In Italia c’è un numero crescente e sempre più significativo di lavoratori e lavoratrici che sono de facto esclusi dal sistema di diritti, regole e tutele previsto dalla legislazione sul lavoro. Per loro l’italianissimo Statuto dei Lavoratori ha la stessa valenza del codice della strada della Nuova Zelanda. Sulla carta vale anche per loro il diritto costituzionale di sciopero e di libera associazione sindacale, ma guai a esercitarlo, perché poi arriva il licenziamento e, se va male, pure le botte della polizia. Ed è tutto in regola, tutto legale.
Si tratta di lavoratori in nero o precari o, in misura crescente, dipendenti da imprese e cooperative che lavorano in regime di appalto, subappalto e subsubappalto. È una parte del mondo del lavoro in continua espansione, dove decenni di conquiste sociali sono state spazzate via e dove vigono livelli salariali inferiori e spesso infami (ovvio, perché in ultima analisi il senso del tutto è proprio questo). Si tratta di una piaga che invade e pervade ormai tutta l’economia, dal privato al pubblico, e tende ad essere persino dominante in alcuni settori strategici, come nella logistica e nella movimentazione merci.
Non è un caso che in questi anni alcune delle lotte più dure si stiano dando nella logistica. Lì, come ti muovi, scatta immediatamente e pesantemente la repressione. Infatti, il settore è troppo importante e le aziende coinvolte troppo potenti. Già, perché quei lavoratori, privi dei diritti più elementari, pur dipendendo contrattualmente da imprese e cooperative sconosciute, di fatto lavorano nella movimentazione merci di autentici giganti, come l’Ikea, LegaCoop, il Gigante, la Granarolo eccetera.
Vi ricordate, per esempio, del brutale intervento di polizia di un anno fa contro i facchini in sciopero a Basiano, nel milanese? Comunque, i fatti sono molti e testimoniano di un nascente movimento di lotta nel settore, che nel frattempo ha realizzato anche due scioperi nazionali, grazie al sostegno di alcuni sindacati di base (SiCobas, Adl Cobas, Conf. Cobas Lav. Privato).
La tensione più alta è stata raggiunta finora in Emilia-Romagna, regione che ospita molti snodi logistici, con la lotta ai magazzini dell’Ikea di Piacenza e gli scioperi e i blocchi a Bologna. In quelle occasioni, oltre gli ormai consueti interventi delle forze dell’ordine, c’è stato anche un salto di qualità nel tentativo di limitare l’esercizio dei diritti sindacali: a marzo il Questore di Piacenza ha dato un foglio di via a un dirigente sindacale del SiCobas, Aldo Milani, e poco tempo dopo, in seguito agli scioperi alla Granarolo e alla LegaCoop di Bologna, è intervenuta persino la Commissione di Garanzia Sciopero, decretando che le norme restrittive della legge 146/90 vanno d’ora in avanti applicate anche nella logistica.
Ma poi, appunto, lo strumento principale di repressione dei lavoratori rimane sempre il licenziamento. E così, per far capire a tutti che bisogna stare zitti e buoni e che è vietato scioperare, sono stati licenziati 41 operai che lavoravano per la movimentazione merci della Granarolo di Bologna. Su questa vicenda si e sviluppata una battaglia generale e il 29 giugno scorso c’è stata anche una giornata di mobilitazione davanti alla Granarolo, dove sono state decise nuove mobilitazioni e scioperi ed è stato lanciato un appello sul piano nazionale per una campagna di boicottaggio dei prodotti Granarolo (qui il resoconto dell’assemblea del 29).
Ebbene, io penso che quei lavoratori non vadano lasciati da soli, che vada sostenuta la loro mobilitazione, che peraltro non è per la luna, ma molto più banalmente per il rispetto dei diritti più elementari, come un salario decente, il rispetto dei contratti (a proposito di “esigibilità”…), il posto di lavoro. Questo significa concretamente sostenere la campagna per la riassunzione dei 41 licenziati a Bologna. E uno strumento immediato c’è: sospendiamo fino al reintegro dei 41 l’acquisto dei prodotti Granarolo (i prodotti sono tanti e per sapere quali sono basta consultare la lista).
Per chi sta a Milano, segnalo inoltre un presidio a sostegno della campagna di boicottaggio, organizzato dal Csa Vittoria e dal SiCobas, per sabato 6 luglio, alle ore 16.00, all’Ipercoop di viale Umbria.