Sabato 15 dicembre in via Casciarolo a Bologna si terrà l’inaugurazione di Camilla, l’emporio di comunità autogestito. È un passo fondamentale del primo, rivoluzionario progetto di food coop italiana, un esperimento di co-produzione finalizzato a sovvertire le logiche della grande distribuzione e garantire approvvigionamento di cibo locale, naturale ed etico.
In questi giorni decine di soci stanno terminando il lavoro di allestimento: montano gli scaffali, affrescano le pareti, preparano quella che sarà la casa di uno degli esperimenti più rivoluzionari mai compiuti in Italia, che ha raccolto l’eredità di un’idea che – già applicata negli Stati Uniti, in Francia, in Belgio – ha ottenuto un successo incredibile.
La food coop può stravolgere le regole della grande distribuzione, in cui il consumatore non ha alcun legame con i produttori, i prodotti e i processi produttivi. Viene tenuto volutamente all’oscuro del ciclo di vita del cibo che acquista: non sa da dove arriva, né come e da chi è stato realizzato e non conosce gli sprechi propri della produzione di massa.
L’esatto contrario dell’idea alla base delle food coop. I soci di queste realtà sono co-produttori, ovvero partecipano alla produzione supportando moralmente, economicamente – attraverso il consumo critico – e logisticamente i produttori. Partecipano alla distribuzione dei prodotti lavorando poche ore al mese nell’emporio in cambio della possibilità di fare acquisti al suo interno.
I vantaggi? Un legame umano e commerciale che unisce produttori e acquirenti, prezzi più bassi e prodotti di maggiore qualità, controllati, ecologici e locali. Questo è quello che potrete trovare fra pochissimi giorni in via Casciarolo a Bologna, prossima sede di Camilla, la prima food coop italiana.
L’emporio di comunità inaugurerà il 15 dicembre – l’appuntamento è per le ore 15. Sarà la casa di filiere biologiche, locali e sostenibili e un grande esperimento di autogestione che potrebbe aprire le porte a una riappropriazione di settori dell’economia oggi in mano alle grandi multinazionali, che seguono le logiche della deterritorializzazione, della massimizzazione del profitto e dell’irresponsabilità dal punto di vista etico e ambientale.
Il progetto è nato e cresciuto grazie a una forte spinta dal basso, all’insegna della partecipazione e della condivisione delle decisioni, da quelle più strategiche fino alla scelta dei colori da utilizzare per dipingere le pareti dell’emporio.
Le riunioni per stabilire la linea hanno sempre registrato una grande affluenza – circa 200 soci sovventori hanno partecipato agli incontri di orientamento – e questo testimonia come la co-gestione e l’auto-gestione siano possibili se ci sono entusiasmo e collaborazione da parte degli aderenti al progetto.
A questo proposito, rimane più aperta che mai la call a diventare soci. La food coop si basa sulla partecipazione sia qualitativa che quantitativa: tanti associati sono una ricchezza, non un peso da gestire! L’invito ad aderire fattivamente al progetto è dunque attualissimo, in particolar modo adesso che si sta entrando nella fase operativa. Se siete interessati potete farlo qui.