ampio come quello della migrazione e della mobilità umana isolarsi, pensando di poterlo affrontare da soli è senza alcun dubbio una politica di corto respiro. Meglio inserirsi in un quadro di riferimento comune, non vincolante, ma con indicazioni che possano rappresentare un denominatore per tutti, da applicare nella misura che ogni Stato deciderà sulla base delle proprie scelte politiche, la propria realtà sociale, le proprie possibilità e capacità” si legge nel documento, in base al quale, firmare il Patto Globale permetterebbe all’Italia di avere un riferimento per una definizione complessiva, coerente e lungimirante della propria politica migratoria, superando l’approccio emergenziale e settoriale; di rafforzare le proprie ragioni nelle relazioni e negoziazioni con gli altri paesi europei; di facilitare le trattative nella definizione di accordi con i paesi di provenienza e di transito che occorre moltiplicare nel prossimo futuro.
Articolo di Lia Curcio