Non trova pace il Mali, dove negli scorsi giorni sono stati uccisi da un
gruppo di assalitori non identificati almeno 19 nomadi Tuareg disarmati. Martedì 25 settembre un gruppo di motociclisti ha attaccato due accampamenti di nomadi Tuareg del gruppo degli Ibogholitane a 45 km dalla città di Menaka nel nordest del paese. Gli aggressori hanno ucciso a colpi di arma da fuoco 17 civili, tra cui diversi adolescenti. Solo pochi giorni prima, sabato 22 settembre, nella città di Kidal due capi clan dei Tuareg sono stati uccisi in strada da esponenti di un gruppo radical-islamico. Anche in questo caso i due capi clan, Saida Ould Cheik Cheick e Mohamed Ag Eljamet, sono stati circondati e bloccati da motociclisti armati e poi uccisi.
Questi ultimi avvenimenti rischiano di deteriorare ulteriormente il
clima nella regione settentrionale del paese africano, dove comuni
banditi e seguaci radical-islamici continuano a seminare violenza e
tensione. Solamente lo scorso 22 settembre il neo-eletto presidente del Mali Ibrahim Boubacar Keita aveva annunciato che il ripristino della sicurezza nel paese costituisce il primo e più importante punto del suo programma. Sembra però che né le truppe di pace ONU della missione Minusma né le truppe anti-terrorismo francesi stazionate nella regione né tanto meno l’esercito del Mali siano in grado di garantire la sicurezza della popolazione civile.
Per interrompere la escalation di violenza ed evitare che questi ultimi
assassinii vadano ad alimentare ulteriormente la pericolosa spirale di
aggressioni mortali, l’Associazione per i Popoli Minacciati (APM) chiede l’immediato avvio di un’indagine indipendente in grado di far
incriminare i responsabili degli assassinii. L’APM chiede inoltre che le
autorità competenti, nazionali ed internazionali, sviluppino delle
strategie per una reale tutela della popolazione civile. Il primo passo
in tal senso dovrebbe essere l’effettiva attuazione dell’accordo di pace
con la popolazione Tuareg da parte del governo maliano. Il governo
finora ha attuato solo parzialmente e in modo molto lento l’accordo di
pace, dando l’impressione di non volersene in realtà occupare.
Secondo l’APM, in questo modo il governo diventa uno dei principali responsabili del clima di insicurezza, ma soprattutto del vuoto legislativo che si è creato nella regione, e che a sua volta lascia liberi comuni criminali ed estremisti di agire impunemente. Fintanto che il governo non si assume le proprie responsabilità, attua finalmente l’accordo di pace in tutti i suoi punti e ristabilisce la legalità nella regione, la spirale di violenza in Mali rischia di aggravarsi ulteriormente.
Vedi anche in gfbv.it: www.gfbv.it/2c-stampa/2018/180810it.html |
www.gfbv.it/2c-stampa/2017/170119it.html |
www.gfbv.it/2c-stampa/2014/140725it.html |
www.gfbv.it/2c-stampa/2014/140211it.html |
www.gfbv.it/2c-stampa/2014/140110it.html |
www.gfbv.it/3dossier/ind-voelker/sud2010-it.html#r13 |
www.gfbv.it/3dossier/popoli/pop1.html
in www: https://it.wikipedia.org/wiki/Mali