Il sospetto di brogli elettorali durante le ultime elezioni di Haiti, come anche per le elezioni precedenti, è un’ombra che oscura il paese. Aspettando un’opportunità post elettorale, da una parte c’è J.C. Duvalier (“Baby Doc”) mentre dall’altra spera Jean-Bertand Aristide, il presidente democratico cacciato dagli USA nel 2004.
Il Consiglio Elettorale Provvisorio di Haiti ha annunciato che posticiperà alla settimana prossima la pubblicazione dei risultati elettorali del secondo turno delle presidenziali. Era prevista per il 31 marzo, 11 giorni dopo le elezioni. Il termine era già più che prudente considerati i 3,5 milioni di votanti. Ma è risultato insufficiente, e questo lascia supporre la dimensione delle irregolarità e dei brogli.
A causa delle anomalie e dei brogli scoperti conteggiando i voti, il Consiglio ha deciso di rimandare la data al 4 di Aprile, come comunicato dal presidente, Galliot Dorsinvil, giacché “i problemi emersi obbligano ad adottare misure di verifica più severe che ritardano il conteggio”.
Un’agenzia della “Pulsar” informa che “i candidati che hanno partecipato al ballottaggio del 20 Marzo scorso, la conservatrice Mirlande Manigat e il cantante popolare Michel Martelly, si sono dichiarati entrambi vincitori”, un atteggiamento a dir poco irresponsabile.
L’Organizzazione degli Stati Americani (OSA) e la Comunità Caraibica (CARICOM) hanno espresso la loro preoccupazione per e inquietudine per l’atteggiamento dei candidati alla Presidenza e al Congresso di Haiti nel dichiararsi vincitori. Queste manipolazioni possono infatti aumentare la tensione già presente nel popolo haitiano, come già accaduto durante il primo turno elettorale. Proprio i brogli hanno costretto a modificare il risultato che si era inizialmente diffuso lasciando fuori il candidato del partito al governo, Jude Celestin.
Si sa che un clima di instabilità politica può fomentare i piani della destra sanguinaria di Duvalier la cui infausta presenza si è insediata nel paese, confondendo i cittadini haitiani.
Il ritorno di Jean-Bertrand Aristide, primo ministro eletto democraticamente, e probabilmente il politico più popolare al momento, risale al 17 marzo. Il suo rientro dall’esilio in Sudafrica è finito e la sua presenza può essere un elemento di pacificazione. Giusto l’opposto piano della bilancia rispetto a quello che occupa Duvalier. Sempre che gli USA lo permettano.
Ricordiamo che quando era presidente, Aristide non scelse di andarsene ma fu sequestrato – come Manuel “Mel” Zelaya in Honduras – ed espulso dal governo da truppe militari nordamaericane che, vestite da civili, lo accompagnarono ad un aereo che lo portò in Sudafrica, dove rimase per ben 7 anni, fino a quando ottenne il passaporto dall’attuale governo di René Garcia Preval.
Nell’apprendere la notizia, proprio il presidente Obama ha cercato di impedire il suo imminente viaggio ad Haiti, come informa WikyLeaks, chiamando il presidente sudafricano Jacob Zuma per esprimere la sua “profonda preoccupazione” di fronte al possibile rientro di Aristide.
Dall’aeroporto e prima di giungere nella sua casa alla periferia di Port o Prince – casa che ha mantenuto durante l’esilio – Aristide si è rivolto alla popolazione e con un gioco di parole ha detto: “il problema è l’ esclusione e la soluzione è l’inclusione. Escludere Fanni Lavas – del suo partito – significa escludere la maggioranza e quindi escludere proprio il ramo sul quale siamo tutti seduti. Il problema è dunque l’esclusione. La soluzione è includere tutti gli haitiani, senza discriminazioni, perché tutti siamo persone.”
Un punto di vista molto vicino all’Umanesimo.
[http://spanish.news.cn/iberoamerica/2011-03/19/c_13786838.htm](http://spanish.news.cn/iberoamerica/2011-03/19/c_13786838.htm)
Tradotto da Eleonora Albini