«È bellissimo per me ospitare questo incontro e questa importante discussione. Come diplomatico so che la pace non è solo deporre le armi o la firma di un trattato di pace, ma è qualcosa che si deve offrire ogni giorno. Rondine può offrire grandi opportunità: voi giovani ci date speranze, una prova quotidiana che è possibile lavorare per costruire la pace, che è necessario l’impegno di tutti a partire dalla società civile in tutte le sue articolazioni».
Queste le parole dell’ambasciatore italiano Armando Varricchio intervenuto in occasione della Prima discussione internazionale sul Metodo Rondine. La missione negli Usa dell’associazione toscana, impegnata per la riduzione dei conflitti armati nel mondo, continua a Washington con una conferenza internazionale che ha portato ad una prima valutazione critica del Metodo Rondine, già applicato su oltre 200 giovani provenienti da luoghi di conflitto in tutto il mondo. Il convegno è stato ospitato oggi 13 dicembre, dall’Ambasciata italiana a Washington.
Un evento unico che ha visto la partecipazione di circa quindici tra i più importanti esperti ed accademici delle maggiori Università di tutto il mondo, riuniti per portare il proprio contributo sulla metodologia di Rondine sulla trasformazione creativa del conflitto, perché possa diventare uno strumento a disposizione della società globale.
«Rondine è un laboratorio, nella società globale è una periferia al centro che vuole essere sempre di più al centro dei vostri studi» ha sottolineato Franco Vaccari, presidente di Rondine.
«Il Metodo Rondine comporta un approccio molto più sofisticato e complesso dei comuni percorsi di conflict resolution» ha affermato Gerard F. Powers, uno dei massimi esperti mondiali di studi sulla pace del Kroc Institute presso la University of Notre Dame. «Prevede un tempo lungo e che innesca il processo di guarigione delle ferite. Anche nella dimensione spirituale e religiosa Rondine è innovativa. Così come nella questione del ritorno nei Paesi di origine per lavorare sul conflitto: anche qui l’innovazione di Rondine è il lavoro di accompagnamento e di sostegno in questo percorso che è unico».
I lavori sono stati aperti da Mons. Giorgio Biguzzi, vescovo emerito di Makeni, che ha avuto un ruolo fondamentale nella ratifica dell’accordo che ha portato alla fine della guerra in Sierra Leone nel 2002. Biguzzi ha ricordato il lavoro in Sierra Leone delle Rondini d’Oro, ex studenti dell’associazione, per la prevenzione della violenza e la tutela dei diritti umani nel primo progetto che ha visto l’applicazione diretta del Metodo Rondine in un paese di conflitto “Initiative for Peaceful and Democratic Election in Sierra Leone”.
Tra i tanti intervenuti ricordiamo i contributi di Andrea Bartoli, Rettore della Scuola di diplomazia della Seton Hall University; Jack Nusan Porte, da Harvard; Miguel Diaz, ex ambasciatore, oggi docente alla Loyola University; Michael David Kaiser, del Lutheran College di Washington; Adam Muller, della University of Manitoba; Aubrey Cox, del United States Institute of Peace USIP; Charles Hauss della Alliance for Peacebuilding (AfP).