di Daniela Patrucco*
L’inquinamento atmosferico causato dalla movimentazione via mare di merci e passeggeri è finalmente entrato nel dibattito pubblico. Limiti di emissioni, tipologie di carburanti e livelli di controlli che a terra sarebbero impensabili in mare costituiscono ancora la norma e determinano impatti ambientali e sanitari importanti, in particolare nelle città portuali.
La campagna “Facciamo Respirare il Mediterraneo”, lanciata oltre un anno fa a Genova dalla Onlus Cittadini per l’Aria, ha come principale obiettivo la riduzione dell’inquinamento derivante dal traffico marittimo. Particolare attenzione è dedicata alle città di porto, nelle quali la movimentazione di passeggeri e merci impatta direttamente sulla salute dei residenti.
L’opportunità che le compagnie di navigazione adottino le migliori tecnologie disponibili per la riduzione delle emissioni in atmosfera è stata oggetto di diversi incontri nell’ambito dello Shipping Week di Genova**. “Responsabilità sociale d’impresa” è la parola d’ordine con cui le maggiori compagnie del settore si dichiarano impegnate nella “sostenibilità ambientale”. Impegnate chi, quanto, dove e come? E soprattutto, con quali risultati? Tra greenwasher e “vorrei non posso” c’è qualche soggetto che accetta la sfida della sostenibilità, nonostante la insufficiente sensibilità istituzionale.
Diversi gli stimoli e le sollecitazioni che Cittadini per l’Aria ha indirizzato ai diversi stakeholder, a livello nazionale e locale. Al livello locale gli obiettivi della Onlus riguardano 1) l’ottenimento di ordinanze finalizzate all’utilizzo di combustibili a ridotto contenuto di zolfo, all’interno delle acque territoriali e in concomitanze dei porti di scalo; 2) l’istituzione di sistemi incentivanti per gli armatori a parziale copertura dei maggiori oneri; 3) l’intensificazione dei controlli alle navi e la relativa pubblicazione degli esiti; 4) la realizzazione di infrastrutture portuali e l’implementazione di pratiche anche organizzative che agevolino l’utilizzo di ogni sistema in grado di abbattere il carico di emissioni.
Civitavecchia: luci e ombre di un accordo volontario sottoscritto da un solo armatore.
Civitavecchia è uno dei porti italiani in cui Cittadini per l’Aria si è attivata ottenendo dall’Amministrazione comunale l’istituzione di un tavolo di lavoro (29 marzo 2017) partecipato. Al tavolo hanno partecipato, oltre alla stessa Onlus, comitati e associazioni locali, Autorità Portuale e Capitaneria di Porto. In questo ambito Cittadini per l’Aria ha chiesto 1) l’emanazione di un’ordinanza che prescrivesse per gli armatori l’utilizzo di combustibile a basso contenuto di zolfo (0,1%) entro le acque territoriali (12 miglia dalla costa); 2) il sostegno agli armatori da parte dell’Autorità Portuale attraverso incentivi/disincentivi sulle tasse connesse all’ormeggio e 3) la pubblicazione dell’esito dei controlli effettuati dalla Capitaneria di Porto sulle navi in transito nel porto di Civitavecchia.
Sebbene Cittadini per l’Aria avesse chiesto l’emissione di un’ordinanza (con valore vincolante) la Capitaneria di Porto di Civitavecchia ha preferito optare per un accordo volontario che ha proposto per la firma a un numero selezionato di armatori. Si tratta del Civitavecchia Blue Agreement che, a distanza di pochi mesi dalla sua introduzione, suggerisce alcuni opportuni correttivi meriterebbero l’attenzione delle istituzioni locali. Nell’ottica del miglioramento continuo, la valutazione della adeguatezza degli strumenti impiegati e dei risultati conseguiti sarebbero necessari.
