Centinaia di persone hanno ricordato le vittime del genocidio armeno avvenuto fra il 1915 e il 1922 nei territori dell’impero ottomano, sfilando per le vie di alcune delle maggiori città del paese tra cui Sofia, Plovdiv, Silistra, Ruse, Shumen, Dobrich e Pleven. Il 24 aprile corrisponde storicamente alla data in cui ebbe luogo la prima deportazione organizzata della classe intellettuale armena dall’allora Costantinopoli verso la città di Ankara, in ciò che costituì il preludio ai massacri su larga scala diretti verso l’intera popolazione. Si stima che circa un milione e mezzo di persone sia stato ucciso dalle violenze dei Giovani Turchi, guidati dal ministro dell’interno Talaat Pasha, considerato il principale ideatore del piano di eliminazione della popolazione armena. La strage degli armeni è stata riconosciuta come “genocidio” da ventinove paesi al mondo, nonché da diverse organizzazioni ed istituzioni internazionali tra cui le Nazioni Unite e il Consiglio d’Europa.
Nel 2015, in concomitanza del centenario dall’inizio delle persecuzioni, il parlamento bulgaro ha adottato una dichiarazione di riconoscimento storico di tali avvenimenti, definiti “sterminio di massa del popolo armeno nell’impero ottomano”. In tale occasione, il primo ministro Boyko Borisov ci tenne a specificare come la definizione corrispondesse all’espressione bulgara per “genocidio”, ma tale dichiarazione non ha soddisfatto chi sperava in un riconoscimento inequivocabile a livello internazionale. In realtà, già da diversi anni le municipalità cittadine di Plovdiv, Burgas, Ruse, Stara Zagora e Pazardžik riconoscono i massacri armeni come “genocidio”, un fatto che ha portato in alcuni casi a delle tensioni nei rapporti con la Turchia. Un esempio al riguardo è la sospensione del progetto di istituire una linea area low cost fra le città gemellate di Bursa e Plovdiv in seguito al riconoscimento del genocidio armeno da parte del consiglio municipale di quest’ultima.
Le commemorazioni del 24 aprile nella città di Plovdiv
Plovdiv è una città particolarmente sensibile ai temi armeni, dal momento che qui risiede la comunità più consistente del paese, ovvero circa 4000 persone sulle 12000 totali stimate nelle cifre ufficiali. Non stupisce dunque come anche quest’anno le celebrazioni del 24 aprile siano state marcate da grande partecipazione e commozione. La giornata è iniziata con una messa commemorativa nella chiesa armena apostolica “Surp Kevork”, seguita da alcuni minuti di raccoglimento davanti alla grande croce di legno (“khachkar”) situata nel cortile del complesso della comunità, fra la chiesa e la scuola armena “Viktoria e Krikor Tiutiundjian”.
Alcuni studenti hanno recitato dei versi dedicati ai loro antenati periti nel genocidio e reso onore alle vittime collocando dei fiori attorno al monumento. Nel pomeriggio, centinaia di persone, tra cui cittadini bulgari e i maggiori esponenti delle organizzazioni armene locali, hanno sfilato per la principale via della città sventolando la bandiera armena così come quella bulgara. Alla fine della marcia, terminata nella piazza centrale, è stata letta una dichiarazione con cui si esorta la Turchia a riconoscere i crimini perpetrati durante la prima guerra mondiale come “genocidio contro gli armeni”. La giornata si è dunque conclusa in un cinema della città, dove si è tenuta la proiezione del recente documentario sul genocidio armeno “Izkorenyavane” (“Estirpazione”, 2017) del regista bulgaro Kostadin Bonev, che ha avuto luogo simultaneamente in varie città del paese.
La solidarietà dei bulgari e la istituzioni culturali armene a Plovdiv
Nello stesso giorno, su diversi media è stato pubblicato un breve video in cui gli armeni bulgari si rivolgono al loro paese balcanico “adottivo”, dichiarando profonda gratitudine per l’ospitalità e la solidarietà offerte al loro popolo in diversi momenti storici. Indubbiamente, questa manifestazione di fratellanza toccò il suo apice nel periodo immediatamente successivo al genocidio, negli anni compresi fra il 1922 e il 1926, quando circa 25000 armeni in fuga dai territori turchi giunsero nel paese, grazie all’apertura dei confini voluta dall’Imperatore bulgaro Boris III per accogliere i sopravvissuti. La maggior parte dei profughi che decise di rimanere in Bulgaria si fermò proprio a Plovdiv, dove esisteva una rilevante comunità armena composita e stratificata: i primi arrivi risalivano addirittura al IX secolo e i più recenti agli anni delle persecuzioni contro gli armeni del Sultano ottomano Abdul Hamid II, avvenute fra il 1892 e il 1896.
