Nel rapporto Broken Promises: Egypt’s Military Rulers Erode Human Rights (Promesse non Mantenute: La Giunta Militare Egiziana Logora i Diritti Umani) Amnesty International documenta le deplorevoli azioni dei diritti umani da parte del Consiglio Supremo delle Forze Armate, al potere dopo la caduta di Mubarak del Febbraio scorso.
Il rapporto è pubblicato dopo una serie di giornate sanguinose con un triste saldo di numerosi morti e centinaia di feriti, dopo che la polizia ha cercato di disperdere con la violenza le persone che protestavano contro i militari in Piazza Tahrir a Il Cairo.
“Impiegando tribunali militari per giudicare migliaia di civili, soffocando le proteste pacifiche con la violenza e ampliando la legge d’emergenza dello stesso Mubarak, il Consiglio Supremo delle Forze Armate non ha fatto altro che proseguire la tradizione precedente, ovvero quella di governare attraverso la repressione, tradendo così il popolo del 25 Gennaio che ha lottato per liberarsene”. Questo è quanto dichiarato da Philip Luther, direttore del Programma Regionale per il Medio Oriente e il Nord Africa di Amnesty International.
“Chiunque ha criticato o messo in discussione la giunta – manifestanti, giornalisti, bloggers, lavoratori in sciopero – è stato crudelmente messo a tacere”.
“Dopo nove mesi di potere, il bilancio riguardante i diritti umani e la giunta militare mostra che gli obiettivi e le aspirazioni della rivoluzione del 25 Gennaio sono stati schiacciati. La brutale e severa risposta alle proteste degli ultimi giorni, ha tutte le caratteristiche di quelle dell’epoca Mubarak”.
Nell’analisi della situazione del rispetto dei diritti umani sotto la giunta militare, Amnesty International conclude che le autorità militari hanno mantenuto pochi degli impegni dichiarati pubblicamente e per alcuni aspetti hanno addirittura peggiorato la situazione.
Lo scorso Agosto, il Consiglio ammise che 12.000 civili in tutto il paese erano stati giudicati da tribunali militari con giudizi sommari e ingiusti. Almeno 13 persone erano state condannate alla pena di morte. Queste persone erano state accusate di episodi di violenza, mancato rispetto del coprifuoco, possesso illegale di armi, danneggiamenti e offese all’esercito.
Emblematico il caso del prigioniero di coscienza Maikel Nabil Sanad, blogger condannato a 3 anni di reclusione lo scorso Aprile per aver criticato l’esercito e per essere un obiettore del servizio militare. Dopo aver iniziato lo sciopero della fame ad Agosto, le autorità penitenziarie gli hanno negato l’assistenza medica necessaria per i problemi cardiaci di cui soffriva. Attualmente è ancora in carcere mentre un altro tribunale valuta il suo ricorso in appello presentato a Ottobre.
Con l’intento di sopprimere la copertura mediatica negativa nei confronti della giunta militare, decine di giornalisti e presentatori sono stati chiamati a comparire di fronte al tribunale militare. La pressione dell’esercito ha provocato la cancellazione di vari notiziari televisivi.
Nelle prime dichiarazioni il Consiglio prometteva “di svolgere un ruolo importante nella protezione dei manifestanti, indipendentemente dalle loro opinioni” ma le forze armate, incluso l’esercito, hanno di fatto soffocato con la violenza varie proteste, causando morti e feriti.
A quanto pare, 28 persone sono morte il 9 Ottobre durante l’azione della polizia che cercava di dissolvere una manifestazione di cristiani copti. Fonti mediche hanno riportato ad Amnesty International che alcune persone sono morte per ferite da armi da fuoco o per essere state travolte dai mezzi corazzati che circolavano ad alta velocità. Invece di chiedere un’inchiesta indipendente, l’esercito si è dato da fare per reprimere violentemente qualsiasi critica.
Il famoso blogger Alaa Abd El Fatta, che ha assistito agli atti di violenza e ha polemizzato per l’inchiesta condotta dal Governo nei confronti di questa repressione, è ancora incarcerato dopo essere stato interrogato dagli avvocati militari il 30 Ottobre, una chiara risposta della giunta per insabbiare le polemiche e le informazioni relative a quanto accaduto nel Maspero, il quartiere teatro della violenta repressione.
Amnesty International ha affermato di aver letto rapporti nei quali si denunciava l’uso di pietre da parte delle forze armate per attaccare i manifestanti, un metodo conosciuto che si impiegava anche sotto il regime di Mubarak.
Anche le torture sono continuate. Amnesty ha intervistato prigionieri che affermano di essere stati torturati sotto custodia dell’esercito. A Settembre è circolato un video nel quale si vedevano soldati e poliziotti che picchiavano due detenuti usando anche scariche elettriche. Dopo un’apparente investigazione, il tribunale militare ha dichiarato che il video era un falso, liquidando la questione. Secondo Amnesty, la giunta avrebbe promesso di investigare per calmare le critiche di fronte alle gravi violazioni dei diritti umani senza però farlo realmente. Non risulta che nessuno degli autori di tali abusi sia stato effettivamente inquisito.
Un esempio plateale è stato l’annuncio del 28 Marzo in cui il Consiglio dichiarava pubblicamente che avrebbe fatto chiarezza sull’uso delle “prove di verginità” imposte dall’esercito a 17 donne che avevano partecipato alle proteste del 9 Marzo come mezzo di intimidazione. Su tale inchiesta non è poi stato divulgato niente. Di più, a quanto pare l’unica donna che ha denunciato il Consiglio è stata poi vittima di altre intimidazioni e minacce.
Amnesty afferma che l’esercito ha partecipato anche agli sgomberi forzosi di residenti in alloggi precari chiedendo ovviamente la fine di questi abusi. Inoltre ha chiesto alle autorità egiziane – incluso il Consiglio Supremo delle Forze Armate – che ristabiliscano la fiducia nelle istituzioni investigando in modo trasparente e adeguato sulle violazioni dei diritti umani e ritirando la Legge di Emergenza.
Quando il segretario generale di Amnesty, Salil Shetty, si incontrò con i rappresentanti del Consiglio a Giugno, chiese con insistenza che tale legge, datata 1981, fosse ritirata perché limita illegalmente i diritti fondamentali.
Ma a Settembre, l’ambito di applicazione del provvedimento è stato ampliato a crimini come interruzione del traffico, blocco delle strade, schiamazzi, possesso e commercio di armi e “attentato contro la libertà di lavorare”. I detenuti, in virtù dell’ applicazione della legge di emergenza, vengono giudicati da Tribunali Supremi di Sicurezza di Stato.
“l’Esercito egiziano non può continuare ad usare la sicurezza come scusa per mantenere le stesse pratiche utilizzate dal precedente regime” ha detto Philip Luther.
“Affinché si possa avere una reale transizione per un nuovo Egitto, come quella che chiedono i manifestanti, il Consiglio deve smettere di attanagliare la libertà di espressione, di associazione e di riunione, eliminare lo stato di emergenza e impedire che i civili vengano giudicati da tribunali militari”.
Tradotto da Eleonora Albini