Il 20 dicembre prossimo la Corte d’Assise di Catanzaro processerà Antonio Pontoriero, l’assassino di Soumaila Sacko, il delegato USB dei braccianti ucciso il 2 giugno a colpi di fucile a San Calogero, nell’area dell’ex fornace “La Tranquilla”.
Il gip del Tribunale di Vibo Valentia, Pia Sordetti, ha così accolto la richiesta del pm Ciro Lotoro, disponendo il processo immediato per i reati di omicidio volontario, detenzione illegale e porto in luogo pubblico di un fucile semiautomatico.
L’Unione Sindacale di Base si costituirà parte civile nel processo, rappresentata dall’avvocato Arturo Salerni del Foro di Roma, che già assiste in qualità di parti offese i familiari di Soumaila Sacko.
Pontoriero è nel carcere di Castrovillari, dopo che a luglio il Tribunale del Riesame aveva confermato l’ordinanza di custodia cautelare del gip di Vibo Valentia, Gabriella Lupoli, sulla scorta della reiterabilità delle condotte e dell’estrema gravità dei fatti. Il magistrato aveva sottolineato il concreto pericolo di inquinamento probatorio, come provato dall’attivazione dei familiari di Pontoriero e dalla condizione di estrema vulnerabilità dei testimoni.
In parole povere significa che Madiheri Drame e Madoufoune Fofana, i due braccianti che erano con Soumaila quella sera e le cui dichiarazioni costituiscono fonte di prova a carico dell’assassino, rischiano la vita, tanto da essere stati costretti a lasciare San Ferdinando e a non lavorare più nei campi.
L’auspicio di USB, che ha già avanzato richiesta in tal senso alle autorità, è che si provveda a tutelare la vita non solo dei testimoni ma anche dei familiari di Soumaila, a fronte di minacce che non si sono mai fermate, come sottolinea il gip stesso quando scrive, per Pontoriero, di “sentimenti astiosi e vendicativi nei confronti degli stranieri, principali accusatori”. Frase ancora più inquietante se si considera che il fucile usato dal killer non è mai stato ritrovato