Continuano da vari settori della società i commenti al Piano Nucleare degli Stati Uniti presentato in questi giorni dall’amministrazione Trump.
Netta la presa di posizione di mons. Silvano Maria Tomasi, del Dicastero per il Servizio dello sviluppo umano integrale, come riporta Radio Vaticana.
“A me sembra che abbiamo fatto un passo indietro nella storia- e si ritorna a quella che durante la Guerra Fredda era una competizione tra chi ha le armi più potenti per cercare di avere più influenza sulla situazione internazionale. La corsa agli armamenti ricomincia ed è veramente un passo che disturba profondamente la situazione attuale. Da una parte si cominciano a reinvestire enormi capitali nelle armi invece che nei servizi sociali che sono necessari alle persone che hanno bisogno di curare la propria salute o di mangiare o di svilupparsi; e dall’altra creiamo una tensione nuova – che non era necessaria – tra potenze nucleari. Quindi in questo momento siamo arrivati a una situazione che non promette molto di buono. E’ una riaffermazione di potenza che stimola la competizione e aumenta il rischio che per accidente o per calcolo scoppi qualche testata atomica, creando delle conseguenze che non sappiamo come anticipare e come gestire una volta che questa catena di botta e risposta potesse cominciare”.
E rispetto alle pretese minacce a cui, secondo il Pentagono, è necessario rispondere Tomasi dichiara: “La minaccia nasce dalla corsa agli armamenti perché se uno si provvede di strumenti di attacco che sono nuovi e di una sofisticatezza tecnologica più raffinata, altri dovranno o vorranno mettersi in moto per avere la stessa capacità, se non la volontà di superarla. Quindi il ragionamento diventa un circolo vizioso. Mi pare che dobbiamo ascoltare la voce di Papa Francesco che anche, recentemente, nel viaggio che ha fatto in Cile e Perù, ha ripetuto il monito che la corsa agli armamenti atomici e l’uso di questo mezzo di distruzione deve essere eliminato e dobbiamo tutti lavorare per creare relazioni internazionali basate sulla fiducia e non sulla minaccia reciproca. Questa è la strada che porta alla pace e allo sviluppo e non la corsa agli armamenti”.