Con l’afflusso dei nuovi rifugiati, Plovdiv confermò il suo ruolo di città multietnica, creando il terreno fertile per l’ulteriore sviluppo di importanti istituzioni culturali atte a preservare l’identità etnolinguistica di questa minoranza. A tale proposito, è importante ricordare come l’odierna scuola armena Tiutiundjian sia stata fondata nel 1834, e come diversi periodici armeni avessero visto la luce già nella seconda parte del 19° secolo. I loro attuali eredi sono il bisettimanale Parekordzagani Tzain (dell’associazione caritatevole Armenian General Benevolent Union) e il settimanale Vahan, entrambi bilingui. Sulle pagine di questi giornali il tema del genocidio è uno dei più ricorrenti, e il discorso al riguardo viene portato avanti a livello transnazionale grazie al contatto con le comunità diasporiche in diversi paesi (soprattutto Romania, Turchia, Stati Uniti, Canada) nonché in virtù del rapporto con la Repubblica d’Armenia, che ha istituito uno specifico Ministero della Diaspora.
Una casa editrice armena locale (“Armen Tur”) pubblica opere di scrittori appartenenti alla comunità di Plovdiv e della diaspora mondiale (tra cui ricordiamo l’opera di Hrant Dink, giornalista turco-armeno ucciso a Istanbul nel gennaio 2007). Ciò dimostra come vi sia una specifica volontà, accompagnata da una forte memoria culturale e identitaria, nel portare avanti le fondamentali caratteristiche che costituiscono il nocciolo vivo dell’“armenità” attraverso il tempo e la distanza.
La diaspora armena più recente e i rapporto armeno-bulgari
Nel 2005, durante la ricorrenza del 90° anno dall’inizio del genocidio armeno, la comunità di Plovdiv è riuscita a realizzare l’idea, nutrita per diversi anni, di erigere un monumento in memoria delle vittime del genocidio del 1915 e di istituire un piccolo spazio museale dedicato nella cripta della propria chiesa apostolica. In esso sono stati collocati numerosi reperti, tra cui oggetti personali, libri, foto, documenti ufficiali che le persone in fuga dai massacri sono riusciti a portare via con sé, e i cui discendenti hanno donato al museo per contribuire ad un’opera essenziale di memoria collettiva. La diaspora armena in Bulgaria ha conosciuto una nuova fase di vigore in seguito alla caduta dell’URSS e alla conseguente creazione dell’Armenia indipendente nel 1991. Contrariamente alle aspettative nutrite dalla stessa comunità diasporica, a causa delle difficoltà economiche, il paese caucasico non riuscì a catalizzare un flusso migratorio dalle comunità armene disperse in tutto il mondo. Si innescò invece un movimento contrario, mediante il quale molte persone furono costrette a trasferirsi altrove, come ad esempio in Bulgaria, in un processo migratorio che non si è ancora del tutto arrestato. Il rapporto fra armeni e bulgari continua ad essere caratterizzato da atteggiamenti positivi e di collaborazione: un fatto importante a cui si è assistito negli ultimi anni è la crescita dell’interesse da parte del pubblico bulgaro verso la cultura armena, che ha stimolato la pubblicazione di molte opere di storia e letteratura armena, anche grazie alla cattedra di Armenistica e Caucasologia istituita presso l’Università “Sveti Kliment Ohridski” di Sofia. Infine, in riferimento ai contatti interculturali fra i due paesi, non si può dimenticare il celebre poema “Armentsi”, scritto ad inizio ‘900 da Peyo Yavorov, uno dei più illustri poeti bulgari, per rendere onore agli armeni vittime dei massacri hamidiani di fine 1800, un profondo esempio di fratellanza armeno-bulgara, rimasto impresso nella coscienza di entrambi i popoli fino ad oggi.