Impressioni e racconti sulla Georgia (seconda parte).
Tra poco più di tre settimane, il 27 ottobre, i georgiani saranno chiamati a scegliere il nuovo presidente della Repubblica. Saakaashvilli non può ripresentarsi avendo già svolto due mandati; non si presenterà nemmeno il primo ministro Bidzina Ivanishvili, il miliardario rientrato a Tbilisi da Mosca pochi anni fa con l’intento, da lui dichiarato, di contribuire al rilancio del proprio paese e con l’assicurazione che si sarebbe poi ritirato dalla vita pubblica senza aspirare alla Presidenza della Repubblica.
Bidzina Ivanishvili ha organizzato una coalizione di diversi partiti fino ad allora divisi, ottenendo la vittoria nelle elezioni parlamentari dello scorso hanno con il 54 % dei voti. Nonostante non partecipino direttamente alla competizione, lo scontro tra il presidente e il primo ministro si sta riproducendo senza esclusione di colpi nella campagna elettorale, alla quale ognuno dei due partecipa per interposta persona. Non è semplice cogliere in cosa differiscano sulle politiche sociali i programmi dei principali schieramenti: tutti nei comizi promettono più lavoro e più stato sociale, ma per molti georgiani, alla luce di questi ultimi anni, simili parole hanno perso ogni credibilità. Differenze più evidenti emergono invece sulla collocazione internazionale della Georgia: decisamente orientata verso l’ovest, verso gli USA, in totale rottura con la Russia per il candidato di Saakaashvilli, più orientata verso la Russia per il rappresentante di Bidzina Ivanishvili. Il risultato delle elezioni presidenziali non è scontato: inizialmente i candidati erano oltre cinquanta, scesi poi ad una trentina ed ora quelli rimasti in lizza con un seguito significativo sono sette.
A differenza del vicino Azerbaigian le settimane elettorali sono vivaci: nella sola giornata di domenica 29 settembre abbiamo incontrato nella via principale di Tbilisi tre manifestazioni, non organizzate direttamente da partiti, ma significative del clima effervescente che si respira. La prima davanti all’ex Parlamento, era convocata dalle organizzazioni politiche dei patrioti e dai veterani di guerra georgiani per chiedere che il presidente sia sottoposto ad un processo come responsabile di specifici episodi di repressione verificatisi negli ultimi anni; la seconda manifestazione si è svolta tra viale Rustaveli e piazza della Libertà e aveva tra i principali protagonisti alcuni preti della Chiesa Ortodossa georgiana che contestavano la decisone del governo di inserire sul documento d’identità una chip con i dati personali, scelta vissuta come un attacco alla privacy; la terza raccoglieva centinaia di persone davanti al Ministero della Giustizia.
Da un anno la politica istituzionale georgiana appare molto movimentata: fra il presidente e il primo ministro, eletto dalla maggioranza del Parlamento, gli scontri sono quotidiani, mentre fino al 2012 tutto era controllato da Saakaashvilli. Gli esponenti della società civile con i quali siamo entrati in contatto danno una valutazione decisamente positiva di questa situazione: “Prima non c’erano alternative, ora ogni decisione è una scelta e se ne può discutere.”
Per complicare ulteriormente le cose, il Parlamento e i comitati di controllo parlamentare sul governo sono stati spostati, per decisione del presidente, in un’altra città, Kutaisi, a quattro ore di distanza dalla capitale, ufficialmente per decentralizzare il potere e valorizzare altre regioni. Ma tale scelta si è dimostrata costosa e non ha certo facilitato il rapporto tra le istituzioni; il nuovo governo ha già deciso che entro diciotto mesi, non appena sarà terminata la ristrutturazione del vecchio palazzo, il Parlamento tornerà nella sua sede originale. Le differenti posizioni tra presidente e primo ministro hanno evidenziato l’urgenza di chiarire ulteriormente i poteri dell’uno e dell’altro. La Costituzione ha una caratteristica decisamente presidenzialista, ma nella pratica quotidiana il potere del capo del governo è fortemente cresciuto nell’ultimo anno e diversi nostri interlocutori sostengono che presto verranno attuate delle modifiche in senso parlamentare.
Una corruzione di classe
Un altro argomento decisamente caldo nel confronto politico è l’autonomia della magistratura dal potere politico: fino ad oggi i pubblici ministeri sono sotto controllo politico del ministero, mentre i magistrati giudicanti sono indipendenti. Questa situazione genera sfiducia nella popolazione e diversi settori della società civile chiedono una riforma della giustizia all’insegna della totale autonomia della magistratura.
La poca credibilità della magistratura è anche dovuta al particolare andamento della corruzione; negli ultimi anni questa è significativamente diminuita nell’insieme della società. E’ più difficile che un poliziotto ti chieda dei soldi per evitarti una multa o che dei pubblici funzionari si facciano pagare per consegnare dei certificati, per rilasciare documenti sanitari o per promuovere uno studente agli esami universitari. Questo indubbio miglioramento era stato uno dei motivi del successo di Saakaashvilli nei primi anni della sua presidenza, insieme alla capacità di guidare la ricostruzione concreta del paese (rifacimento delle strade, ristrutturazione delle case, riattivazione dell’energia elettrica ecc.) devastato dalle guerre degli anni’90. Ma la corruzione è invece fortemente aumentata nei settori alti della società, nei circoli che affiancano il presidente e nel mondo politico ed economico-finanziario, dove sembra regnare l’impunità. Ed è questa una delle ragioni principali dell’attuale perdita di consenso da parte del presidente, oltre alla guerra del 2008 contro l’Ossezia del Sud, che si è dimostrata un grave errore.
