Appello contro l’invasione turca di Afrin.
Dal 20 gennaio 2018 l’esercito turco, insieme a gruppi islamisti, sta attaccando la regione di Afrin, un cantone del territorio autonomo del Rojava-Siria del Nord. La maggioranza della popolazione di Afrin sono curdi, yezidi e arabi aleviti, inoltre ci vivono minoranze di siriani arabi, armeni e cristiani-assiri. La città di Afrin, collocata nell’estremo Nordovest della Siria, nonostante i ripetuti attacchi dei gruppi islamisti (Al-Nusra e altri) e dell’esercito turco, finora ha saputo difendersi e mantenere pace e stabilità. Anzi, Afrin dal 2015 ha accolto centinaia di migliaia di profughi provenienti da Aleppo e altre zone riconquistate dalle truppe di Assad. Solo fino al 20 gennaio scorso, perché ora l’esercito turco e i suoi alleati islamisti raccolti sotto la sigla FSA (armata siriana libera) non solo attaccano i campi profughi, ma causano anche nuove ondate di profughi. Ci sono già centinaia di vittime sia civili sia fra le forze di autodifesa del cantone di Afrin, centinaia di feriti in ospedali bersagliati dalle forze aeree turche. La Turchia non solo bombarda quartieri abitati con l’aviazione e da terra, ma anche le infrastrutture civili, i sistemi idrici ed elettrici, fabbriche e strade. Sono provate da registrazioni video crimini di guerra, maltrattamenti e tortura di soldatesse e civili curdi.
L’esercito turco, affiancato dalle forze islamiste, ad Afrin sta portando avanti una guerra di aggressione contro un territorio all’interno dei confini della Siria. L’attacco turco punta all’occupazione di tutto il cantone di Afrin nell’intento dichiarato di compiere una pulizia etnica. Si tratta di una palese violazione del diritto internazionale che va condannato da ogni istituzione e comunità che si fonda sul diritto internazionale. È senza dubbi un’aggravante che lo Stato aggressore, la Turchia, sia membro della NATO e del Consiglio d’Europa e che compia questi attacchi con carri armati LEOPARD di produzione tedesca e con armamenti forniti dai partner della NATO. Si tratta di un attacco militare contro le forze di difesa del Rojava-Siria del Nord che non solo si sono eroicamente difese contro l’ISIS a Kobane e in tanti altri posti del territorio autonomo, ma sono state la forza decisiva per sconfiggere l’ISIS e liberare tutti i territori occupati dall’ISIS. Si trovano sotto attacco proprio quelle forze che hanno difeso anche la sicurezza dei paesi europei.
Afrin è uno dei tre territori autogestiti della Federazione democratica della Siria del Nord. È dal 2012 che la popolazione locale sta costruendo il suo progetto di “confederalismo democratico” nonostante la guerra civile e l’embargo imposto da tutte le parti. Si tratta di un progetto politico assolutamente innovativo per tutta la regione, che coniuga l’autodeterminazione democratica con una società rispettosa dei diritti delle minoranze, con pari diritti delle etnie e religioni, di uomini e donne. Questo sistema potrà servire da modello per una Siria pacifica, democratica e federale, la grande speranza di milioni di siriani sfiniti da 7 anni di guerra civile.
Questo modello merita la nostra solidarietà. Gli attacchi turchi svuotano ogni prospettiva di soluzione pacifica e anzi destabilizzano anche tutto il Nord della Siria, esasperano la situazione umanitaria di milioni di persone finora risparmiate dagli orrori della guerra e causano nuove ondate di profughi, anche verso l’Europa. Inoltre, soprattutto le varie minoranze, curdi, cristiani, aleviti e yezidi sono seriamente confrontanti con la minaccia della deportazione e genocidio.
Nella stessa Turchia chiunque protesta contro questa guerra di aggressione viene tacciato di essere traditore della patria e terrorista. Finora più di 600 persone sono state arrestate perché si sono pronunciate pubblicamente e sui social media contro l’invasione in Afrin. Tutti i governi europei, tutti gli europei amanti della pace, della democrazia e dei diritti umani sono chiamati ad opporsi a questa guerra voluta dal regime di Erdogan. I governi europei, incluso quello italiano, devono impegnarsi all’intero dell’ONU, dell’Ue, della NATO e del Consiglio d’Europa affinché venga immediatamente fermato l’attacco dell’esercito turco contro Afrin. Tutti i governi europei e soprattutto quelli dei paesi membri della NATO devono cessare ogni rifornimento di armi alla Turchia. Per contro vanno ripresi gli sforzi per le trattative di pace fra lo Stato turco e le forze politiche curde, interrotte nel 2015, vanno riprese le trattative internazionali per una soluzione pacifica del conflitto all’interno della Siria. L’Italia e gli altri Stati europei devono riconoscere immediatamente la Federazione democratica della Siria del Nord e appoggiare l’autonomia, garantire aiuti umanitari per il Cantone di Afrin e la protezione dei profughi. La difesa di questa regione non solo è anche nel nostro interesse, ma è un atto moralmente dovuto nei confronti di una popolazione che chiede i propri diritti fondamentali. Anche se la gratitudine non è propriamente una categoria della politica internazionale, benché in Europa regni un’indifferenza desolante nei confronti delle popolazioni siriane, ci richiamiamo alla solidarietà umana con chi per anni e con enormi sacrifici ha difeso il resto del mondo contro la minaccia del terrorismo dell’ISIS.