Che una piazza di Roma torni a riempirsi di antirazziste/i, di uomini e donne che non solo contrastano la Legge Salvini (non chiamiamola più decreto), senza dimenticare gli artefici delle precedenti normative con cui, dicendo di voler regolamentare l’immigrazione si legiferava sul mercato del lavoro, è un dato importante.
E che nonostante la tramontana poco attutita dai raggi del sole, in tante e in tanti ci si sia ritrovati, sotto le bandiere dell’USB, di Potere al Popolo e di altre realtà territoriali, partendo dalla splendida canzone di Bob Marley il cui logo è stato da traino “Get up, stand up, get up for your rights” è fatto positivo. Una piazza bella, allegra ma determinata, in cui colpiva l’utilizzo dei gilet gialli che richiamano alle complesse sommosse francesi, indossati da lavoratori e lavoratrici stanchi di essere schiavi.
Dal 10 novembre in poi, forse dai presidi per Riace realizzati dopo l’arresto di Mimmo Lucano, non passa giorno o fine settimana in cui non si registrino salutari momenti di mobilitazione. Simili le parole d’ordine, semplici e radicali, simile la volontà di non rinchiudersi in difesa cercando di attenuare gli effetti di norme legislative razziste, ma la scelta di andare all’attacco raccontando quanto l’informazione main stream tende ad ignorare. Ovvero come il dl Salvini serva a colpire chiunque manifesti dissenso, chiunque non accetti forme di sfruttamento legate alle proprie condizione di provenienza, classe, genere.
Da Piazza della Repubblica a Piazza Madonna di Loreto, si sono alternati canti, slogan, interventi, in cui nessuno ha provato a rendere la manifestazione come un corteo “tematico”. Il vero tema di fondo erano le diverse forme di sfruttamento e di schiavitù da ventunesimo secolo che colpiscono migranti e precari, giovani e donne, partite Iva e operatori dell’informazione costretti a contratti da vergogna. Il richiamo era, anche in quella piazza, ad una necessaria unità sui contenuti. Ma un ragionamento è d’obbligo. In un mese si sono succedute 3 manifestazioni, soltanto a Roma, aventi caratteristiche terribilmente simili con soggetti proponenti diversi. Sarà mai possibile, di fronte ad una offensiva fascistoide senza precedenti, riuscire a far vivere simili contenuti in un unico generale e imponente appuntamento? La ragione ci dice che sarebbe obbligatorio, i fatti ci rimandano a divisioni che indeboliscono tutte e tutti. Un lusso che non ci possiamo semplicemente più permettere.