Se in Germania si avanza la proposta di una settimana lavorativa di 28 ore, perché qui in Italia siamo ancora lontani anni luce da questa prospettiva? Sì, una ragione c’è. Ma non è detto che non si possa cambiare.
Abituati a pensare ai tedeschi come lavoratori indefessi che lavorano 20 ore al giorno, ci potrebbe stupire conoscere perché è stato recentemente approvato un accordo nel settore metalmeccanico, ad iniziare dalla regione del Baden Wuerttemberg, per avere la possibilità di lavorare 28 ore a settimana. Ma come è possibile che i tedeschi, campioni di tutto, possano lavorare così poco? Chi conosce i tedeschi e la Germania avrà notato che più che lavorare tanto, sono bene organizzati ed efficienti.
E quando si è bene organizzati ed efficienti, un’ora di lavoro vale il doppio o anche di più. Ma questi sono concetti troppo sopraffini e complessi per essere compresi da economisti e manager nostrani, forniti di eccelsi studi e master di ogni tipo. Bastano esempi banali per capirlo: se siamo in un ufficio o in un cantiere dove regna il caos, si perderanno interi giorni all’anno solo per cercare quello che non si trova. Se le riunioni di lavoro sono organizzate come una convention di persone dedite all’uso massiccio di marjuana, difficilmente otterremo risultati efficaci. Se è assolutamente normale dare un orario e poi iniziare la riunione almeno mezz’ora dopo, aspettando gli arrivi delle persone alla spicciolata, è evidente che perderemo complessivamente in un anno molti giorni di lavoro.
Quando in Italia si cerca di essere seri, organizzati, precisi, puntuali, soprattutto nel settore pubblico o nel terzo settore, si viene quasi sempre tacciati di eccessiva rigidità, di essere tedeschi appunto. Quindi per non essere “tedeschi”, gli italiani lavorano molto di più e male dei tedeschi. Lo confermano i dati dell’OCSE del 2017 che ci dicono che i tedeschi lavorano trecentocinquanta ore all’anno meno dei Pulcinella. L’accordo fatto sulle 28 ore in Germania è stato raggiunto anche per dare la possibilità ai genitori di stare maggiormente con i figli e gli anziani. Incredibile, ci si sta accorgendo che molto più dei soldi è importante il tempo. Cosa ci fai infatti con i soldi se non hai nemmeno il tempo di stare con i tuoi cari, di leggere un libro, di fare una passeggiata, di coltivare una passione? Come lavorerai leggero, felice e concentrato se sai che quello che stai facendo ti sta portando via il tempo per quello che ami di più?
Quando nel 1992 iniziai a lavorare proprio in Germania al Centro per l’energia e l’ambiente di Springe nei pressi di Hannover, c’era la formula lavorativa per la quale si poteva scegliere di lavorare anche solo 25 ore settimanali e ciò era stato pensato proprio per dare la possibilità a chi aveva figli e famiglia di poterla seguire adeguatamente senza dover pagare baby sitter e senza rischiare di vedere poco e male i figli o i propri cari. E nonostante il salario fosse comunque mediamente inferiore a quello che si percepiva esternamente al Centro, le persone, dato che facevano parte di un modo di vivere sobrio e che trovavano la loro soddisfazione non nell’acquisto di merci superflue ma nel fare una attività che gli piaceva e che aveva senso, vivevano tutti dignitosissimamente e senza che gli mancasse nulla. Per la cronaca, il Centro lavora dal 1981 ed è tutt’ora vivo, vegeto e in piena forma e la formula delle 25 ore lavorative era stata pensata a metà/fine anni ottanta, quindi trenta anni prima del recente accordo in Baden Wuerttemberg, ma meglio tardi che mai….
Ed ecco quello che accadrà sempre di più prossimamente, le persone credendo sempre meno alle esigenze del falso mondo della pubblicità e degli assurdi status symbol, ritorneranno a prediligere quello che li fa stare bene, la relazione con i figli, con i propri cari, con gli amici, con la natura e lavoreranno il giusto. Rideranno di quando pensavano che fare le rate per comprarsi una auto nuova, sembrava fosse indispensabile e invece era solo una delle tante follie architettate da chi le macchine o ogni tipo di superflua cianfrusaglia ce le voleva assolutamente vendere in cambio della nostra libertà e della nostra felicità.