L’e-book, di cui si tiene la prima presentazione il prossimo 11 Luglio a Napoli, nella cornice peraltro simbolica dell’ex Asilo Filangieri Occupato, già designato sede del Forum Universale delle Culture – Napoli 2013, è il primo della collana di First Line Press e porta il titolo “Vene Kosovare”. Il prodotto digitale è il frutto di un lavoro impegnativo, di narrazione e di ri-costruzione, dei due autori, il reporter Lorenzo Giroffi per la parte narrativa e la fotografa Alice Cavallazzi per la parte iconografica. Tale iniziativa è, in sé, un’opportunità, di leggere e riflettere sul contesto balcanico e il suo spaccato kosovaro e di mettere a tema una serie di riflessioni, di natura emotiva e di carattere intellettuale, legate al “corso” di queste “vene”.
L’elemento psicologico e il dato culturale finiscono naturalmente per intrecciarsi. Una inevitabile chiave di lettura dell’opera è tutta emotiva, legata cioè a quella mole di sentimenti, emozioni ed impressioni che tante esperienze di vita e di lavoro condivise ed attraversate nel contesto balcanico e, specificamente, kosovaro, hanno concorso a sedimentare e rinnovare dentro di me. Si tratta anche di un gancio di quella “connessione sentimentale” che sento di poter istruire con la narrazione di queste “vene”: la suggestione di un diario di viaggio e l’impressione di mille occasioni di incontro, di confronto e di condivisione delle quali i due autori parlano, alternando la registrazione in presa diretta di pezzi di vita vissuta e la riflessione su quanto visto e sentito, offerto all’ascolto e alla intelligenza del reporter e del fotografo non solo direttamente, tramite l’osservazione di luoghi e situazioni, ma anche indirettamente, attraverso i commenti e le risposte raccolte.
Come nella testimonianza di Jonida, a Gjakova/Djakovica, quando ricorda che: «Il Governo del Kosovo ha dato loro (ai Serbi, NDR) case, scuole, ma, ad esempio, quelli vicino Klinë hanno venduto tutto, incassato soldi che non gli spettavano e poi si sono trasferiti in Serbia». Oppure ancora come nella riflessione di Massimiliano, funzionario internazionale, secondo il quale: «Noi in effetti siamo organizzazioni politiche, le pratiche sociali sono più campo di organizzazioni non governative». Come se la realtà dei Serbi del Kosovo interno non fosse quella di una diffusa marginalizzazione, quando non enclavizzazione, e il ruolo della comunità internazionale non sia stato infinite volte, in Kosovo, ambiguo, quando non fazioso. È a questo punto che l’empatia sentimentale finisce inevitabilmente per cedere il posto ad una riflessione analitica.
Sebbene immaginato e costruito on the road, letteralmente nella forma di un diario di bordo, il percorso delle “vene” non può evitare di confluire in una più dettagliata analisi sociale e politica di quella che è la realtà kosovara odierna, la quale, come si legge nel testo, in un passaggio che, pur avendo la forma di un inciso, rivela in realtà tutta la contraddittorietà della situazione, ne fa «il “Paese” più povero d’Europa, con il 50% di disoccupazione nonostante vi sia ancora la missione europea(EULEX)più dispendiosa di sempre».
In Kosovo, come si avverte nella filigrana di questa narrazione e come la stessa esperienza di vita e di lavoro insegna, tutto si trasferisce nella sfera politica: e così diviene una scelta “politica” decidere di entrare in Kosovo attraverso l’Albania (piuttosto che attraverso la Serbia Centrale) anziché dalla Macedonia; contiene una valutazione “politica” il riferimento al Kosovo come a un “Paese” (ad oggi non è riconosciuto dalla Comunità Internazionale ed è in corso la mediazione europea sulla risoluzione delle questioni controverse);comporta un giudizio “politico” imbattersi in «Peja o Pec, dipende da chi dover far contenti, albanesi o serbi».
Chiaramente, non è detto che il segnale “politico” lanciato attraverso questi segni debba necessariamente essere esplicito o consapevole; altrettanto coerentemente può essere implicito o magari solo strumentale, funzionale al disegno complessivo della narrazione piuttosto che al connotato saliente dell’argomentazione. E qui si torna al punto di partenza: leggendo lo spaccato kosovaro, anche solo con l’occhio del viaggiatore o dell’intervistatore, come sfondo narrativo, non si può fare a meno di esercitare il rasoio dell’argomentazione, abbia quest’ultima una ascendenza di carattere emotivo ovvero una motivazione del tutto intellettuale.
Accompagnata ad una lettura analitica dello spaccato kosovaro nelle sue molteplici contraddizioni (sociali, culturali, politiche), la narrazione svolta nelle “Vene Kosovare” rappresenta senz’altro un contributo utile, una proposta stimolante, sia per gli operatori della comunicazione e della cooperazione internazionale, sia per il lettore curioso del racconto di viaggio e di missione, in un contesto controverso, “sulla strada” .
“Vene Kosovare”, con racconti di Lorenzo Giroffi e foto di Alice Cavallazzi, sarà presentato per la prima volta, con letture, proiezioni, dibattito ed un aperitivo balcanico, presso l’ex Asilo Filangieri Occupato, in V. Giuseppe Maffei 4, a Napoli, giovedì 11 Luglio 2013, con inizio alle 19.30 ed a seguire per tutta la serata. Introduce e modera Gianmarco Pisa (Corpi Civili di Pace), intervengono: Domenico Musella e Lorenzo Giroffi (redazioneFirstLinePress). Le letture sarannocurate da FiorellaOrazzo e SaraSchiavo. Segui il link dell’evento: