Al culmine del racconto nel documentario “Che riposino in rivolta (Personaggi di Guerra)” il regista Sylvain George stringe l’ inquadratura fino alla punta delle dita di un gruppo di migranti africani. Si tratta di non più di otto uomini che aspettano la loro opportunità per attraversare il canale della Manica da Calais, nel nord della Francia, e giungere così in Inghilterra.
La sequenza è precisa e allo stesso tempo inquietante: nella più assoluta disperazione, i membri del gruppo si passano un chiodo incandescente con il quale bruciano la punta delle dita, cancellando le loro impronte digitali: lo scopo è quello di evitare di essere identificati dai sistemi informatici della polizia francese.
La violenza dei mezzi e delle politiche nei confronti degli stranieri senza documenti è la matrice politico-sociale del film di Gorge: gli arresti e le retate costanti, i processi di incarcerazione formali e informali (centri di detenzione, accampamenti in giungle urbane) le operazioni di polizia e le informazioni mediatiche strumentalizzate dal governo per fini esclusivamente propagandistici e per scopi elettorali.
Il film, vincitore dell’ultimo premio BAFICI descrive con dovizia di dettagli la vita quotidiana degli immigrati illegali in Francia provenienti dal nord Africa e da zone del Medio Oriente. Nel loro cammino, si affrontano la morte, passano giorni nel deserto oppure navigando alla deriva. Molti di loro perdono la vita fuggendo dalla guerra, dalla fame e dalla persecuzione politica o religiosa.
Negli ultimi mesi la situazione nei paesi arabi, Tunisia in particolare, e l’inizio degli attacchi alla Libia, ha incrementato il flusso migratorio. Secondo l’ONU, sarebbero 45 mila le persone che dal nord Africa sono arrivate in Europa per sottrarsi alle violenze nei loro paesi.
Di fronte a tutto ciò. L’Unione Europa ha deciso questa settimana di adottare nuove misure per limitare la circolazione sul territorio, misure in conflitto addirittura con il principio di libera circolazione della zona Schengen, sancito dallo stesso trattato nel 1995, con eliminazione dei controlli transfrontalieri tra 29 paesi europei). Così, “temporaneamente” e di fronte a “circostanze eccezionali”, l’Unione ricostruisce i suoi confini interni.
I principi di questa riforma “rispondono punto per punto a quanto richiesto dalla Francia” ha dichiarato il presidente francese Sarkozy. La misura, adottata da ventisette paesi dell’Unione è il risultato diretto di una pressione diplomatica congiunta tra Francia e Italia, dove il primo Ministro, Silvio Berlusconi, ha celebrato pubblicamente la nuova risoluzione.
Da oggi, gli Stati membri del blocco europeo possono contare su un meccanismo legale per introdurre nuovamente i controlli alle frontiere per motivi di sicurezza e ordine pubblico. Come a dire che se un paese riconosce l’incapacità politica di un altro paese europea – ad esempio, di fronte a flussi migratori di massa – avrà diritto di rafforzare i limiti alla circolazione delle persone che desiderano varcare i confini territoriali.
Impedire l’immigrazione illegale in Europa è una delle principali bandiere dei partiti conservatori che predominano nel continente. Le modifiche alla legislazione vigente in materia di libera circolazione sono una risposta diretta alle ondate migratorie recenti e alla poca fiducia in paesi come Grecia, Bulgaria e Romania a negare l’ingresso a rifugiati provenienti dalla Turchia e dall’Africa.
Questa posizione è stata, sebbene in modo lieve, contrastata dalla Svezia. Secondo i rappresentanti della diplomazia svedese la UE dovrebbe concentrarsi maggiormente nell’attrarre immigranti legali per assicurare la sostenibilità del sistema pensionistico, in difficoltà a causa dell’invecchiamento della popolazione. Nel continente, infatti, il tasso di natalità è attualmente troppo basso per sostenere le pensioni.