Inoltre è recentemente emerso come alcune multinazionali abbiano corrotto i componenti dei comitati istituzionali che dovevano controllare il settore d’azione delle loro aziende e come costoro si siano a loro volta trasformati in uomini d’affari nei medesimi settori merceologici che dovevano controllare.
Il ruolo dei media e le debolezze della società civile
Nonostante tutto ciò la consapevolezza dei propri diritti non sembra ancora diffusa e non pare esserci un’abitudine al coinvolgimento nella vita democratica e sociale. Le forme organizzate della società civile sono ancora fragili, le ONG si moltiplicano, ma in molti casi sono organizzazioni fondate da ex parlamentari o da ex uomini di governo vicini al presidente e sostenuti da finanziamenti statunitensi.
La presenza della polizia sul territorio è continua, diffusa e spesso autoritaria, senza che questo susciti particolari reazioni. L’assenza di una consuetudine al controllo democratico è verificabile anche nella mancanza, salvo lodevoli eccezioni, di un giornalismo sia televisivo che cartaceo di tipo investigativo, capace di indagare sugli scandali del potere.
In questa situazione risulta estremamente importante il lavoro di GoGroup Media, un gruppo di giornalisti indipendenti azeri, armeni e georgiani, ma anche dell’Ossezia del Sud, dell’Abkhazia e del Nagorno Karabaki, che lavorano insieme con tre obiettivi: formare dei giovani giornalisti che si sentano prima di tutto abitanti della regione caucasica e non patrioti di una nazione contro l’altra; raccontare storie di vita quotidiana capaci di evidenziare le vere esigenze della popolazione superando stereotipi ideologici; coinvolgere i giornalisti di punta dei principali media delle varie nazioni/regioni in esperienze professionali comuni, favorendo il dialogo tra chi proviene da popoli diversi al fine di modificare l’atteggiamento di gran parte della stampa, che soffia sul fuoco dei vari conflitti regionali.
Obiettivi fondamentali oggi nel Caucaso, ma difficilissimi da raggiungere se si pensa che per riuscire ad organizzare anche solo un corso di formazione rivolto a giornalisti delle sei differenti entità nazionali è necessario riunirsi in Turchia. Non è possibile farlo altrove a causa della mancata concessione reciproca dei visti d’entrata.
Fino ad un anno fa tutti i media erano controllati dal governo e quindi dal presidente, in particolare i quattro canali televisivi nazionali che non richiedono alcun costo di abbonamento, essendo sostenuti dalla pubblicità. Ora due canali televisivi restano controllati da Saakaashvilli e dalla minoranza del Parlamento, uno dipende dall’attuale governo e quindi dalla maggioranza parlamentare, mentre il quarto dovrebbe essere neutrale. Vi sono giornali indipendenti, ma sono costosi e non hanno grande influenza sulla popolazione.
Cresce la povertà, diminuiscono i servizi sociali
Lo stato sociale è anche qui sotto tiro, come avviene in tutta Europa: gli asili e la scuola pubblica di ogni grado continuano ad essere gratuiti, ma la situazione si modifica completamente all’università, dove i costi sono alti e inavvicinabili per gran parte della popolazione. Negli ultimi tempi continuano a moltiplicarsi le università e le scuole private con tasse d’iscrizione decisamente elitarie.
L’assistenza sanitaria è gratuita per i bambini e per gli ultrasessantacinquenni, ma solo per le cure di base e per gli interventi chirurgici non particolarmente complessi e costosi, ma in questo caso il problema è la qualità del servizio; tutti gli altri, tranne le fasce di popolazione in situazione di grave povertà, che hanno diritto alle cure essenziali gratuite, devono pagarsi farmaci e assistenza con il conseguente moltiplicarsi delle assicurazioni private, che per ora continuano ad essere pagate dallo Stato per i cittadini sopra i 65 anni. Resta per ora gratuito il servizio delle ambulanze e di pronto soccorso.
Anche in Georgia gli anni post-sovietici hanno portato una maggiore libertà d’espressione, pluralismo politico e una più ampia possibilità per tutti di partecipare alla vita pubblica, ma contemporaneamente hanno prodotto una grande divaricazione sociale, con la perdita di un sistema di garanzia statale nel welfare, nel lavoro e nelle politiche abitativa. Risultato: oggi quasi metà della popolazione vive in condizioni di povertà (e molti sono coloro che chiedono l’elemosina per strada) mentre il 10 % della popolazione raccoglie nelle sue mani una ricchezza spropositata ed in continuo aumento.
La consapevolezza di questa contraddizione tra libertà e povertà, tra il mondo di ieri e quello di oggi è ampiamente diffusa tra la popolazione e la speranza verso il futuro delle giovani generazioni tutte proiettate verso Occidente si scontra con il rimpianto del passato che molto spesso alberga in coloro che hanno avuto esperienza diretta dell’epoca che fu.