Per oltre due anni ci siamo battuti per riuscire a dare ai bolognesi e alle bolognesi la possibilità di esprimersi su un tema molto importante: il diritto all’istruzione e la destinazione dei fondi comunali per la scuola.
In tutto questo tempo abbiamo costruito un percorso di partecipazione che ha visto coinvolte tantissime persone e che a Bologna e in Italia ha riacceso il dibattito intorno al tema della scuola pubblica, per troppo tempo trascurato e considerato secondario.
Nel corso della campagna referendaria il dibattito cittadino è stato animato da articoli sui giornali locali e nazionali, trasmissioni televisive e radiofoniche, incontri nei quartieri e nelle parrocchie e manifestazioni di piazza. L’impresa referendaria che abbiamo realizzato è un meraviglioso esempio di azione partecipata e di democrazia dal basso che chiama in causa i vertici della politica cittadina. Come tale resterà nella memoria di chi vi ha preso parte e di chi ha dovuto subirla.
Il 26 maggio scorso 86mila bolognesi hanno inteso esprimersi sul tema in questione e sono andati a votare. Con il 59%, la maggioranza ha affermato che il diritto all’istruzione dei bambini e delle bambine sarebbe meglio garantito se i fondi comunali attualmente stanziati per le scuole paritarie private venissero invece investiti nelle scuole comunali e statali. Il risultato delle urne è chiaro, proprio come lo erano il quesito che interpellava la cittadinanza e le rispettive posizioni in campo. L’obiettivo che ci eravamo prefissi dunque è stato raggiunto. Questa è l’ultima comunicazione del Nuovo Comitato Articolo 33 e la facciamo da qui, dalla Piazza che ci ha visti tante volte organizzare iniziative e che, ancora nelle 72 ore precedenti alla seduta del
Consiglio di lunedì scorso, ci ha visti alternarci davanti all’ingresso del Comune nella veste di statue viventi, con una sola semplice richiesta: rispetto per il referendum.
Perché quello del 26 maggio è stato un referendum consultivo, che non vincola l’amministrazione e il Consiglio comunale, ma senza dubbio chiama in causa il rapporto politico tra gli eletti e il popolo bolognese. La cittadinanza si è espressa, ora tocca alla politica scegliere se ascoltarla oppure fare orecchio da mercante. La responsabilità di tale scelta appartiene a ciascun gruppo consigliare e alla coscienza di ciascun consigliere. Da parte nostra, ci limitiamo a constatare che sulle politiche per l’istruzione, Bologna è oggi governata da una maggioranza PD-PdL: un segno che prefigura scenari da larghe intese, come già avviene a livello nazionale.
Se dal dibattito in Consiglio comunale risulterà che la classe politica bolognese non è disposta a recepire né in toto né in parte l’espressione dei cittadini e delle cittadine e se davanti a tale presa d’atto non vi sarà alcuna conseguenza politica, allora l’ultima richiesta del Nuovo Comitato Articolo 33 è che l’intero Consiglio,
maggioranza e opposizione, voti per la cancellazione dello strumento del referendum consultivo dallo statuto comunale di Bologna. Mantenere uno strumento formale di consultazione della cittadinanza e poi ignorare ciò che emerge dall’esercizio di tale strumento democratico è un atto di ipocrisia istituzionale, oltreché uno spreco di risorse pubbliche. Si abbia il coraggio della coerenza e si agisca conformemente.
Il Nuovo Comitato Articolo 33 si ferma qui, riservandosi soltanto di verificare la legittimità degli atti emanati dal Consiglio e la loro conformità al regolamento comunale e alla Costituzione. Non si ferma invece la lotta per la scuola pubblica bolognese e italiana. Tanto meno si cancellerà dalla memoria dei bolognesi la considerazione per il loro pronunciamento di cui il ceto politico avrà dato prova.
Potete stare certi che, comunque vada, noi non perderemo occasione di ricordarglielo. Bologna non dimentica. Grazie a tutti e tutte coloro che hanno condiviso il nostro cammino e questa straordinaria esperienza politica. Arrivederci nelle lotte.