Questa la situazione che si è determinata con l’introduzione dell’accodo volontario:
le prescrizioni e i vincoli
– fino al 31 dicembre 2019, i firmatari si impegnano a far funzionare i motori ausiliari delle navi con combustibile con tenore di zolfo non superiore allo 0,10 % in massa non solo all’ormeggio, ma anche in navigazione fin da un’ora prima dell’inizio della manovra di accesso al porto di Civitavecchia (convenzionalmente individuata nella comunicazione del “pronti in macchina”);
– in alternativa, le Compagnie potranno utilizzare i metodi di riduzione delle emissioni art. 295, commi 19 e 20, del decreto legislativo n. 152 del 2006, come modificato dal decreto legislativo n. 112 del 2014, facendo pervenire alla Capitaneria di porto di Civitavecchia, via posta elettronica, copia degli atti di approvazione;
– le compagnie si impegnano a fornire ai Comandanti e agli equipaggi delle navi norme di gestione delle macchine di bordo tese a ridurre il più possibile le emissioni nocive dei gas di scarico;
-la Capitaneria di Porto verificherà, nell’ambito delle proprie azioni di monitoraggio, il contenuto di zolfo dei combustibili utilizzati ma “l’eventuale attività sanzionatoria potrà tener conto esclusivamente dei limiti di tenore di zolfo specificamente fissate dalle normative vigenti in materia”.
– le compagnie accettano di comunicare la conformità o meno al presente accordo anche i fini della pubblicazione sui siti web istituzionali.
i soggetti coinvolti:
– l’accordo è stato proposto ai soli operatori italiani e non anche ai principali armatori internazionali delle navi da crociera e portacontainer che generano un traffico non secondario a Civitavecchia; di questi:
– Grimaldi ha subordinato l’adesione all’erogazione di incentivi da parte dell’Autorità Portuale;
– CIN-Moby-Tirrenia si è detta disponibile a firmare l’accordo solo se firmeranno tutte le altre compagnie;
– al momento solo GNV (Grandi Navi Veloci) ha aderito senza porre alcuna condizione.
Grandi Navi Veloci e le altre: tra impegno ambientale e business
Grande passerella di buoni propositi durante lo Shipping Week di Genova, ma anche qualche sassolino uscito dalle scarpe degli armatori. La nostra attenzione è andata naturalmente alle dichiarazioni dei soggetti che hanno/non hanno firmato l’accordo di Civitavecchia.
Dario Bocchetti, Energy Saving Manager presso Grimaldi Group ha tenuto a far sapere che nel suo gruppo – formato da 5 compagnie di livello internazionale – chi opera nel Mar Baltico e negli USA ha dotato le proprie navi dei sistemi di scrubbing (lo scrubber è un sistema di lavaggio dei fumi di scarico). Ben 25 navi del Gruppo sono dotate di scrubber, ma non in Italia dove Grimaldi, in assenza di incentivi, non ha ritenuto neppure di sottoscrivere il Civitavecchia Blue Agreement. Di più, Bocchetti avrebbe lamentato l’impossibilità di rifornirsi di carburante con contenuto di zolfo inferiore allo 0,5% per le navi che dall’Europa scalano i porti africani, mettendo in tal modo anche un’ipoteca sull’applicazione della direttiva che prevede l’uso di questo tipo di combustibile a far data dal 2020. Insomma, vorrei non posso, ma quando potrei non voglio!
Antonio Campagnuolo, Marine operations director di GNV, a proposito di investimenti in tecnologie di riduzione delle emissioni (eg lo scrubber che costerebbe dai sette ai dieci milioni a nave) ha dichiarato di voler aspettare maggiori chiarimenti sulla evoluzione normativa. Ha anche auspicato la riduzione del costo di carburante con contenuto di zolfo <0,5% in vista della sua introduzione obbligatoria. Ma nel frattempo ha sottoscritto il Civitavecchia Blue Agreement, che GNV sta applicando dal primo Giugno scorso.
Infine, il Presidente dell’Autorità Portuale di Civitavecchia, avv. di Majo è intervenuto a sua volta per mettere in rilievo il contributo del suo ente al successo del Civitavecchia Blue Agreement. Vediamo quale contributo.
Quanto costa a GNV anticipare il cambio di carburante a Civitavecchia?
Quali sono i costi e i benefici che potrebbero derivare a GNV, e ad altre compagnie che volessero seguirne l’esempio, a seguito della firma dell’accordo?
