Ho letto con interesse, come sempre, l’ultima riflessione di Ottobre di Furio Colombo, (“La Val di Susa fra due minacce”), che si conclude con l’attesa di un leader nonviolento per salvare la Valle… Rendiamoci conto che qui la vera minaccia, verso la Valle e verso tutto il Paese è una sola: si vuol zittire definitivamente, con ogni sorta di provocazioni, una comunità che resiste pazientemente per difendere la sua dignità e la vera democrazia che è partecipazione. Questo fa paura ai poteri forti. Tutto vero e inquietante il panorama della militarizzazione crescente per avallare un’opera inutile e devastante, quando la ferrovia internazionale c’è già ed è utilizzata a meno di un terzo delle sue possibilità.
Un fatto grande come una casa, anzi come una intera vallata, varrebbe la pena sottolineare: da più di venti anni la Valle di Susa resiste con pacifica determinazione a ogni tipo di violenze commesse nei suoi confronti dai poteri economici, politici e mediatici. Ci hanno incendiato i presìdi, massacrati di botte, gasati con armi chimiche proibite dalle convenzioni internazionali, gettati in carcere o confinati ai domiciliari, imputandoci provocazioni di ogni tipo. E sempre abbiamo risposto ragionando, portando argomenti e cifre, documentando in convegni e piazze gremite, con marce e digiuni, financo con preghiere, quanto ci tenessimo alla nostra terra. Ogni volta abbiamo confermato con parole, scritti e comportamenti, la dignità di un popolo che si richiama ai valori della Costituzione, che vorrebbe vedere realizzata e non stravolta.
Ora che aumenta la voragine del debito pubblico, l’attacco allo stato sociale, che si avvicina il fallimento anche sul piano giudiziario – vedi Mugello – del modello Tav, sale la pressione mediatica e la parallela repressione giudiziaria nei confronti del popolo no tav, colpevole di non cedere ai ricatti e alle menzogne. Non è questa, commessa contro di noi, la vera violenza? Si è concluso di recente il processo per i morti d’amianto. Perché deve iniziare lo sventramento delle nostre montagne, nelle quali è certificata scientificamente la copiosa presenza di amianto e uranio? Non vale forse, nella comunità scientifica, il “principio di precauzione”? Quale è il limite, scientifico e democratico, che non deve essere superato? Dobbiamo attendere altri morti come all’Eternit? Dobbiamo rassegnarci alla scomparsa delle risorse idriche come in Toscana e attendere processi postumi che non risaneranno più niente, in un territorio devastato e compromesso per noi e per le future generazioni? Dove sta la violenza? Chi la compie e la programma, nel silenzio omertoso?
Qui non è un leader che può cambiare rotta ad un popolo che continua a camminare sulla via maestra della opposizione, pacifica e determinata, al disastro ambientale ed economico procurato da un insano progetto. Qui è la classe politica che deve guardarsi dentro, rivedere scelte sbagliate, avere il coraggio di dialogare davvero e di non offendere, non intimidire le popolazioni, che continueranno a resistere con determinazione pacifica, statene certi, fino alla vittoria.