Durante un’ispezione nel 2001, una squadra di esperti dell’organizzazione per la proibizione di armi chimiche (OPAC) ha confermato la presenza a Panama di armi chimiche statunitensi, abbandonate lì, insieme ad altri materiali militari e agenti inquinanti bellici, dalle forze armate degli Stati Uniti quando, in conformità ai Trattati del Canale, firmati nel 1977 dai governi di Omar Torrijos e di James Earl Carter, avevano dovuto lasciaro il territorio panamense.

Nel 2002 l’OPAC effettuò una nuova ispezione a Panama, su richiesta del governo di questo paese, visto che Washington rifiutava categoricamente di ammettere che le armi chimiche lì abbandonate fossero statunitensi. La missione dell’OPAC ha confermato, senza ombra di dubbio, l’origine di quel materiale altamente pericoloso, rinvenendone persino altre unità.

Secondo la convenzione sulle armi chimiche, i paesi che le hanno prodotte, conservate, trasportate, utilizzate o commercializzate sono tenuti a distruggerle negli stessi territori di destinazione, e poi rimuoverne i residui, in modo tale che la rimozione e la bonifica del territorio siano totali e definitivi.

Il direttore generale dell’OPAC, Ahmet Üzümcü, è stato conciso ma inequivocabile nel presentare il rapporto della segreteria tecnica durante la terza conferenza di revisione della convenzione, l’aprile scorso: “La distruzione delle otto armi chimiche segnalate da Panama come abbandonate, e come verificato dal Segretariato nel 2002, non è ancora stata avviata”. L’ambasciatore José Manuel Terán, rappresentante permanente panamense presso l’OPAC, ha a sua volta sottolineato:

Nel caso di Panama, a cui il direttore generale faceva riferimento […] vari stati partecipanti alla presente convenzione […]hanno portato avanti esperimenti vietati […] utilizzando bombe con componenti chimici che rimangono letali (e) la questione della distruzione di queste armi chimiche, abbandonate nell’isola di San José […] ancora non è stato risolta.”

Questo rappresenta un pericolo latente per la vita umana, gli animali e l’ambiente, e limita il potenziale sviluppo turistico dell’isola. La Repubblica di Panama […] in ottemperanza agli obblighi stabiliti nella convenzione, riprenderà le trattative diplomatiche con gli Stati Uniti, per raggiungere un accordo. Confidiamo che la buona volontà prevarrà alla fine sulle nostre differenze”.

L’isola di San Jose è la seconda più grande dell’arcipelago di Las Perlas, situato nel Golfo di Panama nell’Oceano Pacifico, a 80 chilometri dal canale. Ha un’estensione di circa 44 chilometri quadrati e la sua principale attività economica è il turismo. La vicinanza geografica di Panama a Costa Rica e Colombia dovrebbe accendere un segnale di allarme sul potenziale inquinamento della regione provocato dalle armi chimiche che gli americani rifiutano di distruggere e rimuovere.

Se il governo panamense dovesse assumersene l’onere al loro posto, il costo relativo stimato sarebbe di centinaia di milioni di dollari, un carico economico troppo pesante per l’economia del paese. Al contrario, gli Stati Uniti hanno tutte le risorse tecniche, tecnologiche e finanziarie per effettuare l’operazione senza grandi problemi.

Inoltre, anche in caso di qualche riferimento a “esperimenti” nel quadro della seconda guerra mondiale, è di grande importanza svolgere un’indagine approfondita e far sapere al popolo panamense, ai paesi latino-americani e all’opinione pubblica internazionale, come e per quali motivi Washington abbia trasportato armi chimiche a Panama, e anche le ragioni che li hanno portati ad abbandonarle irresponsabilmente, nonostante il rischio molto elevato che rappresentano per la popolazione civile e l’ambiente.

Non bisogna dimenticare che, a parte Costa Rica e Colombia che sono le nazioni più vicine a Panama, altri paesi, dal Messico al Venezuela, potrebbero subire le conseguenze di un incidente causato da armi chimiche, che, per quanto è dato sapere, conservano le loro capacità letali.

Traduzione dallo spagnolo di Giuseppina Vecchia