Rispondere alle esigenze abitative in particolare di giovani donne alle quali viene offerto, insieme all’accoglienza, anche un percorso di accompagnamento volto al raggiungimento dell’autonomia. Con questo obiettivo e con il sostegno di Fondazione CON IL SUD, nasce da un’idea di Acisjf il progetto di housing sociale Ampliacasa.
Da un’idea di Acisjf, prima associazione cattolica internazionale femminile, e con il sostegno di Fondazione CON IL SUD nasce il progetto di housing sociale Ampliacasa. L’obiettivo è quello di rispondere alle esigenze abitative in particolare di giovani donne alle quali viene offerto, insieme all’accoglienza, anche un percorso di accompagnamento volto all’acquisizione o al mantenimento dell’autonomia. Per saperne di più abbiamo intervistato Nelly Sarlo, responsabile del progetto.
Che cos’è ACISJF e di cosa si occupa?
Donne a servizio di altre donne. L’Associazione Cattolica Internazionale al Servizio della Giovane (Acisjf) – Federazione nazionale nasce così a Torino nel 1902, su impulso del beato Giuseppe Toniolo e di Rodolfo Bettazzi. È stata una delle prime associazioni cattoliche internazionali, certamente la prima femminile. Oggi l’Acisjf, a livello internazionale, è un’organizzazione non governativa riconosciuta con statuti speciali sia presso il Consiglio d’Europa che all’Unesco. In Italia è un’organizzazione di volontariato e, attualmente, una federazione di associazioni locali.
L’associazione è attualmente presente su gran parte del territorio nazionale, con servizi attraverso i quali si tenta di rispondere ai bisogni di oggi: case famiglia, segreteriati sociali, mense, affidi diurni, doposcuola, centri di ascolto e servizi di stazione. Nelle 15 case di accoglienza trovano ospitalità studentesse, giovani lavoratrici, minori a rischio, giovani disabili, giovani psichicamente labili, figlie di genitori separati, diciottenni non più assistite dai servizi sociali, e quindi sole e senza assistenza perché maggiorenni, ragazze profughe o fuggite da situazioni di violenza e prostituzione, giovani in custodia cautelare, mamme che assistono bambini in ospedale, ragazze madri in attesa del parto e giovani madri con neonati. Le case in un tempo di emergenza educativa sono luoghi dove insieme ci si educa, dove l’accoglienza, l’ascolto, l’amore, la centralità delle relazioni, la corresponsabilità sono i valori e i pilastri sui quali si ancorano i nostri progetti educativi.
Come è nato il progetto Ampliacasa e in cosa consiste? Quali i territori coinvolti e chi i beneficiari?
AMPLIACASA nasce dall’attenzione che ACISJF ha sempre avuto, sin dalle origini, ai bisogni emergenti delle giovani. Nell’Assemblea nazionale del 2015, che ha avuto per tema “L’ACISJF tra vecchie e nuove sfide dell’accoglienza”, è germogliata l’dea di approfondire il tema del cohousing, idea che si è concretizzata nel progetto AMPLIACASA – L’ACISJF per il Co-Housing – Risposta innovativa delle reti di volontariato per l’accoglienza”, in fase di realizzazione in Calabria, Sardegna e Sicilia. L’obiettivo è di individuare soluzioni possibili al bisogno della casa e dell’abitare per persone che affrontano una condizione di fragilità o che hanno un’esigenza alloggiativa temporanea con vincoli di reddito. La risposta al problema abitativo si inserisce in un percorso di accompagnamento volto all’acquisizione o al mantenimento dell’autonomia.
Che cosa si intende per housing sociale e per co-housing?
Nel corso del progetto AMPLIACASA, che è quasi a 2/3 della sua vita, si è lavorato per comprendere attraverso un percorso di approfondimento e confronto diretto con differenti pratiche quali sono i diversi “ingredienti” che – in base alle specifiche condizioni di contesto, ai sistemi valoriali di riferimento e ai bisogni emergenti – possono essere scelti e selezionati per costruire possibili modalità di sperimentazione di forme di cohousing sociale. E l’ACISJF ha desunto e fatto proprie tre modalità principali:
– il Cohousing (sociale) puro, in cui i residenti abitano in appartamenti autonomi soli o con altre persone (massimo 2-3) o per nucleo familiare. Il cohousing presenta spazi e momenti comuni per i residenti che scelgono liberamente questo tipo di coabitazione come scelta di stile di vita.
– Il Cohousing mediato, in cui i residenti vivono una situazione di fragilità e necessitano di un supporto sociale. Si prevede un periodo lungo (1 anno circa), in cui le persone convivono in una struttura di accoglienza collettiva, e solo dopo un percorso di acquisizione di autonomia possono scegliere di andare a vivere autonomamente in appartamento.
– L’housing sociale, in cui le persone vivono in appartamenti messi a disposizione con un supporto leggero e per un tempo medio-lungo, durante il quale acquisiscono competenze (incubatore) e poi possono andare a vivere autonomamente in appartamenti.
Il co-housing può rispondere alle esigenze abitative di alcune fasce della popolazione?
Certamente. Declinando i diversi modelli – dal cohousing inteso come “modo di abitare” in un complesso di abitazioni private che condividono spazi comuni, al cohousing sociale aperto a giovani, anziani, famiglie con difficoltà economiche o persone con differenti problematiche e fragilità – si può rispondere a diverse esigenze.
Che riscontro ha avuto il progetto Ampliacasa?
Ci sono stati riscontri concreti e riscontri su un piano che potremmo definire culturale. Sul primo livello possiamo dire, per esempio, che in Calabria Acisjf sta diventando il riferimento della rete per le difficoltà legate all’abitare. E che ad Arbus l’associazione ha, nel marzo scorso, inaugurato casa destinata appunto a sperimentare un modello di co-housing.
Sul secondo livello, Ampliacasa ha creato un incubatore sociale sul tema della coabitazione. I volontari delle reti del Sud hanno potuto visitare le buone prassi di co-housing italiane. Aver “messo a sistema” gli elementi principali di ogni esperienza osservata consente di avere uno sguardo ampio sul tema del co-housing, con la possibilità di indicare strade diverse a seconda dell’emergenza abitativa a cui far fronte.
Avete in programma progetti futuri legati al tema?
Come abbiamo accennato, la casa di Arbus, in Sardegna, donata all’ACISJF e già aperta alla comunità locale, sperimenterà un forma di cohousing in funzione dei bisogni delle giovani e delle donne di quel contesto e della tipologia abitativa disponibile. Molto speriamo che nasca dalle reti territoriali per l’accoglienza, che e stanno crescendo grazie al progetto: il lavoro di rete porta sempre frutti. Su questa linea, ci auguriamo che la “rete nazionale ACISJF per l’abitare sociale” possa connettersi con altre reti, in modo da sperimentare l’introduzione di modelli innovativi di abitare e co-abitare. Per noi AMPLIACASA è già futuro.
Articolo tratto da CON_Magazine, giornale online realizzato da Fondazione CON IL SUD in collaborazione con Italia che Cambia