La Rete per la giustizia fiscale (RJF, Réseau pour la Justice Fiscale), che lotta in Belgio da oltre 15 anni in particolare per eliminare il segreto bancario fiscale, sottolinea la grande importanza che rivestono le rivelazioni di giovedì 4 aprile riguardanti i conti segreti offshore di decine di migliaia di società e di privati. Contro queste pratiche scandalose, devono essere prese misure come, per esempio, il divieto di paradisi fiscali nell’Unione europea. Al pari dell’OCSE, della Commissione europea e anche delle Nazioni Unite, l’RJF ritiene che i paradisi fiscali (territori a debole tassazione, senza trasparenza verso le autorità fiscali, accoglienti per i non residenti e che sviluppano leggi fiscali particolarmente lassiste) sono luoghi di corruzione e di concentrazione di evasione fiscale. Appoggiandosi ad una rete bancaria iper-sviluppata e su centri finanziari off-shore (come la City, il vicino Lussemburgo o il Delaware (USA)), più di 72 paesi o territori sviluppano così un’alta densità di flussi finanziari e reti bancarie, sproporzionati rispetto al loro PIL (e quindi all’attività economica reale). Secondo le stime, i paradisi fiscali nasconderebbero dai 20.000 a 30.000 miliardi di dollari.
In un recente rapporto dell’OCSE si evidenziava una diminuzione della base imponibile delle società transnazionali, a seguito di trasferimenti di profitti verso i paradisi fiscali.
A testimonianza di ciò, le recenti notizie riguardanti le tasse quasi nulle pagate da società ad alta tecnologia che pure hanno profitti importanti, come Google, Apple, Amazon… Queste situazioni si spiegano con la delocalizzazione degli utili tra filiali verso paesi che si prestano a questa concorrenza sleale come il Lussemburgo, l’Irlanda e Paesi Bassi…
Allo stesso modo, le compagnie minerarie occidentali presenti in molti paesi in Africa o in America Latina si prestano allo stesso gioco, impoverendo così un sempre più alto numero di paesi in via di sviluppo.
Anche il Belgio partecipa a questa competizione all’interno dell’Unione europea: la deduzione degli interessi virtuali, l’assenza di imposta sui guadagni di borsa, la persistenza di un segreto bancario fiscale che non può essere sollevato che sulla base di indizi di frode già provata, l’assenza di tassazione sulle grandi ricchezze ne fanno un territorio particolarmente attraente per i centri finanziari delle multinazionali come pure per i possessori di grandi ricchezze ansiosi di sfuggire alle tasse, come testimoniano gli esodi fortemente pubblicizzati dai mass media di Bernard Arnault e Gérard Depardieu…
La competizione fiscale non data da oggi. Essa si basa su un esercito di consulenti fiscali e avvocati, di uffici contabili e di revisori di conti incaricati di rendere “legali” queste evasioni, ma impoverisce di altrettanto il gettito fiscale dei diversi Stati. È stata facilitata da decisioni politiche iniziate negli anni della Thatcher e di Reagan, le cui orme sono state poi seguite da quasi tutti i paesi. Grandi banche operanti in Belgio, e di cui lo stato belga è oggi proprietario o azionista, come BNP Parisbas, Belfius e Dexia, KBC, posseggono molte filiali situate nei territori in questione e quindi sono importanti vettori di frode e di evasione fiscali. Cercate un po’ la coerenza con gli sforzi di bilancio dei nostri governi…!
C’è dunque molta ipocrisia nell’indignazione presente: tutto questo è tollerato da tanto tempo ed è il risultato di decisioni politiche.
In Belgio, le 108 raccomandazioni della Commissione parlamentare d’inchiesta sui grandi dossier di frodi fiscali non sono state seguite da misure efficaci in molti settori. Dobbiamo chiederci il perché?
No, non è cambiato nulla…! Tutto continuerà così…?
Speriamo almeno che le rivelazioni non rimangono senza seguito, specialmente a livello di ISI [Ispettorato speciale delle imposte] e di giustizia!
Traduzione dal francese di Giuseppina Vecchia