Maria De Biase mi risponde col tono un po’ affannato di chi è immerso in un vortice di telefonate. Da qualche giorno si è avverato ciò che tutti temevano da tempo: l’istituto scolastico Teodoro Gaza verrà sottodimensionato e accorpato, e Maria, che di quell’istituto è preside, rischia di perdere il posto e dover abbandonare quel “piccolo miracolo” che ha contribuito in maniera così forte a costruire.
Ora, vi starete chiedendo, cosa ha di speciale questa scuola? L’Istituto scolastico comprensivo Teodoro Gaza di San Giovanni a Piro, nel cuore del Cilento, non è una scuola come le altre. Certo, come nelle altre scuole gli alunni (l’istituto comprende scuola materna, elementari e medie) imparano la grammatica, la matematica, la geografia e la storia. Ma a differenza degli altri istituti imparano anche a vivere senza produrre rifiuti, a fare a meno (per quanto possibile) del petrolio e dei suoi derivati, a coltivare le piante secondo i principi della permacultura. Il Teodoro Gaza infatti è la prima e forse unica scuola “di transizione” e a “rifiuti zero” d’Italia.
Tutto è iniziato sei anni fa, quando Maria De Biase decise di andar via dalla sua cittadina, Marano, nell’hinterland napoletano, “terra dei fuochi e di drammatico degrado umano, terra di camorra e di rifiuti tossici” come essa stessa la definisce, per trasferirsi nel Cilento e provare a lavorare in condizioni di “normalità”. Aveva appena vinto il concorso per dirigente scolastico e le era stato assegnato l’Istituto Comprensivo “T. Gaza”.
Da allora il percorso personale di Maria e quello della scuola hanno proceduto di pari passo. Qui Maria De Biase ha potuto applicare e sperimentare la sua passione per l’ambiente, le sue idee sulla resilienza, sulla sovranità alimentare, sull’educazione e quella voglia di cambiamento e di rinascita che chi ha toccato con mano il degrado ed il disfacimento sociale avverte forse con più forza degli altri. L’istituto ha fin da subito fatto propri i principi di Paul Connet relativi alla strategia rifiuti zero, e quelli del movimento Transition Town a cui ha aderito.
Nel corso dei sei anni sono stati portati avanti talmente tanti progetti che meriterebbero un libro intero, piuttosto che le poche righe di un articolo. Oggi la scuola ha quattro orti – più uno sperimentale su balle di fieno -, che i ragazzi coltivano assieme ai genitori sotto la supervisione di dieci docenti e due collaboratori che si sono formati facendo corsi di permacultura. Nel giardino sono stati piantati ben trenta alberi da frutto autoctoni, donati dal Parco Nazionale del Cilento e Vallo di Diano.
Parte dei prodotti degli orti e del frutteto diventano la merenda quotidiana degli alunni e degli insegnanti. Il pane con l’olio dell’albero millenario che sta nel giardino della scuola, pane e broccoli, pane e marmellata; il tutto consumato in piatti di ceramica, con posate di metallo e bicchieri di vetro. Un’abitudine che è diventata un progetto, EcoMerenda, diventato presto oggetto di interesse nazionale al punto di meritare, a Torino, il premio “Agricoltura Civica Award 2013”.
I bambini di quinta elementare hanno imparato a costruire delle compostiere domestiche; quelli di elementari e medie hanno dato il via alla raccolta dell’olio alimentare esausto realizzando migliaia di saponette assieme alla collaborazione delle nonne. Ogni anno alunni e insegnanti allestiscono un mercatino della solidarietà nel quale vendono i prodotti realizzati nei laboratori scolastici per sostenere vari progetti di solidarietà: da una scuola e un laboratorio medico in Senegal, a un orfanotrofio in India, all’aiuto alle famiglie in difficoltà per l’acquisto di libri, materiale scolastico, ticket mensa, trasporti ecc.
Ma torniamo di nuovo al presente, alla telefonata, e alla voce tesa di Maria de Biase, che pian piano si scioglie mentre mi racconta di tutti i meravigliosi progetti che ha portato avanti assieme ai suoi alunni, agli insegnanti, a genitori e parenti. Interrotti d’un tratto da una comunicazione del Ministero dell’istruzione, brutale come solo i numeri freddi possono essere, insensibili alla sostanza delle cose. Il prossimo anno la scuola non raggiungerà gli alunni necessari per poter proseguire autonomamente il proprio percorso, dunque verrà sottodimensionata. Finirà accorpata a qualche altro istituto, assegnata ad un reggente che potrebbe arrivare da molto lontano, forse da un’altra provincia, e recarvisi una volta al mese, giusto per firmare i documenti, sancendo di fatto la morte del progetto.
“La cosa ironica di tutta questa situazione – mi spiega Maria – è che la nostra scuola ha sempre portato avanti le linee volute dallo stesso ministero. Siamo all’avanguardia in molti campi, potevamo essere un fiore all’occhiello, un esempio da seguire e da esportare. Ma quando vai ad inserire i dati nel form telematico, tutto il lavoro che hai fatto, tutta la qualità che hai espresso si perde in una serie di numeri. Numeri che dicono che, per soli 15 alunni, non raggiungiamo la soglia necessaria a restare autonomi”.
“Mi dicono che devo rendere conto della perdita di alunni. Ma qui è la miseria che si porta via la gente, intere famiglie costrette ad emigrare, soprattutto coppie giovani con bambini piccoli. E nonostante tutto ci sono persone che si trasferiscono a San Giovanni a Piro apposta per far frequentare ai loro figli la nostra scuola. Due famiglie di Napoli ad esempio, e una ricca signora inglese trasferitasi qui nei dintorni che appena ha scoperto quello che facevamo ha voluto iscrivere qui il proprio figlio.”
Maria De Biase sarà costretta, entro il 6 luglio, a fare domanda di trasferimento presso un’altra scuola. I tagli all’istruzione potrebbero uccidere uno dei progetti più belli e all’avanguardia che il nostro paese conosca. Ma non è ancora il momento di gettare la spugna. Preside, insegnati e amici dell’istituto hanno ancora qualche carta da giocare. È online una petizione, che invitiamo tutti a firmare, nella quale si chiede che la scuola sia data in reggenza per il prossimo anno proprio alla De Biase, che sarebbe disposta a gestirla a titolo gratuito per tutto l’anno, per procedere in seguito all’accorpamento con la scuola che la preside andrà a dirigere in seguito alla domanda di trasferimento.
Maria mi racconta che quando Jairo Restrepo Rivera, uno dei maggiori esperti mondiali di agricoltura organica, venne a parlare al Gaza, rimase talmente colpito che affermò “una pequeña escuela puede cambiar el mundo!” (una piccola scuola può cambiare il mondo). Ora è il mondo che deve dare una mano alla piccola scuola, diamoci da fare.