La chiusura del contratto degli enti locali avvenuta stanotte stabilisce in modo inequivoco che d’ora in poi i lavoratori e le lavoratrici degli enti locali avranno due datori di lavoro: quelli istituzionali e i sindacati complici. Prova ne sia l’istituzione di una commissione paritetica (art. 11) che, ancora una volta, rappresenta una “non soluzione” per i profili professionali del settore socio-educativo in particolare, ma in generale per tutte le categorie che presentano ormai contenuti professionali desueti, con inquadramenti inadeguati e con retribuzioni prossime alle soglie di povertà. Oppure l’organismo collaborativo previsto all’art. 6 (per discutere e portare al tavolo di contrattazione proposte su assunzioni, trasformazioni organizzative, lavoro straordinario, assenze del personale, incentivi etc.), che esclude le RSU dal parteciparvi e ne riserva la partecipazione ai soli firmatari del contratto nazionale.
Altra bufala sindacale l’incremento economico che risulta ben inferiore agli 85 Euro proclamati a gran voce: infatti solo i D6 (massimo livello economico del comparto) supereranno questa misura: gli altri sono tutti al di sotto! Per non parlare della “massa” di arretrato che dopo quasi 9 anni senza contratto difficilmente supererà i 300 Euro lordi. In aggiunta a questo aspetto va sottolineato che lo sbandierato affossamento del decreto Brunetta risulta peggiorato nel contratto, laddove viene sancito di destinare un premio individuale di almeno il 30% in più di valore, a un numero limitato di dipendenti (art. 69).
Ma la coperta troppo corta non vale per tutti. Vengono estratti dal fondo (destinato a tutto il personale) i soldi per le posizioni organizzative (che non saranno più contrattati); saranno decise dai vertici politici degli enti e dalla dirigenza e gli importi potranno crescere fino a 16000 euro annui (artt. 13-18): in definitiva la costituzione dell’area quadri cui scaricare le funzioni sgradite ai dirigenti (in particolare la gestione del personale e le risorse finanziarie – come lascia presagire l’art. 15, comma 2 ultimo periodo). Alla truppa viene fatta balenare l’istituzione di un gradino economico in più (uno scattino) che tuttavia difficilmente avrà risorse con cui essere finanziato (e comunque non sarà per tutti).
Infine, ma non per ultima la questione dei diritti (artt. 7-10). Per definire i contratti decentrati occorrerà un tempo variabile da 4 a 7 mesi con modalità negoziali differenti (confronto per alcune materie e contrattazione per altre) durante i quali i sindacati firmatari si impegnano a non scioperare e a non mettere in cantiere nessuna azione conflittuale e se questo non bastasse viene lasciato campo libero alle amministrazioni in caso di mancato accordo per decidere unilateralmente, seppure in via provvisoria, in materia contrattuale. Eppure, in oltre 70 articoli di contratto sono riusciti a dimenticare di adeguare contrattualmente il valore del buono pasto superando i limiti imposti dalla spending review, così come altre piccole grandi questioni. Questo contratto, al pari degli altri del Pubblico Impiego, stabilisce il futuro modello di sindacato complice. Un modello che vogliamo contrastare attribuendo un maggior peso ai candidati RSU nelle liste di SGB, che a differenza dei sindacati firmatari potrà organizzare il conflitto prima durante e dopo la contrattazione, dove questo fosse necessario.
Sindacato Generale di Base – SGB