E’ passato esattamente un anno. Per certi versi sembra un secolo, ma è solo un anno. 21 settembre 2010. Quel giorno l’Abruzzo si svegliò mentre l’inchiesta “Re Mida” portava all’arresto imprenditori e uomini politici, arrivando a terremotare la stessa Amministrazione Regionale.
E’ passato esattamente un anno. Le indagini hanno fatto emergere e documentato un vero e proprio sistema di potere che gestiva il sistema dei rifiuti abruzzesi, caratterizzata da una spartizione affaristica tra Di Zio, Venturoni e Piccone. Una spartizione che, secondo la Procura di Pescara, vedeva l’affiorare di una vera e propria guerra tra bande per decidere dove costruire un inceneritore.
L’inchiesta Re Mida, con tutte le sue implicazioni, è solo la punta avanzata di un iceberg molto più ampio. Perché la gestione del ciclo dei rifiuti in Abruzzo è vicina al collasso, così come abbiamo già affermato alcuni mesi fa, e da tantissimi anni la nostra Regione è terra di conquista e di affari. Nel 1997 il procuratore Generale Bruno Tarquini, inaugurando l’anno giudiziario a L’Aquila, affermò che “In questa regione la cosiddetta fase di rischio è ormai superata e si può parlare di una vera e propria emergenza criminalità, determinata dall’ingresso di clan campani e pugliesi anche nel tessuto economico della Regione”.
Al contrario di quanto affermato negli anni da diversi politici, dall’ex presidente della Regione Ottaviano Del Turco in giù, l’Abruzzo non è più la “terra felice” che raccontano. L’Abruzzo è una regione ormai da quasi vent’anni al centro di traffici di rifiuti e degli affari della criminalità mafiosa. La posizione geografica la pone al centro della “rotta adriatica” dei traffici illegali. Un destino che condividiamo con il Molise. Ed infatti diverse sono le vicende che, a vario titolo, coinvolgono entrambe le regioni. Abruzzo e Molise sono separate solo dal Fiume Trigno. E, negli anni scorsi è stato accertato e documentato che in Molise un’immenso quadrilatero era diventato la discarica del boss Caturano. Uno dei lati del quadrilatero era la strada Trignina.
La gestione dei rifiuti è terreno di conquista di interessi privatistici e criminali, un far west dove imperversano consorterie e comitati d’affari. Un far west che si inserisce ad ogni livello e devasta. Camminando per le strade delle periferie delle nostre città o ai margini di grandi arterie viarie può capitare di incontrare enormi discariche abusive. Pensiamo che siano solo colpa dell’inciviltà e della stupidità di alcuni. Non è così. Perché nelle discariche abusive, nelle cave abbandonate, finiscono anche rifiuti industriali, tossici, nocivi. E’ non il gesto di un singolo, ma il frutto dell’agire indiscriminato di cartelli criminali. Tutto questo mentre la gestione pubblica continua a segnare inesorabilmente il passo. Nei mesi scorsi varie volte il Responsabile del Servizio Gestione Rifiuti della Regione Abruzzo Franco Gerardini ha parlato di una situazione di “pre-emergenza”. I primi allarmi del Corpo Forestale dello Stato risalgono al 2008, ormai 3 anni fa.
Valgono ancor di più oggi le parole di un anno fa “E’ arrivato il momento, una volta per tutte, di inchiodare politici, imprenditori e criminali della peggior specie alle loro responsabilità. L’Abruzzo ha sete di nomi, cognomi, indirizzi, circostanze che vanno portate alla luce del sole”. Nel piccolo dossier che si presenta oggi sono state raccolte denunce, inchieste, vicende varie che negli ultimi vent’anni hanno interessato il ciclo dei rifiuti in Abruzzo. Discariche collassate, traffici mafiosi, pessime gestioni. Le vicende sono tantissime. Non sono tutte uguali e non tutte vanno messe sullo stesso piano. Ma insieme rendono il desolante quadro generale. Sicuramente questo dossier non potrà essere esaustivo, mancheranno alcuni tasselli. Ma si è creduto importante, 365 giorni dopo l’inchiesta “Re Mida”, cominciare a soddisfare quella sete.
Il dossier è disponibile dal link [http://www.peacelink.it/abruzzo/docs/3903.rtf](http://www.peacelink.it/abruzzo/docs/3903.rtf)
Alessio Di Florio,
Responsabile PeaceLink Abruzzo
Ass. Antimafie Rita Atria