Ipotizzando un maggior costo di circa 150/200 a tonnellata per il gasolio rispetto al combustibile più inquinante, per un’ora di consumo aggiuntivo si tratta di 0,5 tonnellate pari a 75/100 euro x ogni scalo a Civitavecchia durante un anno. Considerando 250/300 scali/anno possiamo ipotizzare per GNV un costo aggiuntivo annuo di 30.000 euro. A questi 30.000 euro vanno detratti gli incentivi dell’Autorità Portuale di Civitavecchia in forma di sconto sul conferimento dei rifiuti. Voci di corridoio piuttosto attendibili stimano che il contributo annuo dell’Autorità Portuale non superi i 1500/2000 euro anno.
Se i conti sono giusti, GNV si è fatta carico dell’intero onere: il prezzo è giusto?
Un costo di esercizio aggiuntivo annuo per nave di 30.000 euro non sembra essere gran cosa. Se si volesse valorizzare l’impegno in termini di comunicazione, GNV potrebbe a buon titolo e senza troppa spesa promuovere la maggiore sostenibilità delle sue traversate rispetto ai competitors, e bene farebbero i cittadini ad apprezzare l’impegno e scegliere per i loro viaggi questa compagnia e non altre. Per GNV sarebbero dunque 30.000 euro ben spesi in reputazione. Certo per avere questo vantaggio competitivo, in nome della comprovata responsabilità sociale, occorrerebbe adottare lo stesso standard negli altri porti in cui scala GNV (Genova e Palermo).
E le istituzioni? Sembra non esserci proporzione tra l’impegno di GNV a Civitavecchia e quello di Autorità Portuale. Certo si poteva fare meglio! E si potrebbe fare meglio a Genova e Palermo, aiutando GNV ad adottare in tutti i suoi scali lo stesso approccio di maggiore sostenibilità.
Allo stesso modo, come hanno rilevato gli stessi armatori durante lo Shipping Week già citato, occorrerebbe qualche certezza normativa in più e un po’ più di Europa Unita per consentire di pianificare investimenti nell’ottica di una maggiore sostenibilità. Non è chiaro tra le altre cose perché nel Nord Europa si utilizzi combustibile a basso contenuto di zolfo (0,1%) e nel Mediterraneo questo non sia possibile se non sporadicamente e volontariamente. Alla faccia del tanto sbandierato libero mercato e della giusta concorrenza.
Anche una migliore organizzazione nei porti potrebbe ridurre sensibilmente i consumi e quindi l’impatto ambientale: non ci si pensa ma i ritardi nelle partenze delle navi in ragione di controlli non sempre efficienti, quand’anche efficaci, determinano maggiori emissioni nei porti.
Last but not least, la Commissione Europea ha emanato il Regolamento 2015/757 concernente il monitoraggio, la comunicazione e la verifica (MRV) delle emissioni di anidride carbonica generate dal trasporto marittimo, che è entrato in vigore il 1° Luglio 2015. Entro il 31 Agosto 2017 le Società di navigazione dovranno trasmettere ai verificatori i piani di monitoraggio e a decorrere dal 1° Gennaio 2018 le predette Società dovranno monitorare, su base annua, le emissioni di CO2 per ogni nave e per tratta, applicando il metodo più appropriato, per la determinazione delle emissioni di CO2. Cosa dirà l’IMO, l’Agenzia delle Nazioni Unite specializzata nel definire gli standard internazionali per garantire le migliori performance ambientali in termini di sicurezza e impatto ambientale della navigazione? Sarà stata interpellata? Assisteremo a deroghe e ritardi nell’applicazione del regolamento? E cosa succederà nel resto del mondo, fuori dai mari europei?
Il materiale della campagna Facciamo Respirare il Mediterraneo è disponibile in questa sezione del sito di Cittadini per l’Aria http://www.cittadiniperlaria.org/vista-mare
*campaigner di “Facciamo respirare il Mediterraneo”, referente per il Mar Tirreno – contatti ind@cittadiniperlaria.org
** grazie a Enzo Tortello del Comitato Tutela Ambientale Genova Centro-Ovest per i suoi report dallo Shipping Week di Genova.