La Francia, l’Italia, il Belgio e altri paesi europei stanno preparando investimenti e canali commerciali denominati in euro e sostenuti dagli stati, che tagliano fuori la valuta e le banche statunitensi. L’Italia da sola ha in programma di investire 5 miliardi di euro in Iran.

Di Juan Cole | (Informed Comment) | 26 febbraio 2018 |

 

Nonostante i significativi problemi economici che l’Iran affronta, e nonostante reali tensioni per la disuguale distribuzione del reddito, l’economia iraniana sta vedendo sprazzi luminosi che la stampa occidentale ammette raramente. Dopo la revoca delle sanzioni internazionali per la firma dell’accordo nucleare, in un solo anno (primavera 2016-primavera 2017) l’economia è aumentata del 16%. Ora si sta stabilizzando su una crescita regolare del 4% all’anno e sta cercando di far crescere anche i settori non petroliferi[1]. Sarà anche di aiuto la recente stabilizzazione dei prezzi del petrolio.

Qualunque progresso economico che l’Iran fa è alla faccia della forte opposizione americana e del continuo desiderio di Washington di mantenere l’Iran povero e debole. Le proteste economiche del gennaio 2018 hanno messo in evidenza le sfide che Teheran affronta nel soddisfare le persone al di fuori delle grandi città per quanto riguarda la disoccupazione e la condivisione dei progressi nazionali.

Giusto come esempio della sfida che l’amministrazione Trump affronta nell’isolare economicamente l’Iran, il commercio iraniano con la Danimarca è cresciuto dell’11% nel 2017, ma il colmo è che le esportazioni iraniane verso la Danimarca sono cresciute di quasi il 38%, con una bilancia dei pagamenti molto favorevole all’Iran. La Danimarca non è il Venezuela. È un piccolo paese conservatore del nord Europa appartenente alla NATO. Ma, come gran parte dell’Europa, ha accolto con favore l’accordo nucleare del 2015 e la conseguente rimozione delle sanzioni economiche internazionali a Teheran.

I repubblicani nel Congresso degli Stati Uniti non hanno mai accettato quell’accordo e hanno cercato di sabotarlo, mantenendo le sanzioni statunitensi sull’Iran e, in stile mafioso, minacciando gli altri che commerciano con l’Iran. Ma al mondo, semplicemente, importa sempre meno. La Danimarca e l’Iran hanno fatto 320 milioni di dollari in commercio lo scorso anno e queste sono briciole rispetto a ciò che ha in mente il resto dell’Europa.

La Francia, l’Italia, il Belgio e altri paesi europei stanno preparando investimenti e canali commerciali denominati in euro e sostenuti dagli stati, che tagliano fuori la valuta e le banche statunitensi. Il Dipartimento del Tesoro finora ha utilizzato lo status del dollaro come valuta di riserva mondiale per punire le imprese europee che fanno affari con l’Iran in dollari e utilizzando banche e altre istituzioni finanziarie statunitensi. Ma se tutti quegli strumenti statunitensi sono evitati, il Ministero del Tesoro col suo Ufficio di Controllo del Patrimonio Estero (le cui attività in gran parte confliggono con la libertà di parola e di associazione e sono probabilmente incostituzionali) ha scarso potere nei tribunali internazionali e viene battuto. L’Italia da sola ha in programma di investire 5 miliardi di euro in Iran.

Questa concertata volata economica europea verso l’Iran ha indignato e irritato il Consigliere per la Sicurezza Nazionale H. R. McMaster oltre ai governi israeliano, saudita e degli Emirati Arabi Uniti, che sperano di convincere il mondo a ristabilire le sanzioni economiche contro l’Iran nonostante il JCPOA, l’accordo nucleare. L’argomentazione secondo cui le compagnie iraniane sono di proprietà delle forze armate o delle organizzazioni paramilitari iraniane viene contrastata da una appropriata iniziativa iraniana volta ad allontanare i quadri militari dalle imprese economiche chiave, per rassicurare gli investitori internazionali.

Nella regione, l’Iran ha un surplus commerciale estremamente positivo con l’Iraq, inviando merci per oltre 6 miliardi di dollari l’anno, ma acquistando in cambio solo pochi milioni.
Anche il commercio iraniano con la Tailandia e l’Indonesia è aumentato, e Cina, India e Turchia continuano a ignorare la jihad sempre più idiosincratica di Washington contro l’Iran.

In effetti, nonostante il dimezzamento del commercio tra Iran e India negli ultimi quattro anni a causa delle sanzioni, l’India ora ha in programma un’enorme espansione degli scambi con l’Iran, e per usare il porto iraniano di Chabahar per aggirare il Pakistan e accedere ai mercati dell’Asia centrale e della Russia.

Le pressioni statunitensi sull’Iran non sono insignificanti e rallentano il suo progresso economico. Ma se si confrontano vittorie e sconfitte, non sembra che ci siano molti dubbi che l’Iran stia gradualmente vincendo.
Il progresso di Teheran è dovuto all’accordo nucleare, che ha rassicurato la maggior parte del mondo.
Teheran farà bene a tenerselo stretto.

 

Traduzione dall’inglese di Leopoldo Salmaso

[1] NDT: L’Iran è al quarto posto mondiale per riserve accertate di petrolio