Aderisco alla giornata di digiuno del 10 dicembre 2017 per l’abrogazione dell’ergastolo.
Mi è sempre sembrato evidente che condannare una persona alla detenzione fino alla morte – con ciò privandola per sempre della quasi totalità delle libertà personali e delle relazioni sociali al di fuori delle quali l’umanità è pressoché annichilita – costituisce quasi una sorta di condanna a morte in forma differita attraverso una segregazione senza speranza che si configura come una tortura senza scampo.
La Costituzione della Repubblica Italiana, che all’articolo 13, comma quarto, stabilisce che “è punita ogni violenza fisica e morale sulle persone comunque sottoposte a restrizioni di libertà”, e che all’articolo 27, comma terzo, stabilisce che “le pene non possono consistere in trattamenti contrari al senso di umanità e devono tendere alla rieducazione del condannato”, ed al comma quarto del medesimo articolo ribadisce che “non è ammessa la pena di morte”, ebbene, inequivocabilmente dichiara la flagrante illiceità della pena dell’ergastolo.
Ogni essere umano ha diritto alla vita e alla dignità; e così come è inammissibile l’omicidio, è altresì inammissibile la perpetua segregazione di una persona dall’umanità e l’imposizione dell’incessante tortura del sapersi per sempre privati di tantissima parte di ciò che rende umana l’umana esistenza.
Peppe Sini, responsabile del “Centro di ricerca per la pace e i diritti umani” di Viterbo
Viterbo, 8 dicembre 2017