Gli avvocati di Milagro Sala hanno fatto ricorso contro la sentenza della Corte d’Appello che ha revocato i domiciliari alla dirigente sociale.
La difesa di Milagro Sala ha fatto oggi ricorso contro la sentenza della corte d’Appello che ha revocato la detenzione ai domiciliari della deputata del Parlasur. Tra i punti cardine, sono stati rilevati la responsabilità internazionale dell’Argentina; la sentenza violerebbe la misura cautelare dettata dalla Commissione Interamericana dei Diritti Umani (CIDH). E’ stata inoltre evidenziata una conoscenza del tutto insufficiente da parte dei giudici Néstor Hugo Paoloni, Gloria María Mercedes Portal de Albisetti ed Emilio Carlos Cattan i quali, nei fondamenti giuridici, hanno confuso la CIDH con la Corte Interamericana dei Diritti Umani (Corte IDH) che, sebbene faccia parte del sistema interamericano, possiede regole e competenze diverse; nell’analisi dei contenuti che devono essere soddisfatti per l’ottenimento della detenzione ai domiciliari, hanno ignorato il rango costituzionale dei trattati internazionali che hanno carattere sovrannazionale; hanno utilizzato un concetto errato relativo al principio di uguaglianza rispetto agli altri detenuti in custodia cautelare e, in ultimo, hanno posto in essere un altro atto persecutorio e di violazione del legittimo esercizio del diritto alla difesa, sottolineando che nessuna condanna è stata finora emessa nei confronti di Milagro Sala. A loro volta, hanno denunciato che la Corte d’Appello ha compromesso il buon esito del processo non avendo notificato alla difesa il ricorso presentato dal Pubblico Ministero e su cui hanno basato la sentenza, scartando tutte le argomentazioni degli avvocati della dirigente sociale.
Una delle prime contestazioni della difesa al momento del ricorso in giudizio presso la Corte d’Appello è stato il fatto secondo cui i giudici hanno ignorato il carattere obbligatorio delle risoluzioni dettate dalla CIDH così come stabilito dalle Costituzione Nazionale, nonché dalla Carta dell’Organizzazione degli Stati Americani (Carta OEA), dalla convenzione Americana dei Diritti Umani (CADH) e dal Regolamento della Commissione Interamericana dei Diritti umani. Inoltre, la vigente giurisprudenza della Corte Suprema ha precisato che le risoluzioni della CIDH sono obbligatorie.
Nel formulare le accuse, i giudici hanno citato la sentenza Fontevecchia, che non ha nulla a che vedere col caso di Milagro Sala, per due ragioni. In primo luogo, perché in quel caso, si tratta di una risoluzione della Corte IDH e non della CIDH. E in secondo luogo, perché nel caso “Fontevecchia”, la Corte Suprema di Giustizia della Nazione (CSJN) stabilisce che le risoluzioni degli organismi internazionali sono obbligatorie, ma non possono revocare le sentenze della CSJN. In questo caso, la custodia cautelare non revoca alcuna sentenza dell’Alta Corte ma riguarda una situazione urgente che, in caso di mancata scarcerazione della deputata del Parlasur, potrebbe creare un danno irreparabile.
I giudici Cattan, Paoloni e Portal de Albisetti, d’altro canto, osservano i requisiti della custodia cautelare in base alla normativa legale nazionale, di rango inferiore a quella della Costituzione Nazionale e alla Convenzione Americana. La Convenzione di Vienna non lascia dubbi quando, nell’art. 27, afferma che “una parte non può invocare le disposizioni della propria legislazione interna per giustificare la mancata esecuzione di un trattato” e, nell’articolo 29, stabilisce che “un trattato vincola ciascuna delle parti per tutto l’insieme del suo territorio”.
D’altro canto, l’impianto accusatorio dei magistrati relativo ai requisiti che impone la legge in relazione alla custodia cautelare è altresì incorretta, poichè la CIDH stabilisce che il cambiamento della modalità di detenzione deve essere autorizzato in base ai rischi per la vita di Milagro Sala all’interno del carcere, derivanti dalle molteplici vessazioni a cui è costantemente sottoposta. Inoltre, e confondendo la cosa, sostengono che viene violato il principio di uguaglianza e che tutti coloro che sono sottoposti custodia cautelare potrebbero reclamare lo stesso, il che è errato dato che tutti sono uguali di fronte a uguali circostanze.
Un altro argomento fallace da parte dei giudici è il ritenere che il caso sarebbe dovuto essere risolto dalla Corte Suprema di Giustizia della Nazione, dato che lì pendono i ricorsi straordinari inerenti la custodia cautelare della deputata del Parlasur. L’utilizzo di tale impianto accusatorio, ha segnalato la difesa, è errato, dal momento che la CIDH non si è pronunciata sul tema di fondo – che effettivamente è questo- bensì sull’irreparabilità del danno a cui è stata sottoposta Milagro Sala durante la detenzione in carcere.
Un altro dei punti confutati dalla difesa, sono state le argomentazioni di Portal de Albisetti che ha concluso che le condizioni detentive di Milagro Sala erano buone per la quantità di visite che aveva ricevute in carcere, l’aver trascorso la Vigilia di Natale col governatore di San Luis e aver festeggiato il carnevale.
In definitiva, hanno rilevato gli avvocati “la decisione a cui è stato fatto ricorso, costituisce un evidente caso di sentenza arbitraria. Lungo tutto il ragionamento fatto, i magistrati effettuano ripetute citazioni di giurisprudenza obsoleta, o che non tratta il tema preso in esame e disconoscono in maniera assolutamente perversa la dottrina vigente della Corte Suprema di Giustizia della Nazione sulla questione da trattare”.
“Quanto affrontato dalla Camera non comporta soltanto esporre lo Stato Argentino ad una posizione di responsabilità di fronte al consesso delle nazioni, ma implica mettere in gioco la vita e l’integrità personale di Milagro Sala, mediante il trasferimento in un luogo in cui il massimo organismo internazionale dei diritti umani ha detto che rischia la sua stessa sopravvivenza” hanno concluso gli avvocati,
Traduzione dallo spagnolo di Cristina Quattrone