Ad oltre mille giorni dalla sua detenzione prosegue la persecuzione politica nei confronti della leader dell’associazione Tupac Amaru, ma cresce anche la solidarietà internazionale affinché il suo caso si risolva in maniera positiva.

“Para Milagro, la libertad; para Morales, el repudio popular”: questo era lo slogan prevalente delle organizzazioni popolari che lo scorso 11 ottobre hanno manifestato a Buenos Aires per chiedere la liberazione di Milagro Sala, la deputata del Parlasur e leader dell’associazione Tupac Amaru, ormai detenuta in maniera arbitraria e illegale da oltre 1000 giorni.

Era il 16 gennaio 2016 quando Milagro fu arrestata con una serie di accuse di natura eminentemente politica. Dietro alla carcerazione dell’attivista della Tupac Amaru, attualmente ai domiciliari nella sua casa di El Carmen, a Jujuy (nel nord dell’Argentina), il presidente Mauricio Macri e il governatore provinciale Gerardo Morales. Divenuta uno dei simboli del crescente conflitto sociale nel paese, Milagro Sala, insieme alla sua Tupac Amaru, da anni si era battuta per costruire scuole, ospedali e interi quartieri, ricevendo finanziamenti fin quando il kirchnerismo è rimasto alla Casa Rosada. Le proteste contro l’ondata di licenziamenti dei lavoratori delle cooperative affiliate alla Tupac Amaru, culminate nell’acampada nella piazza di Jujuy di fronte al palazzo del governatore Morales, hanno rappresentato il casus belli che ha permesso al suo più acerrimo nemico di incarcerarla. Da allora, accuse fantasiose e surreali si sono sommate una dietro all’altra, mentre i 66mila cooperativistas per i quali si batteva la donna rimanevano senza lavoro.

In un’intervista rilasciata al quotidiano argentino Página 12, Milagro Sala ha evidenziato come Jujuy sia divenuto un laboratorio di repressione contro i movimenti sociali, denunciando inoltre l’uso politico della giustizia. Per lei si sono mobilitati, nel corso di questi mille giorni, il Comité Nacional para la Prevención de la Tortura, il Grupo de Trabajo sobre Detenciones Arbitrarias delle Nazioni unite e la Commissione interamericana per i diritti umani contro quella che, ogni giorno di più, appare come una evidente persecuzione politico-giudiziaria. Prima prigioniera politica della presidenza Macri, Milagro Sala ha sempre combattuto contro le politiche di Cambiemos e dei suoi uomini. Dal caso di Santiago Maldonado, la cui morte può essere a buon diritto definita come un “crimine di stato”, all’accanimento contro Milagro Sala, è evidente la politica del governo ostile ai leader sociali. A questo proposito, è significativa una lettera letta dalla figlia di Milagro, Claudia, al termine della manifestazione per la sua liberazione avvenuta a Buenos Aires: “Vi chiedo di lottare contro questo governo che rappresenta uno dei periodi più bui per il nostro paese”.

Tra le iniziative a sostegno della militante della Tupac Amaru anche il documentario “Milagro”, presentato lo scorso 11 ottobre a Buenos Aires, scritto e diretto da Cynthia García e Martín Adorno. Lo scorso 8 agosto Milagro Sala era stata vittima di un nuovo arbitrio, quando il giudice Pablo Pullen Llermanos ne aveva decretato il trasferimento dalla sua casa al carcere federale di Salta “General Güemes, senza alcun motivo reale che giustificasse la revoca degli arresti domiciliari e nonostante le molteplici raccomandazioni del Grupo de Trabajo sobre Detenciones Arbitrarias dell’Onu affinché lo Stato argentino adottasse tutte le misure necessarie per garantire i diritti della detenuta. Scrisse allora il Comitato per la liberazione di Milagro Sala: “Vogliono la sua morte. Il governatore Gerardo Morales e il giudice Pullen Llermanos continuano la loro politica di vessazioni contro Milagro. Sta diventando sempre più chiaro che non sono interessati alla sua vita. Non sono interessati alla giustizia, ma alla vendetta contro una donna che ha fatto quello che nessun politico di Jujuy ha fatto per i più umili”.

Tuttavia, il contesto politico attuale dell’Argentina è tutt’altro che favorevole a Milagro e la persecuzione nei confronti della donna è stata rilanciata più volte anche tramite un editoriale pubblicato dal quotidiano di destra La Nación risalente al 2012, in cui si accusava la deputata del Parlasur di aver tratto vantaggi personali e di aver speculato sui fondi concessi dal kirchnerismo per opere sociali. “Oggi”, accusa Milagro Sala, “Macri e Morales si servono di una giustizia ingiusta per mettere a tacere gli oppositori, mentre il paese è governato dal Fondo monetario internazionale. Sono dei corrotti, ma ci accusano di essere noi i corruttori”.

#LiberenaMilagro e #1000diasPresaPolitica sono gli slogan che risuonano contro i processi montati ad arte non solo per eliminare politicamente Milagro Sala, ma anche per farla finita con il kirchnerismo e le conquiste sociali raggiunte dagli argentini in tanti anni di lotta. Prigioniera di Morales e Macri, Milagro Sala è riuscita a far conoscere in tutto il mondo la sua storia di persecuzione: la battaglia per la sua liberazione deve trasformarsi in una trinchera de lucha fino alla sua liberazione e a quella di tutti gli altri prigionieri politici del paese.

 

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