Cecilia Malmström, commissario in carica per l’asilo e l’immigrazione ha manifestato la sua preoccupazione per i dictat dei partiti di estrema destra e dei movimenti conservatori in materia di sicurezza. “In questo momento, la priorità è la sicurezza. Tutti le altre questioni, come i diritti degli immigrati, la protezione dei rifugiati e la solidarietà, sono lontane dall’essere risolte”, ha confermato Sergio Carrera, esperto in questioni migratorie, in alcune dichiarazioni all’Agenzia EFE.
In effetti, uno dei problemi principali dal punto di vista dell’immigrazione e dell’accoglienza dei rifugiati, è il diritto d’asilo. Alcune delle proposte fatte prevedono un peggioramento rispetto alle norme detentive, all’accesso all’assistenza sociale, l’assistenza medica e i procedimenti rapidi per l’ottenimento dell’asilo, secondo quanto dichiarato dall’organizzazione Human Rights Watch (HRW).
Judith Sunderland, la più importante ricercatrice in Europa Occidentale della HRW ha segnalato che “l’UE parla molto in questi giorni della promozione dei suoi valori in Medio Oriente e in Nord Africa ma quando si tratta di immigrati e di persone in cerca di asilo gli stessi valori vengono ignorati con troppa frequenza”. Dal suo punto di vista, l’Unione Europea si dedica di più alla protezione dei suoi confini che alla protezione degli immigrati.
La chiave di questa tutela, assicura la HRW, risiede nella riforma del Regolamento Dublino che obbligano il paese ricevente a processare la richiesta di asilo da parte dell’immigrante. Questa situazione colloca in una posizione di responsabilità sproporzionata gli stati che si trovano alle frontiere esterne della UE, sollevando invece dalla responsabilità gli altri stati.
Il caso della Grecia è molto particolare in questo senso. Da qui sono entrati in Europa il 75% degli immigrati irregolari del 2010, secondo il quotidiano El Dia de España, ma il paese ha accolto solamente 11 delle 30.000 richieste di asilo ricevute. Intanto, questi immigrati sono vittime di discriminazioni e vivono in situazioni inumane.
“L’Unione Europea sembra molto più occupata a tenere i migranti e coloro che cercano asilo fuori dalla Grecia e fuori dall’Europa che a rispettare i diritti di coloro che sono già lì” ha affermato la Sunderland. “Se si parla seriamente di garantire il diritto di chiedere asilo, è necessario correggere il Regolamento di Dublino e aiutare la Grecia a porre fine alle detenzioni abusive di immigrati” ha aggiunto.
La ONG ha espresso il suo scontento anche per l’atteggiamento europeo nei riguardi di coloro che cercano di raggiungere il vecchio continente con imbarcazioni precarie stracolme di passeggeri, qualificando insufficienti le misure adottate per proteggere e aiutare questi disperati tra i quali già si contano più di 1500 morti nei primi mesi del 2011.
HRW ha chiarito che i paesi europei devono procedere immediatamente al salvataggio degli immigrati su quelle barche ed evacuare via mare i civili più deboli intrappolati in Libia. Vale la pena ricordare che Francia, Italia e Inghilterra fanno parte di una coalizione di paesi membri della NATO che da Aprile sta attaccando la Libia.
HRW ha anche esortato l’Unione a intensificare i “processi di assestamento” degli immigrati in paesi diversi rispetto a quello di arrivo e affinché si ponga freno alle riammissioni in paesi terzi dove queste persone subiscono ogni tipo di abuso prima di processare le richieste d’asilo. “Bisognerebbe garantire, anche in quei paesi, il totale rispetto dei diritti umani” afferma la Sunderland.
Nel frattempo, e mentre vanno avanti le azioni belliche e la repressione in Nord Africa, il flusso migratorio verso l’Europa continua ad intensificarsi.
Europapress informa che il 29 Giugno più di 600 persone sono sbarcate a Lampedusa, provenienti dalle coste libiche. In tutte le imbarcazioni erano presenti donne e bambini.
La risposta italiana a questo fenomeno è stata quella di approvare una legge che ha aumentato il periodo di tempo consentito per la permanenza in una dei “Centri di Identificazione e Espulsione CIE” da 6 mesi a un anno e mezzo. Il decreto contiene il processo di espulsione forzata immediata per gli extra comunitari clandestini e i comunitari che commettono violazioni della legge.
Tradotto da Eleonora Albini