Quando gli amici delle Edizioni Piano B hanno messo in cantiere la loro edizione de “Propaganda” di Edward Bernays certamente sapevano quel che facevano. Forse però non immaginavano quanto quel libro potesse risultare utile nell’attuale dibattito sulla libertà di stampa e sul condizionamento mediatico della politica, dibattito ormai di scala mondiale.
Questo geniale gruppo di lavoro di Prato si dedica infatti a riscoprire e proporre testi del XX secolo che abbiano avuto influenza ed importanza e che la mantengano anche sul momento attuale; riscoprono hanno molti interessi e “non possiamo proprio farne a meno”, dichiarano candidamente sul loro sito.
Il testo di Bernays, sicuramente uno dei più staordinari “propagandisti” del mondo occidentale e, in specie, statunitense, fin dal titolo e dall’introduzione si pone come un testo base di quella che io chiamerei “propaganda alla propaganda”. La tesi è la seguente: la propaganda è l’elemento fondamentale della società democratica.
In un’acuta analisi (si prega notare, il libro è pubblicato nel 1929) l’autore fa notare che il mondo industriale non può più vivere di vita propria ma deve convincere della necessità e della durabilità dei suoi manufatti tutta l’opinione pubblica e per farlo si deve servire di tecniche di persuasione di massa che l’autore rintraccia nella psicologia, nelle tecniche di comunicazione e nel progresso teconologico, particolarmente vivace in quegli anni. E stiamo parlando di un’epoca dove non c’era ancora la televisione e men che mai internet e i social.
Goebbels non è ancora entrato in campo ma Bernays riuscirà, con un’abilità stupefacente, a convincere le donne del suo tempo che fumare è un segno di emancipazione (ovviamente la campagna è promossa dai produttori di tabacco); più tardi, nel 1954 sarà lui a organizzare la propaganda che porterà al famoso colpo di stato in Guatemala organizzato alla United Fruits per evitare di perdere le preziose piantagioni di banane, creando quella che poi sarà conosciuta come una “repubblica delle banane”.
Lo stupefacente del libro, e la sua preziosa attualità, sta nel fatto che l’autore rivendica perfettamente questa specie di propaganda “buona” e quasi necessaria e ne spiega le tecniche e i trucchi senza assolutamente vergognarsene. L’autore rivendica il fatto che i moderni mezzi di comunicazione (che per lui e per l’epoca sono poi solo il telefono, la redio e i giornali) sono in grado di modellare un nuovo modo di fare politica; di fatto nel libro si intravede quel famoso quarto potere che è poi l’oggetto del contendere del momento attuale, tra libertà di stampa, monopoli mediatici, condizionamenti politici legati alle nuove forme di comunicazione che Bernays non poteva conoscere ma che sembra già intuire.
“La propaganda non morirà mai. Gli uomini intelligenti devono rendersi conto che la propaganda è lo strumento d’elezione moderno grazie al quale possono lottare in vista di fini produttivi e positivi – per portare ordine laddove regna il caos”, recita l’ultimo paragrafo del libro, quasi un aforismo della moderna visione mediatica della realtà.
Insomma un libro impressionante per la chiarezza e l’attualità del suo terribile messaggio: adesso sappiamo che qualcuno, poco meno di 100 anni fa, stava già pensando il nostro presente, in modo scientifico e lucido.
Edward Bernays
Propaganda
L’arte di manipolare l’opinione pubblica
Piano B Edizioni, Prato 2018